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I familiari dell’infermiere morto a Messina: la diagnosi del Papardo non ci convince

Giacomo Venuto stava bene, non aveva mai accusato patologie di tipo vascolare. L’ipotesi di vasculite auto immune è stata formulata all’ospedale Papardo, quando già era in terapia intensiva.

La famiglia dell’infermiere del Neurolesi morto il 5 agosto scorso non è convinta della diagnosi formulata in ospedale per il loro caro, in particolare non lo è il dottore Sebastiano Tamà, che oltre che parente di Giacomo era il suo medico di base: “Giacomo in generale stava bene, non si è mai assentato dal lavoro per tale genere di patologia, che è stata ipotizzata al Papardo dove è arrivato a luglio dopo un mese circa di ricovero al Piemonte. Tra l’uno e l’altro ospedale sono state effettuate delle analisi e alla fine per esclusione si è arrivati alla vasculite, non sono state effettuati effettuati ulteriori accertamenti tipo biopsia perché, ci è stato detto, anche in caso di altra patologia possibile la terapia sarebbe stata uguale”. E Giacomo è stato trattato, racconta una nipote, con una terapia abbastanza pesante, che però non l’ha salvato.

Per Tamà resta da approfondire il legame tra il vaccino anti covid 19 e la malattia dell’infermiere. Giacomo Venuto è stato vaccinato a inizio anno, a Palermo, insieme ad altri sanitari del Neurolesi. A maggio ha cominciato ad avere dolori sparsi, sempre più forti, fino a quando non è stato necessario portarlo in ospedale. Non ne è più uscito. Le sue spoglie sono state cremate. “Ma ci sono le cartelle cliniche – dice Tamà – le raccoglieremo per valutare e solleciterò l’Ars perché avvii una mini commissione di inchiesta sull’accaduto”.

Il caso di Giacomo non è stato segnalato all’Aifa. E malgrado i dubbi di alcuni dei familiari sul vaccino, non è stato neppure inserito tra la casistica del monitoraggio sugli effetti dei vaccini, accessibile a tutti. Oggi, invece, il Papardo deciderà se segnalare come sospetto caso legato alla vaccinazione quello di Antonio Mondo, il collega di Giacomo morto 20 giorni dopo nello stesso ospedale. Con un “decorso simile”, ammette la stessa direzione ospedaliera.

Anche nel suo caso il lasso di tempo tra la vaccinazione, inizio anno, e i primi sintomi – a giugno, fa escludere come prima ipotesi alcun legame. Ma manca per lui una ipotesi legata a patologie pregresse e non erano state formulate diagnosi conclusive, quindi il caso è ancora aperto e la direzione deciderà oggi, dopo un vertice interno, se segnalare il caso all’Aifa.

Mentre in ospedale si lavora alle ipotesi, ai familiari di Antonio non resta che piangerlo. Oggi la moglie Katia, i figli e tutti gli altri che gli volevano bene gli diranno addio alle 15.30 nella chiesa di San Giuliano. Anche per loro l’improvviso peggioramento di Antonio e l’insorgere dei tanti diversi sintomi resta un evento inspiegabile e improvviso.