Cultura e spettacoli

Come Michael Jordan e le sue scarpe salvarono la Nike

Chiunque abbia provato ad acquistare un paio di Nike Air Jordan saprà quanto queste calzature siano non solo costose ma anche difficili da reperire. Non si tratta infatti di semplici calzature da indossare, ma di oggetti da collezione – per qualcuno addirittura di culto – con alle spalle una storia raccontata dal documentario One man and his shoes del 2020, diretto da Yemi Bamiro.

Il contesto

Nike inizia la propria attività negli anni ’60 nel settore running con buoni risultati. Il piano di ampliamento verso altre discipline, però, non va come desiderato dai fondatori, e ad inizio degli anni ’80 il marchio è nettamente in secondo piano rispetto a concorrenti affermati con Converse, Reebok ed Adidas. Gli azionisti saranno anche chiamati a votare sulla decisione di vendere la società, ma si esprimeranno negativamente.

Per ampliare il proprio mercato bisogna conquistare gli adolescenti, che guardano soprattutto al mondo della pallacanestro. Il dirigente Rob Strasser capisce quindi è necessario, come testimonial, un giocatore capace di conquistare il pubblico più giovane, soprattutto fra gli afroamericani. One man and his shoes, infatti, analizza il periodo storico non solo dal punto di vista sportivo, ma anche sociale, politico ed economico.

L’ascesa di Michael Jordan

Michael Jordan, che si è già messo in mostra con l’Università della Carolina del Nord – per i meno avvezzi, il campionato universitario è tanto seguito, negli Usa, che per le finali nazionali si ferma anche l’NBA – viene selezionato nel 1984 dai Chicago Bulls.

Chicago è all’epoca una squadra scarsa, senza tradizione vincente, e di conseguenza anche senza le pressioni legate ad aspettative ambiziose.L’estate prima di approdare in NBA, Jordan brilla con la nazionale a stelle e strisce durante le olimpiadi di Los Angeles, e tanto basta al dirigente marketing di Nike Sonny Vaccaro per decidere di puntare su di lui.

Il ruolo di Sonny Vaccaro

Vaccaro è noto per aver già messo sotto contratto altri futuri campioni quando ancora giocavano al liceo ed erano poco famosi. Il suo pensiero, del resto, potrebbe riassumersi così: Se non possiamo permetterci le superstar di oggi, cerchiamo di accaparrarci quelli che lo diventeranno in futuro.

Nel 1984 Vaccaro suggerisce a Nike di investire tutto il proprio budget su Jordan, accettando di scommettere il proprio posto di lavoro sull’operazione. Razionalmente è un azzardo, perché il giocatore non ha ancora disputato neanche un minuto in NBA.

Una linea tutta per Jordan

L’offerta arriva, ma da parte sua Michael Jordan non sembra interessato. David Falk, all’epoca suo agente, lo convince però a prenderla in considerazione.

La visita al quartiere generale di Nike è decisiva. Mentre le altre aziende, pur interessate al giocatore, non hanno piani specifici per lui, Nike ha intenzione di trattarlo come un tennista, con una linea di abbigliamento e di calzature interamente dedicata, cosa finora mai successa per un atleta di sport di squadra.

Converse ha sotto contratto Magic Johnson, Larry Bird e Julius Erving, ma tutti e tre usano lo stesso modello. Una calzatura unica per un giocatore è un’idea innovativa, e come spesso capita per le novità qualcuno la reputa ridicola.

Successo immediato

Jordan rimane colpito dal progetto, e si trova un accordo. I risultati sono da subito sbalorditivi. Basti pensare che l’obiettivo prefissato era di guadagnare, dalla vendita delle scarpe di Jordan, tre milioni di dollari dopo i primi tre anni; e invece dopo un solo anno si ottennero ben centoventisei milioni.

One man and his shoes approfondisce le clausole del contratto, sia dal punto di vista delle royalties per il giocatore, sia per gli obblighi di Nike sugli investimenti pubblicitari.

Il divieto da parte della NBA

A far entrare nel mito le scarpe di Jordan contribuisce anche l’NBA, vietandone in un primo momento l’uso in campo. Tale divieto ha reso la scarpa ancora più affascinante per il pubblico anticonformista, e inoltre ha anche iniziato a circolare una leggenda metropolitana: e cioè che le scarpe fossero state vietate perché miglioravano le prestazioni. Una falsità – il motivo del divieto era semplicemente legato al colore – che però aiuta ancora di più le vendite.

Qualche altro numero. Il primo ordine di Foot Locker in merito alle Jordan riguarda cinquemila paia. Dopo solo una settimana la catena ne ordina altre centocinquantamila.

Marketing all’avanguardia

Alle Nike Air Jordan 1 seguono le Air Jordan 2, che ottengono a loro volta un successo clamoroso. Il marketing continua a guardare al sociale, e in una serie di spot divenuti iconici Michael Jordan viene affiancato dal regista Spike Lee, che ha appena girato Fa’ la cosa giusta.

Il ruolo di Jordan in campo

Ovviamente il documentario non dimentica che un pur geniale marketing non sarebbe stato così di effetto se Michael Jordan non avesse fatto in campo quello per cui gli appassionati ancora oggi lo ricordano.

Fin dai primi anni in NBA si rivela un fuoriclasse. Le prime stagioni sono quelle dei riconoscimenti individuali. Poi tre campionati di fila tra il ’91 e il ’93, il ritiro e il ritorno – con il celebre comunicato I’m backe gli altri titoli dal ’96 al ‘98.

Il collezionismo e le brutalità

L’ultima parte di One man and his shoes dedica spazio ai collezionisti. Un uomo di Detroit, che seguiva Jordan dal 1981, ne possiede ad oggi millecentosettantacinque. Difficile calcolare quanto possa valere l’intera collezione, ma si può immaginare che i pezzi più rari, messi all’asta, potrebbero ottenere offerte anche di centinaia di migliaia di dollari.

La ricerca spasmodica di oggetti tanto desirati, naturalmente, ha anche una faccia oscura, fatta di furti e aggressioni. Nel 1989 il mondo venne sconvolto dall’omicidio di un quindicenne, da parte di un suo compagno di basket, due anni più grande, perpetrato proprio per sottrargli un paio di Air Jordan. Omicidio che, purtroppo, non resterà l’unico.

Diverse famiglie delle vittime hanno chiesto ufficialmente a Nike di modificare la propria strategia commerciale, basata sul mettere in vendita sempre meno prodotti di quelli richiesti per far sì che le Jordan continuino ad avere un alone di esclusività e ad essere vista come qualcosa difficile da ottenere.

Nike non ha mai preso una posizione ufficiale in merito – né ha risposto alle richieste di intervista per One man and his shoes -, e ad oggi la produzione continua a non poter soddisfare la richiesta da parte di pubblico.