Disposizioni Anticipate di Trattamento: una conquista dell’uomo e del diritto

Disposizioni Anticipate di Trattamento: una conquista dell’uomo e del diritto

Vittorio Tumeo

Disposizioni Anticipate di Trattamento: una conquista dell’uomo e del diritto

Tag:

sabato 28 Settembre 2019 - 08:00

Ne abbiamo parlato con il Prof. Antonio Astone, docente di Diritto Privato a Giusiprudenza nell’Ateneo peloritano, che ha tracciato una disamina normativa della legge 219/2017

Dopo un acceso dibattito che ha infiammato l’opinione pubblica, la traduzione in termini normativi del riconoscimento sul piano giuridico delle dichiarazioni rese da una persona nel pieno delle sue facoltà in ordine al proprio consenso o dissenso circa il trattamento medico da praticare in caso di un’eventuale stato di incapacità di autodeterminazione, è finalmente arrivata attraverso la Legge 22 dicembre 2017, n. 219 rubricata “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”.

Cosa è la DAT?

Ma come si fa ad elaborare una DAT? Ne abbiamo parlato con un esperto in materia, il Prof. Antonio Astone, docente di Diritto Privato presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Messina, che nel corso della sua carriera ha insegnato anche “Principi legali e organizzativi dei processi assistenziali sanitari” e “Metodologia dell’organizzazione sanitaria” presso altri dipartimenti dello stesso Ateneo peloritano.

Il Prof. Antonio Astone


Cosa sono le DAT? Come devono essere compilate, autenticate e infine registrate? E chi può compilarle?

La risposta a questa domanda risiede già nella rubrica della legge: sono manifestazioni di volontà, dichiarazioni – già note ad altre esperienze giuridiche – che soggetti maggiorenni e capaci pongono in essere per stabilire i trattamenti terapeutici di cui ritengono di voler beneficiare o che invece intendono rifiutare, nella prospettiva di una eventuale futura condizione di incapacità di autodeterminarsi. Devono essere rese in forma scritta, in particolare è prevista la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o della scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile di residenza del disponente stesso ed annotata in apposito registro.

Il ricorso alla fattispecie emissiva della forma scritta è da condividere in considerazione dell’importanza del contenuto della dichiarazione stessa, che ovviamente impone una riflessione accurata da parte del dichiarante e suggerisce di evitare il ricorso a moduli prestampati. Ciò che non è condivisibile è invece l’eccessivo rigore formale, giustificato, nella riflessione giuridica, dal ruolo di garanzia svolto dal notaio. In ogni caso il legislatore ha tenuto conto della peculiare condizione in cui possono versare alcuni soggetti, consentendo a tal fine la possibilità di esternare la volontà attraverso una video registrazione (art. 4, comma 6).

Che peso ha in questa legge il consenso informato?

Possiamo definire il consenso informato come il perno intorno al quale ruota la legge 219/2017, ma non bisogna cadere nella convinzione che esso rappresenti un quid novi affidato allo stesso intervento normativo. Si tratta infatti di un principio già esistente nel nostro sistema ordinamentale, considerato nei suoi vari livelli di legalità. Il punto è: su cosa chi intende effettuare la disposizione deve essere informato? Si dovrebbe quindi favorire in tal senso il pieno coinvolgimento del medico, che si può realizzare attraverso una sottoscrizione della DAT, unitamente al disponente. Con l’acquisizione di adeguate informazioni mediche in ordine alle conseguenze delle proprie scelte, la determinazione della volontà personale in materia di trattamenti sanitari (fermo restando che i TSO sono coperti da riserva di legge) sarà certamente più ponderata in previsione di un’eventuale e futura incapacità di autodeterminarsi.

Come cambia la relazione “medico-paziente” alla luce della legge?

Senza dubbio ne esce potenziata, facendo leva proprio sull’obbligo di informazione. Emerge infatti una relazione di cura non più disomogenea, ma considerata in termini paritari: in breve, il paziente decide insieme al medico e non è più il medico a decidere per il paziente. Nei confini della c.d. «alleanza terapeutica» eventuali contrasti irrisolti sono poi discussi in sede giudiziaria, ma generalmente possiamo dire che il medico non deve disattendere la volontà del paziente e può intervenire, in accordo col fiduciario, solo quando le DAT non riguardino peculiarmente la malattia per la quale sono state rese ed anche nel caso in cui la scienza medica si sia evoluta in modo tale da renderla curabile. Il legislatore ha opportunamente evitato il ricorso all’espressione “testamento biologico” o “biotestamento”, trattandosi di disposizioni che hanno valore per il periodo in cui il paziente è ancora in vita. È infatti possibile revocare le stesse DAT. Infine, posto che non sono indicati termini temporali, sarebbe auspicabile – sebbene la legge non lo prescriva – che le DAT siano interessate da un periodico aggiornamento del relativo contenuto sì da rendere sempre attuale la volontà del disponente.

Qual è la posizione dei minori e degli incapaci?

Come indica l’art.3, “ogni persona ha il diritto di essere informata riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario” e quindi il diritto all’autodeterminazione vale senz’altro anche per minori o per destinatari di una misura prevista a protezione per le persone “prive in tutto o in parte di autonomia. Se così non fosse si verificherebbe una palese violazione del principio di uguaglianza. La decisione è rimessa al rappresentante legale del minore (in questo caso i genitori) o dell’incapace, posto che comunque bisogna valorizzare il più possibile le eventuali e residue capacità, tenendo quindi conto delle indicazioni che provengono dall’interessato.

Infine, nell’ipotesi in cui mancassero le DAT e sorgessero contrasti tra i rappresentanti legali e il medico, viene investito il giudice tutelare. Nei casi di incapacità grave la volontà del soggetto deve essere comunque adeguatamente ricostruita.

In cosa consiste il ruolo del fiduciario?

La nomina del fiduciario rappresenta un contenuto eventuale; ciò vuol dire che può anche non essere contemplato. Il contenuto dei poteri del fiduciario consiste essenzialmente nel richiamare la volontà del disponente ed assicurarsi che questa sia effettivamente rispettata; il suo compito è espletato nel momento in cui rappresenta il disponente nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie. Anche in questo caso la risoluzione di eventuali conflitti tra fiduciario e medico è rimessa al giudice tutelare.

Vittorio Tumeo

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta
Tempostretto - Quotidiano online delle Città Metropolitane di Messina e Reggio Calabria

Via Francesco Crispi 4 98121 - Messina

Marco Olivieri direttore responsabile

Privacy Policy

Termini e Condizioni

info@tempostretto.it

Telefono 090.9412305

Fax 090.2509937 P.IVA 02916600832

n° reg. tribunale 04/2007 del 05/06/2007