Le esequie sono state celebrate in cattedrale da padre Angelo Oteri. E' la trentunesima vittima ufficiale dell'alluvione di Messina
Katia Panarello era riuscita a sfuggire a quella trappola mortale di fango che il primo ottobre non ha lasciato scampo a tanti nostri concittadini: tra questi anche la mamma e il fidanzato della giovane. La coraggiosa ventottenne però, con enorme forza di volontà, quella notte ha prima di tutto pensato a mettere in salvo il nipotino di due anni da quel “mare di terra” che altrimenti l’avrebbe soffocato nel giro di pochi secondi. Una decisione presa in un attimo che l’ha portata però a rimanere semi-schiacciata dalla macerie delle sua abitazione andata distrutta: a tirarla fuori un maresciallo della Guardia di Finanza (vede photogallery), un angelo in mezzo all’inferno, che dopo avere preso in braccio il bimbo, ha pensato a lei. La ragazza estratta dal fango è stata trasportata d’urgenza al Policlinico. Ma la forza che nella nottata maledetta le ha permesso di pensare a salvare il piccolo, non è bastata a lei: Katia infatti, a distanza di 19 giorni dall’alluvione, è deceduta a causa delle gravi lesioni riportate.
Questa mattina nella cattedrale del Duomo, nuovo dolore, nuove lacrime, nuova sofferenza: quella di familiari, amici e parenti che le hanno rivolto l’ultimo saluto: sul feretro, ancora una volta avvolto nel tricolore e ricoperto di fiori, una foto di Katia che sorride, un sorriso che sembra ancora aleggiare tra quel che rimane delle pareti rosa della sua stanza (ritratta in foto) dove avrà sognato ed immaginato il suo futuro. Legati alla bara, con un cordoncino, cinque palloncini bianchi, anche questi fatti volare in cielo al termine della cerimonia, ed un altro a forma di orsacchiotto. A celebrare la cerimonia padre Angelo Oteri, che dopo aver portato i saluti di Calogero La Piana a tutta la famiglia , ha ricordato le tappe che hanno contraddistinto la lenta agonia della ragazza, strappata all’affetto dei suo cari.
Sul pulpito della cattedrale, in posizione leggermente defilata ma desideroso di essere lì per salutarla un’ultima volta, proprio il brigadiere della Guardia di Finanza, De Luca, che ha estratto lei ed il piccolo dalle macerie. E poi ancora tanti esponenti delle forze dell’ordine, volontari e ragazzi che più di altri, in queste settimane, hanno imparato a conoscere la disperazione dei parenti di Katia e di tante altre famiglie. A “delimitare” e a mantenere riservato il loro dolore dallo sguardo “curioso” dei tanti croceristi “in tour” tra le navate del duomo, un cartello: “La messa è in corso non disturbare”. Oggi, infatti, in quella stessa cattedrale che nelle scorse settimane ha accolto tanti messinesi e diverse autorità per celebrare i solenni funerali di sabato 10 ottobre e quelli dei fratellini Lonia, si respirava un’aria diversa, come se, sempre che ciò sia possibile, a predominare fosse una sorta di “assuefazione” al dolore; una sensazione avvertita anche all’esterno della cattedrale, dove a fare da “spettatori” erano sempre loro, quei turisti che invano hanno atteso lo scoccare del mezzodì e il canto del gallo del nostro Duomo.
Un’immagine di normalità che tuttavia “stride” e provoca anche una latente sensazione di disagio nel pensare che al di là di quella soglia c’è chi ha pianto, urlato e sofferto fino all’ultimo istante, quello in cui lentamente il feretro è stato condotto a spalla fuori la cattedrale. E questo perché il dolore, anche se condiviso da un’intera comunità, così come avvenuto nel caso della tragedia di Messina sud, rimane pur sempre un dolore intimamente personale. Ciao Katia…
(Foto Sturiale)
