Gestione Ancol Sicilia: indagini fin dal 2009, l’esposto presentato nel 2011

E’ un grande calderone senza fondo quello che riguarda la gestione dell’Ancol Sicilia. Un’inchiesta che ha già offerto colpi di scena e nella quale è stato raggiunto da avviso di conclusione indagini, l’ex commissario regionale Melino Capone e due funzionarie della Regione Siciliana. Un avviso nel quale viene ipotizzato il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Le indagini della sezione di PG della Guardia di Finanza, coordinate dal sostituto procuratore Camillo Falvo, hanno evidenziato come Capone avrebbe ottenuto dalla Regione dal 2006 al 2011 13milioni 600 mila euro pur non avendone diritto in quanto l’Ancol nazionale gli aveva revocato l’incarico. Ma, intanto, vengono a galla nuovi dettagli sull’inchiesta. Le prime notizie sulla gestione dell’Ancol regionale arrivarono in Procura nel novembre 2009 quando l’allora sostituto procuratore Franco Langher avviò un’indagine a seguito di un articolo di stampa, in cui si raccontava che all’Ancol Sicilia lavoravano la madre di Melino Capone, pur senza essere in possesso di adeguato titolo di studio, la cognata ed il fratello, la moglie dell’allora sindaco Buzzanca e del consigliere comunale Ticonosco. Tutti venivano retribuiti nonostante l’Ancol fosse una Onlus, quindi senza scopo di lucro. La Guardia di Finanza iniziò ad interessarsi alla sede regionale dell’Ancol ma solo due anni dopo l’inchiesta ebbe nuovo impulso. Nel giugno del 2011 la presidente nazionale dell’Ancol, Maria Vittoria Valli scoprì su alcuni siti internet che l’Ancol Sicilia continuava a ricevere finanziamenti regionali. Inviò due lettere alla presidenza delle Regione Siciliana ed all’assessorato regionale della Formazione Professionale informandoli che l’Ancol Sicilia non esisteva più e dunque non poteva ricevere soldi pubblici. La prima lettera fu protocollata ed archiviata ma non vennero mai informati i responsabili dei finanziamenti. Per questa grave omissione sono state indagate due funzionarie regionali. Dell’altra missiva a Palermo si sono perse le traccia ma nella sede nazionale dell’Ancol a Roma sono custodite le ricevute di ritorno. Contemporaneamente la Valli inviò un esposto alla Procura della Repubblica di Messina allegando la lettera spedita alla Regione. Dalla sede nazionale si spiegava che in Sicilia non esistevano più sedi e non c’erano soci o dirigenti ma l’Ancol Sicilia continuava ad organizzare corsi di formazione professionale ed a ottenere finanziamenti regionali. Le indagini delle Fiamme Gialle hanno consentito di scoprire che nella sede siciliana lavoravano la madre di Capone, con una retribuzione mensile di 5500 euro, il padre, circa 3500 euro, il fratello, la cognata e tre cugini oltre a parenti di politici locali e nazionali, come il senatore Mimmo Nania, di consiglieri ed assessori di numerosi centri della provincia tutti di area di centrodestra la stessa dell’ex assessore alla viabilità Melino Capone.