Il decreto di sequestro dei beni dei fratelli Pellegrino emesso dal Tribunale di Messina

Il decreto di sequestro dei beni dei fratelli Pellegrino emesso dal Tribunale di Messina

Il decreto di sequestro dei beni dei fratelli Pellegrino emesso dal Tribunale di Messina

mercoledì 24 Giugno 2009 - 19:23

I Pellegrino sono ritenuti vicino al clan Spartà. Dalle intercettazioni emergono particolari inquietanti sulla qualità del cemento fornito alle imprese

Il Tribunale di Messina

Prima sezione penale

Collegio delle misure di prevenzione

ha emesso il seguente

DECRETO

Sulla proposta avanzata dal direttore della Direzione investigativa antimafia per il sequestro dei beni nella disponibilità di Pellegrino Domenico e Pellegrino Nicola.

Pellegrino Domenico era stato coinvolto nella operazione Faida. Agli inizi degli anni ’90 i fratelli Pellegrino erano entrati in contrasto con la famiglia Vitale operante nel medesimo settore di movimento terra nel quale i predetti si stavano inserendo. L’8 febbraio 1990, nel corso di un incontro chiarificatore, Vitale Nicola aveva ucciso Giovanni Pellegrino, fratello di Domenico e Nicola. Vitale era stato poi assolto dalla Corte d’Assise per aver agito in stato di legittima difesa, mentre Scopelliti Rosario, che si trovava con lui, era stato condannato per tentato omicidio.

La vicenda aveva determinato una vera e propria faida nell’ambito delle quali le due famiglie si erano appoggiate alle organizzazioni criminali operanti nel territorio. I Pellegrino si erano relazionati con le cosche mafiose facenti capo a Ferrara Sebastiano e Sparacio Luigi.

Sparacio Luigi, oggi collaboratore di giustizia, in un verbale del 2004 ha indicato i fratelli Giuseppe e Nicola Pellegrino come capi, unitamente a Spartà Giacomo, di un gruppo affiliato al suo clan e dedito alle estorsioni nella zona sud della città. Lo stesso Pellegrino, fra l’altro, si attivava tempestivamente per segnalare i cantieri che aprivano nella zona per bruciare sul tempo nell’estorsione il clan di Ferrara.

Sulla base delle predette dichiarazioni, Pellegrino Nicola, con sentenza del 20 novembre 2007, è stato condannato in primo grado quale partecipe all’associazione mafiosa facente capo allo stesso Sparacio dal 1989 al 1993.

In una conversazione del 23 ottobre 2003 Pellegrino Domenico parlando dell’impianto di calcestruzzo da lui aperto circa un anno prima, ha riferito ad un tale Alberto, quasi con sorpresa, del successo della nuova iniziativa imprenditoriale dovuto, a suo dire, non a fattori economici, ma al “rispetto” del quale la sua famiglia godeva sul territorio (“noi Pellegrino, dico non per parlare, dico a Messina abbiamo un nome, veramente, ci rispettano tutti, no!…Pensa tu che io è da un anno che ho iniziato e io riesco…e io riesco a fare, dopo un anno, 200 metri cubi al giorno di calcestruzzo. Dimmi tu se non è rispetto. Senza pretendere niente, un attimino, ah, non….perchè ci sono anche….dico, ci sono delle persone che magari lo fanno, però lo pretendono, giusto? Io non pretendo niente. Non lo so perché, o per simpatia, o perché ormai abbiamo un nome nel movimento terra tramite mio fratello Nicola e stiamo rispecchiando con il calcestruzzo, perché d’altronde è così, non è che dico, và).

Una conversazione tra Pellegrino Nicola e tale Galipò Antonino conferma che non sono fattori economici a determinare la scelta del contraente per la fornitura di calcestruzzo. Il Galipò, infatti. Quasi si è giustificato per aver richiesto dei preventivi ad altre ditte ed ha sollecitato un ribasso dell’1% per poter spiegare al committente la decisione di rivolgersi all’impresa dei Pellegrino (“Però almeno l’1% in meno lo deve fare per forza in quanto si deve giustificare con loro”).

Leotta Francesco, già responsabile degli impianti di conglomerati della Unicalcestruzzi s.p.a. ubicati in Messina, sentito dalla PG l’8 aprile 2004 ha messo in evidenza la crisi dei predetti impianti in coincidenza con l’apertura di quello dei Pellegrino, lasciando intendere che la situazione venutasi a creare era decisamente anomala (“dopo quel periodo la produzione di conglomerati è andata via via diminuendo anche a causa della nascita di altri impianti quale quello attualmente sito nella zona sud di Messina – la Messina Calcestruzzi. Per cause che non riesco a ben comprendere il neo impianto in breve tempo è riuscito ad accaparrarsi la maggior parte dei lavori di fornitura di calcestruzzo tanto da indurre la direzione della Unicalcestruzzi a decidere di chiudere l’impianto sito in Tremestieri perché improduttivo”).

I dati disponibili in atti, in effetti, dimostrano come, dopo appena un anno di attività, il volume di affari della Messina Calcestruzzi ha registrato un incremento di quasi il 1000%, giungendo nel 2007 alla ragguardevole cifra di euro 3.762.418

Dalle intercettazioni emergono indizi della capacità che le ditte dei Pellegrino hanno di eseguire lavori, anche in ambito pubblico, ed effettuare forniture di cemento in chiara violazione degli obblighi contrattuali e secondo modalità potenzialmente pericolose per la sicurezza pubblica. Ciò evidentemente confidando nella compiacenza o nell’assoggettamento di committenti, direttori dei lavori ed altri soggetti preposti al controlli.

Così, ad esempio, il 24 novembre 2003, in una telefonata con Cancelliere Francesco, Pellegrino Domenico ha fatto esplicito riferimento alla necessità di adeguare il dosaggio del cemento in modo che la modesta qualità non fosse evidente osservando i pilastri delle fondazioni di una certa struttura (“perché la fondazione io a lui gli ho detto di dosarle a 300 di 325, e onestamente mischia si sono rotti tutti gli spigoli, tutte cose e non si vede bello, l’abbiamo coperto, ciao io e ciao tu. Però adesso il piano terra che è il primo impatto appena di entra, desidererei che si veda bene, pure per Salvatore Buttò, che viene, passa, dice che cazzo avete gettato qua”).

In una conversazione ambientale Pellegrino Domenico, dopo essersi vantato con il fratello Nicola di “rubare da tutte le parti” (“E io gli ho detto “Perché rubo da tutte le parti….io vi rubo da tutte le parti”) ha spiegato al congiunto di aver utilizzato cemento di scarsa qualità per un determinato lavoro (“è più scarso il cemento, ma a me mi passa per il cazzo, per i muri alla Sigenco, tutto questo magrone, tutte queste cose io gli metto quello”).

Il 26 novembre 2003 i due fratelli hanno fatto esplicito riferimento al deliberato utilizzo di calcestruzzo di modesta qualità per l’esecuzione di lavori che avevano in corso (“ti sto dicendo terra completa, certe volte salgono quando scaricano le betoniere, mi spaventa da paura ragazzi, terra completo. Il cemento non sa neanche quello che è…è terra impastata…mi passa per il cazzo…. AR30, ragazzi miei, altro che AR30. L’altra volta gli ho domandato pure ad Amendolia perché in quella fondamenta è inutile che metto il breccio buono, là non ce n’era”).

Il 17 gennaio 2004 Giannetto Antonio ha riferito telefonicamente a Pellegrino Domenico che, nel corso dei lavori di costruzione di un centro commerciale del villaggio Contesse, un ingegnere aveva verificato che il cemento era “acqua completa”.

Da una conversazione intercettata il 24 novembre 1998 tra tali Micari Salvatore e Maniaci Giuseppe si desume che la mafia barcellonese aveva una buona considerazione della ditta dei Pellegrino anche in virtù dei rapporti che si erano instaurati in carcere con Pellegrino Giuseppe (“loro considerano pure i Pellegrino i barcellonesi. In una discussione hanno detto ad Emanuele che a Messina vi è una persona buona, i Pellegrino che hanno la macchina per i sbancamenti…ed hanno una buona stima i barcellonesi nei confronti del Pellegrino. Pippo fu carcerato assieme a persone di Barcellona, quindi hanno un erto rispetto, poi si dice che è onesto”).

Pellegrino Domenico risulta convivente con i genitori (Pellegrino Stefano e Mollica Nicolina) la moglie Costantin Corina e due figli. Nessuno di costoro risulta aver prodotto redditi significativi nel periodo che ha preceduto l’inizio dell’attività imprenditoriale. L’investimento necessario per tale attività, come pure per quelle successive direttamente intestate a Pellegrino Domenico, di conseguenza, non è riconducibile ad attività lecite, risultanti dalle dichiarazioni dei redditi del proposto e dei suoi familiari.

I presupposti della confisca sono, dunque, ravvisabili, sia con riferimento alle quote societarie intestate al proposto, sia con riferimento agli ulteriori beni che, reimpiegando i profitti illeciti, il Pellegrino ha acquisito nel periodo successivo.

Pellegrino Nicola non risulta aver presentato dichiarazioni dei redditi fino all’anno di imposta 1991. Per quanto riguarda gli anni precedenti gli accertamenti effettuati presso l’INPS evidenziano rapporti di lavoro dipendente.

Pellegrino Nicola fino agli anni 1989\90 risultava convivente con il padre, la madre ed il fratello Domenico, nessuno dei quali, stando ai dati dell’Agenzia delle entrate, ha percepito redditi in tali periodi.

Costantino Teresa, moglie di Pellegrino Nicola, non ha presentato dichiarazioni dei redditi fino al 1997.

Deriva da quanto sopra che la provenienza del denaro utilizzato per la costituzione della Messina Scavi srl di Scopelliti-Pellegrino, ivi inclusa la somma di lire 12.750.000 conferita nel 1989 per la costituzione della Messina Scavi srl, non è riconducibile ad attività lecite, risultanti dalle dichiarazioni dei redditi di Pellegrino Nicola e dei suoi familiari.

Allo stesso modo sconosciuta, a conferma del carattere fittizio della transazione, è la provenienza della somma di lire 32.000.000 che Costantino Teresa avrebbe versato nel 1995 al marito per l’acquisto delle quote della Messina Scavi snc.

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