Il governo della rivoluzione siciliana, un anno dopo

Il governo della rivoluzione siciliana, un anno dopo

Rosaria Brancato

Il governo della rivoluzione siciliana, un anno dopo

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martedì 29 Ottobre 2013 - 11:19

Ad un anno esatto dalla sua elezione il governatore oggi deve affrontare all'Ars la mozione di sfiducia presentata dai 5Stelle insieme alla lista Musumeci. "Un anno di spot e annunci", spegano i grillini. Diamo uno sguardo ai dodici mesi crocettiani scanditi da annunci e denunce, per capire cosa è diventato realtà......

L’unico atto concreto, con conseguenze reali e tangibili, è stata l’abolizione dei Consigli provinciali e delle giunte provinciali e il conseguente commissariamento degli Enti. Quanto alla successiva costituzione dei Liberi Consorzi di Comuni è ancora in fase di discussione.

Il governo della rivoluzione siciliana, un anno dopo.

29 ottobre 2012- Crocetta è eletto Presidente della Regione

“Non farò né inciuci né inciucetti, né il mercato delle vacche”. E’ il 31 ottobre 2012 e negli studi di Servizio Pubblico a La7 il governatore appena insediato lanciava i primi due annunci del suo mandato: tagli alle indennità e legge sull’incandidabilità per gli indagati.

Dodici mesi dopo di quei primi proclami e dei tanti a seguire nulla si è tramutato in fatti. Quanto “al mercato delle vacche”, nell’era di Re Saro si chiama “ricerca della maggioranza provvedimento per provvedimento”.

Ma torniamo alla prima dichiarazione pubblica di Crocetta, a due giorni dalla proclamazione, durante la trasmissione di Michele Santoro:

“Non potranno candidarsi né avere incarichi alla Regione anche gli indagati, non solo i condannati per mafia, associazione mafiosa, corruzione, estorsione, concussione e via dicendo. Nei primi tre mesi inoltre dimezzerò il mio stipendio e quello degli assessori, taglierò le spese inutili della sanità, e chiuderò le sedi di Rappresentanza della Regione sparse nel mondo, ne abbiamo una pure a Bruxelles”.

Ma un anno passa in fretta, molto più in fretta dei proclami, ed oggi nel giorno della mozione di sfiducia proviamo a fare un bilancio dei dodici mesi appena trascorsi.

I tagli alle indennità non ci sono stati, quanto al decreto sull’incandidabilità degli indagati non c’è traccia. Strada facendo, nove mesi dopo, è stato partorito un ddl sull’antiparentopoli, finito sotto la scure del Commissario dello Stato e ridotto ad un ddl sull’incompatibilità-light.

Diamo uno sguardo agli annunci, sia a livello regionale che più strettamente messinese. Un anno crocettiano, scandito da periodiche e costanti visite nelle Procure dell’isola, divenute una sorta di “succursali” della Regione. Ma dalla fase di denuncia, non si è ancora passati a quella della costruzione.

Sulla Formazione, ad esempio, la Procura di Palermo ha ormai accatastato scatoloni ma quanto alla riforma o all’azzeramento del sistema con conseguente nuova normativa, ancora non c’è traccia. C’è un Albo dei lavoratori della formazione, varato, tra polemiche, un mese fa.

Passiamo al Muos, cavallo di battaglia nei primi mesi della giunta, con la revoca della autorizzazioni all’impianto satellitare di Niscemi, salvo poi approdare alla revoca della revoca pochi mesi dopo.

Anche sull’addizionale Irpef la marcia indietro è stata repentina. Dopo un “non acconsentiremo mai” si è passati ad un “non avevamo altra scelta”.

In mezzo c’è di tutto, da accordi interplanetari con l’Azerbaijan alla Tunisia, passando per la Compagnia aerea siciliana low cost ( attraverso il potenziamento dell’Ast…), i Casinò di Taormina e Cefalù, i Trinacria Bond, la Costituzione dei Liberi Consorzi di Comuni e delle Tre città metropolitane, l’obbligo per gli imprenditori che operano in Sicilia di pagare le tasse nell’isola, l’abolizione delle partecipate regionali, e, dulcis in fundo, storia recente, l’annuncio della stabilizzazione dei precari degli Enti locali grazie ad un accordo con il governo nazionale, bocciato dalla Camera due giorni fa.

Come ha sintetizzato il giornalista Pierangelo Buttafuoco, quello di Crocetta più che un governo “è un palinsesto televisivo”.

Per quel che riguarda Messina, basterebbe chiedere agli orchestrali ed ai lavoratori del Teatro Vittorio Emanuele, che lo accolsero suonando Mozart e l’Inno d’Italia, ma anche agli ex Triscele, che ancora attendono i capannoni dell’Asi. Il 31 dicembre 2012 il governatore salutò l’anno vecchio in riva allo Stretto, annunciando 50 milioni di euro per salvare la città dal dissesto, nonché interventi per il Teatro, l’Ente Fiera, la zona Falcata. In pieno entusiasmo per le Politiche annunciò anche l’aeroporto per Messina, proposta ripetuta durante la campagna per le amministrative. Ci sono poi fiumi di denaro per il risanamento (ma qui la colpa è nostra perché non siamo stati capaci, dal ’90 di spenderli), i soldi per i servizi-sociali e per le varie vertenze.

A conti fatti, un anno dopo l’inizio della rivoluzione siciliana, l’unico annuncio diventato realtà è stata l’abolizione della rappresentanza politica delle Province (giunte e consigli), rimasta però a metà strada perché la riforma che prevede la fase 2, quella dei Liberi Consorzi tra Comuni cammina a passo di lumaca tra le proteste dei Comuni destinati a sparire e la confusione in atto per quel che riguarda le competenze e le risorse destinate agli ex Enti intermedi.

Rosaria Brancato

Un commento

  1. il movimento 5 stelle è in piena crisi e rischia di sparire molto presto. Non sono solo i recenti risultati elettorali in Trentino a decretarlo ma è l’opinione generale che certifica il fallimento di un movimento che divenuto parte attiva, non solo al Governo nazionale ma in molte realta locali, non riesce ad incidere e ad imprimere quel cambio di passo tanto auspicato. L’esperimento Sicilia è intangibile. Nessun siciliano avverte alcun cambiamento rispetto ai governi precedenti. Non ci sono tracce di novità che possano indurre a pensare, nel prosieguo, ad un miglioramento generale. Se la mozione di sfiducia non passerà (come non passerà) occorre che i 5 stelle assumano al più presto qualche iniziativa seria che li smarchi da questo governo fallimentare e li affranchi nuovamente con la collettività che li ha votati altrimenti il segnale politico, delle recenti provinciali in trentino, sarà più che una spia rossa.

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