Il Ponte pretesto per giustificare il flusso di denaro

Il Ponte pretesto per giustificare il flusso di denaro

Il Ponte pretesto per giustificare il flusso di denaro

lunedì 01 Settembre 2008 - 08:38

La Rete NoPonte lancia uno sguardo dietro al dibattito

Non è un bluff. Gli attuali annunci di ripresa delle procedure per la costruzione del Ponte sullo Stretto non sono pura propaganda. Lo sostiene il portavoce della Rete NoPonte, o almeno di una parte di essa, Luigi Sturniolo. A chi sostiene che l’effetto annuncio nasconderebbe le difficoltà nella progettazione e nel finanziamento dell’opera e/o l’intenzione di tagliare ancora di più i trasferimenti alle regioni meridionali, Sturniolo risponde che «il Ponte sullo Stretto non è un’opera isolata. Nel meccanismo generale di crisi di crescita che il sistema economico sta vivendo c’è un settore, che è appunto quello riguardante le grandi opere (strade, ponti, ma anche basi militari, dighe, progetti di ricostruzione in zone di guerra), che appare in buona crescita e che ha appunto la caratteristica di prevedere una partnership tra pubblico e privato. In buona sostanza mentre viene tagliato il welfare si foraggiano i grossi contractor globali con risorse pubbliche».

«Non si tratta, quindi – continua il ragionamento del portavoce -, di intervenire con la costruzione di infrastrutture laddove necessitino per lo sviluppo dell’area, ma di creare degli stress che giustifichino investimenti pubblici. Per fare un esempio, quando gli Advisor produssero gli scenari per i quali il Ponte sarebbe risultato profittevole o meno in base al Pil previsto, le simulazioni più pessimistiche, e che quindi avrebbero sconsigliato la costruzione del ponte, risulterebbero oggi sproporzionatamente ottimistiche. Eppur di ponte si continua ugualmente a parlare.»

In pratica, la costruzione del Ponte non è, attualmente, l’’obbiettivo del dibattito: l’obiettivo è giustificare il flusso di denaro.

Se siamo a questo punto, non ha molto senso neanche lo sforzo di quella parte del dissenso che punta a dirottare i fondi da destinare al Ponte ad altre infrastrutture ritenute più urgenti e più utili. Infatti, oltre al fatto che di soldi non si vede l’ombra (i fondi Fintecna sono andati a coprire il taglio dell’Ici, così come i 30 milioni di euro promessi ad inizio 2008 per lo sviluppo delle infrastrutture nello Stretto), «la polemica tra alternative è possibile quando ci si scontra con una razionalità e quando si danno sponde istituzionali che possano avere interesse a recepire istanze che vengono dalla società. Cose, entrambe, difficili da rintracciare nell’attuale fase politica.»

«Il ponte va, quindi, combattuto – conclude il portavoce -, perché parte di un processo generale di distruzione del welfare, di mercificazione dei beni comuni e di privatizzazione generalizzata. L’intesa tra consorterie politiche e grossi contractor può anche prevedere che si pratichino velocità differenti in situazioni differenti. Nel caso del Ponte sullo Stretto, l’abbiamo detto più volte, è probabile ricomincino da una nuova progettazione, da un nuovo rilancio d’immagine (call center, info point) e da alcune operazioni sulle sponde che alludano alla posa della prima pietra giustificando sbancamenti e movimento terra. L’importante per loro è tenere aperto il capitolo di spesa.»

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