Coronavirus. La figlia di un'operatrice della casa di riposo: «Il dolore negli occhi di mia madre»

Coronavirus. La figlia di un’operatrice della casa di riposo: «Il dolore negli occhi di mia madre»

Francesca Stornante

Coronavirus. La figlia di un’operatrice della casa di riposo: «Il dolore negli occhi di mia madre»

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lunedì 30 Marzo 2020 - 17:06

Due lettere, una di un'operatrice della casa di riposo di via Primo Settembre, l'altra di sua figlia. Il racconto di un dramma vissuto sulla propria pelle

Per giorni sono stati gli eroi di quella casa di riposo diventata focolaio di Coronavirus. Quegli operatori che per una settimana sono rimasti chiusi dentro con 71 anziani, che hanno chiesto aiuto in modo disperato, che si sono ammalati per non abbandonare quei nonnini. La casa Come d’Incanto è uno dei simboli cruciali dell’emergenza Coronavirus a Messina. Ci sono state le prime vittime, c’è ancora chi sta lottando. Ci sono gli operatori in quarantena e anche loro quasi tutti positivi. Ma ci sono state anche le polemiche. Quella relazione della Messina Socia City che ha gettato un’ombra su quei giorni in cui l’unico contatto di quegli operatori erano i balconi che davano su via I Settembre. Loro non ci stanno. E vogliono raccontarlo con le loro testimonianze.

L’amarezza di un’operatrice

Santina Segreto, operatrice della casa di riposo ripercorre quello che è successo nella settimana di dramma. «E’ normale trovare la casa in condizioni non ottimali, dopo che tutto il personale è stato sterminato e che tutti i servizi di cui tutti gli operatori presenti si sono occupati nei vari settori durante i lunghissimi 10 giorni trascorsi, tra questi la cucina, pulizia e assistenza, sono stati svolti fin quando è stato possibile. Purtroppo venendo a mancare il personale tutto ha iniziato a cedere, tutto è rimasto nelle mani dei volontari e dei nostri 3 operatori. Che senso ha buttare fango sul nostro operato svolto? Se abbiamo chiesto aiuto è perché i problemi erano già stati messi in evidenza. Chi doveva garantire la biancheria pulita? Chi si doveva curare della pulizia della casa e chi si doveva occupare dell’igiene e dell’assistenza degli anziani, se tutto il personale distrutto con il passare dei giorni si è dovuto ritirare in quarantena e se il restante personale era già a casa malato?

Il materiale lo avevamo, la spesa c’era, non avevamo i mezzi sufficienti per lavorare in sicurezza. Gli aiuti sono arrivati a rilento, gli stessi volontari ci hanno sollecitati ad andarcene, ma lo hanno fatto per aiutarci o per un altro scopo? Messina Social City dovrebbe mettersi una mano sulla coscienza, in una situazione critica di questo tipo ci voleva solo solidarietà, comprensione e considerazione, nient’altro da aggiungere. Siamo rammaricati per le vite perse, per la tristezza e il dispiacere di chi ha perso i propri genitori a causa di questo tremendo virus. Il personale è malato e stremato, una vera tragedia. Abbiamo solo chiesto aiuto, non un sopralluogo. E’ stato infangato il lavoro che abbiamo svolto con grande fatica. Sono veramente molto indignata».

Il racconto di una figlia

C’è anche Marika Giammellaro, figlia dell’ operatrice che vuole rendere merito al lavoro e al sacrificio fatto da sua madre e da tutti gli altri operatori della casa di riposo. «Mia mamma, dopo essersi accertata che tutti gli anziani presenti sarebbero stati trasferiti, è finalmente uscita dalla sua seconda casa, Come d’Incanto. Con il cuore a pezzi, la stanchezza impressa sul volto e tanta sofferenza. Negli otto giorni all’interno della casa ha visto la paura negli occhi degli anziani, ha visto cose che nessuno vorrebbe mai vedere. Una vicenda che poteva essere risolta da subito si è trasformata in una tragedia. I provvedimenti dovevano essere presi subito, nessuno era ben preparato a un’emergenza simile. A causa del troppo tempo trascorso tra un soccorso e l’altro molta gente si è infettata e adesso alcuni sono anche deceduti. Per coloro che hanno detto a tutte le operatrici di vergognarsi, la colpa non è delle coraggiosissime operatrici.

Loro hanno fatto più del loro dovere, hanno fatto il possibile, dando l’anima e mettendo in pericolo la loro stessa vita. Solo loro sanno davvero cosa si è passato all’interno della casa di riposo e l’unica cosa che dovreste dire è solo “grazie” per tutto quello che hanno fatto. L’unica richiesta degli operatori è che i nonnini possano avere un posto sicuro in ospedale, una possibilità di salvezza. E che la struttura in cui hanno vissuto e condiviso momenti felici, tra compleanni e varie ricorrenze, venga sanificata e riportata allo splendore. Non è stato facile, e non lo è tutt’ora per loro, stare lontane dalla propria casa e dai propri cari. Tutte le operatrici sono in quarantena, il loro unico desiderio costante è quello di riprendersi al più presto, guarire e trovare un poco di serenità, e finalmente poter ritornare a casa. Siete l’orgoglio di Messina».

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2 commenti

  1. Condivido in pieno. Quell’ombra messa forse xxxxxxx non è degna di essere presa in considerazione. In tempi normali ho trovato amore, disponibilità, prontezza d’intervento e tanta cura per gli Ospiti. Non ci vuole un grande genio a capire che in una situazione emergenziale e con il personale massacrato dalla inanità degli organi competenti nei loro tardivi interventi non poteva essere tutto lindo, splendente e funzionale. La struttura è sempre stata in ordine e all’avanguardia con continue modifiche per mantenersi al passo con i requisiti di sicurezza. Questi Operatori sono davvero l’orgoglio della città e hanno dato tutto per loro. Che la farsa dell’articolo infamatorio termini e il mio augurio è che presto la struttura torni ad essere quella di sempre con un velo di tristezza per coloro che non ci sono più.

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  2. Avete tutta la mia solidarietà. Se i contagi ci sono stati non siete stati certamente voi , ma qualche vigliacco dall’ esterno che doveva essere in quarantena
    Per quanto riguarda la relazione della Social city c’e da chiedersi perché non venivano a soccorrerli prima. Dopo 10 giorni cosa volevano vedere il salone di rappresentanza parato a festa. Questa relazione mi fa pensare male.

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