La "Carta di Locri": così il Comitato dei sindaci dell'Asp reclama il diritto alla salute

La “Carta di Locri”: così il Comitato dei sindaci dell’Asp reclama il diritto alla salute

mario meliado

La “Carta di Locri”: così il Comitato dei sindaci dell’Asp reclama il diritto alla salute

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domenica 28 Marzo 2021 - 06:50

Dopo anni di ritenuta inadeguatezza della governance, mano tesa dei sindaci per collaborare col neocommissario Scaffidi e col commissario governativo Longo

Nel suo “sfogo” social di ieri,il sindaco metropolitano di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà – oltre che alle proteste del Comitato dei sindaci dell’Asp per il mancato confronto col commissario nazionale per l’emergenza-Covid, generale Francesco Paolo Figliuolo, durante la sua visita di venerdì 26 marzo in Calabria – ha fatto ampio riferimento alla Carta di Locri, varata solo pochi giorni fa dalla Conferenza dei sindaci dell’Asp in seguito a una vera e propria “campagna d’ascolto” condotta in quattro tappe (Locri per la jonica reggina, prima tappa che ha poi dato il nome al documento; Scilla per l’Area dello Stretto; Melito Porto Salvo per l’area grecanica; Rizziconi per la Piana di Gioia Tauro) dal suo Comitato di rappresentanza.
Vediamo insieme i contenuti della “Carta”.

«Covid, inadeguatezza dell’Asp»

Dagli incontri è emerso nitidamente, si legge nella “Carta di Locri”, che «le Amministrazioni locali hanno supplito, e continuano a farlo, alle grandi carenze organizzative che l’Azienda sanitaria provinciale ha palesato, anche, in questi anni di fallimentare commissariamento, nonostante sia mancato, per ragioni non addebitabili agli stessi, quasi completamente il necessario dialogo interistituzionale. Tale inadeguatezza – si specifica – si è manifestata incontrovertibilmente nella gestione dell’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione Covid-19».
Adesso la “mano tesa”, la «completa disponibilità» degli amministratori a collaborare col commissario governativo per il Piano di rientro Guido Longo e il neocommissario dell’Azienda sanitaria provinciale Gianluigi Scaffidi: il documento stesso andrebbe inteso quale «supporto» mirato all’«attuazione dei difficili compiti assegnati dal Governo, al fine di garantire la salute dei cittadini metropolitani che – scandisce il testo – da troppo tempo subiscono una gravissima compressione del loro diritto alla salute riconosciuto dall’art. 32 della Carta Costituzionale».

Esigenza #1: raggiungere i Lea

L’«esigenza principale, dalla quale discende a cascata tutto il resto», è individuata nel raggiungimento dei Lea (Livelli essenziali d’assistenza) sanciti dal Dpcm del 12 gennaio 2017, visto che «i cittadini metropolitani non hanno mai potuto goderne». Un obiettivo che, sta scritto nella “Carta di Locri”, «passa dalla risoluzione delle ataviche problematiche di sistema acuite dall’ultradecennale commissariamento della Sanità regionale che, nel tentativo di tagliare i costi e risanare i bilanci, ha soltanto tagliato l’assistenza e costretto i reggini a migrare in altre regioni per ricevere le cure necessarie».
Di qui, l’imprescindibilità di dare attuazione all’Atto aziendale Asp (deliberazione n. 133/2017), recepito con Dca del 30 maggio 2019 dal commissario governativo d’«approvazione della mappatura e codificazione dell’articolazione organizzativa dell’Asp di Reggio Calabria».

Le richieste

Punto per punto, si chiedono le necessarie attrezzature e assunzioni di personale sanitario e parasanitario per ospedali generali e spoke, in modo da « consentirne la piena operatività ed erogazione di servizi di qualità»; l’efficientamento delle Case della salute allo scopo maestro di «decongestionare le strutture ospedaliere intasate da un’errata cultura “ospedalocentrica” che ha messo in crisi il ruolo fondamentale delle “Strutture sociosanitarie territoriali intermedie”»; il potenziamento della medicina territoriale, al medesimo scopo; la rapida riattivazione dei consultori familiari; la piena garanzia dei «servizi alla disabilità psichiatrica, nel nostro territorio fino ad oggi sostenuti dall’attività dei lavoratori delle cooperative che operano senza alcun affidamento ufficiale», visti i mancati accreditamenti e contestualmente la mancata proroga dell’affidamento pregresso; «che sia istituito il distretto socio sanitario dell’Area grecanica, nel rispetto della ripartizione in 4 aree omogenee della Città metropolitana»; il potenziamento del Dipartimento d’emergenza-urgenza e del Suem-118; che sia «dato impulso» all’edificazione del nuovo Grande ospedale metropolitano e del nuovo Ospedale della Piana di Palmi.

«Azzerare il megadebito dell’Asp»

Gli estensori della “Carta di Locri” rilevano che il perseguimento di queste mete non possono «prescindere dalla definizione certa del debito dell’Azienda sanitaria nei confronti di fornitori di beni e servizi, dell’erario e degli Enti previdenziali, debito del quale questo Comitato chiede l’azzeramento, gravando lo stesso, non su chi l’ha causato in anni di criminale mala gestio, ma – si osserva – solo sui cittadini che ne pagano incolpevoli gli effetti disastrosi». Viene considerato altresì cruciale il «continuo e stretto dialogo che dovrà essere instaurato tra l’Asp e le Amministrazioni locali, per il tramite di questo Comitato di Rappresentanza che continuerà a farsi portavoce delle istanze di tutto il territorio metropolitano di Reggio Calabria».

Le problematiche sul tappeto, comunque, sono analizzate con dovizia di particolari negli allegati “per area” al documento.

Area grecanica

La criticità più significativa relativa all’area grecanica? È «l’unica area omogenea ad avere solo un ospedale generale come presidio di prossimità, e per tanto – si legge nella “Carta di Locri” – necessita immancabilmente di riorganizzazione normativa e dell’attuazione di quanto previsto dall’Atto aziendale».
Due le macro-priorità evidenziate: l’effettiva realizzazione di quanto previsto dall’Atto aziendale 2017 per l’ospedale “Tiberio Evoli” di Melito Porto Salvo e, sempre rispetto al nosocomio melitese, un intervento strutturale da 41 milioni di euro (già previsto nel Piano triennale Inail).
A seguire, rispetto all’ospedale generale di Melito ne vengono però indicate parecchie altre. Di stretta attualità la necessaria realizzazione di un Pronto soccorso Covid munito di nuova Tac e nuove apparecchiature a raggi X “dedicate”. Fra gli altri nodi, considerato indispensabile attribuire all’ “Evoli” almeno una delle sette ambulanze che – tra i 211mila euro del Dca “91” e il mezzo milione di euro donato da Bankitalia – dovrebbero presto entrare nella dotazione dell’Azienda sanitaria provinciale.

Il sistema di diagnostica radiologica digitale «risulta fermo da circa due anni, in attesa di riparazione», mentre urgono almeno due nuovi ecografi: in atto ce n’è uno solo, di oltre vent’anni fa. Nient’affatto superati i problemi rispetto al reparto di Ortopedia, dopo una chiusura triennale. In Chirurgia mancano elettrobisturi e un ulteriore lava endoscopi, in Medicina manca persino il sistema d’ossigeno centralizzato (ormai presente anche negli ospedali da campo).
Sono poi sospesi per mancanza di personale medico Dermatologia e Otorinolaringoiatria, che andrebbero garantiti almeno in termini ambulatoriali. Tra gli altri nodi più seri, benché non previsti nell’attuale Atto aziendale, la possibile deroga al parametro dei 500 parti/anno per ripristinare il punto nascite di Melito «in una concezione policentrica dei servizi alla persona» su scala metropolitana, specie considerando che al Gom del capoluogo di provincia – passato da 900 a 2.500-2.700 parti annui anche per la soppressione del servizio melitese – si registrano quotidiane «difficoltà da sovraffollamento».

Città degli Ulivi

Tra i documenti allegati, quello relativo alla “Città degli Ulivi” (Piana di Gioia Tauro). All’ospedale spoke “Santa Maria degli Ungheresi” di Polistena s’affiancano attività ambulatoriali e unità operative negli ospedali territoriali di Gioia, Palmi, Oppido Mamertina, Taurianova e Cittanova, «nosocomi o ex nosocomi depotenziati o chiusi, destinati a ruoli minori e quasi inconsistenti rispetto alle esigenze del territorio», si lamenta. Una chiara concausa del «collasso, spesso sottovalutato» della Sanità territoriale, fra mancato raggiungimento dei Lea e «carenza cronica di posti-letto», a fronte di un «servizio già carente e non all’altezza di un Paese moderno».

L’ospedale di Oppido Mamertina

Per uscirne, l’idea degli amministratori della Tirrenica reggina è di semplificare il Servizio sanitario regionale (Ssr) «in un corpo unico e connesso tra Asp, servizi e articolazioni sul territorio» che potrebbe avvalersi pure dell’interconnessione coi privati accreditati. In più si rivendicano l’azzeramento del debito dell’Azienda sanitaria provinciale affinché si possa poi procedere a sblocco del turnover con relative assunzioni e «più efficace ed efficiente» dislocazione di risorse umane e prestazioni professionali. L’obiettivo principe «di strategia e prospettiva» rimane però «riaprire le strutture» dell’ospedalità territoriale pubblica, chiuse o comunque depotenziate per la spending review in Sanità.

Locride

Un momento del “Sanità Day” del 10 ottobre 2020

Nella Piattaforma aperta per l’ospedale di Locri varata il 10 ottobre dello scorso anno in occasione del Sanità Day e riproposta in allegato alla “Carta di Locri”, i sindaci dell’area espongono 18 fra problemi aperti e rivendicazioni: la costituzione di un’Unità strategica (anche in relazione alla soppressione della già autonoma Asl 9 locrese), l’effettivizzazione del ruolo d’ospedale spoke, il rispetto del numero dei posti-letto (specie a fronte della chiusura di Geriatria e Lungodegenza, che ne contavano una quarantina fino al 2014), l’«immediato adeguamento» di risorse umane, tecnologiche e strumentali, la «nomina dei primari in tempi brevi e certi» tramite concorsi da effettuare in «massima trasparenza e legalità», la copertura del personale come da pianta organica, la rigida applicazione dell’Atto aziendale.

L’Ospedale “spoke” di Locri

E ancòra l’efficientamento del Pronto soccorso (che è l’unica postazione di primo intervento in un tutta la Jonica reggina e, trattandosi d’ospedale spoke, va munito di posti-letto di degenza ordinaria e Osservazione breve intensiva) la soluzione dei problemi per la risonanza magnetica (giunto dopo 6 anni, il macchinario non agevola gli utenti per via del posizionamento esterno e soprattutto soffre della «mancanza di personale tecnico idoneo a garantire le prestazioni»), la rete per i “118”, i consultori familiari, l’elisoccorso (attività sempre prevista in chiave diurna e notturna «sulla carta» ma, nei fatti, nottetempo «sempre totalmente assente» e solo con enormi difficoltà poi attivata «con l’utilizzo del velivolo di Lamezia») i reparti di Gastroenterologia – Otorino – Oculistica – Ortopedia, l’attività chirurgica «intermittente» (di frequente sospesa cioè «per mancanza di medici»), l’uso immediato delle risorse già stanziate per ristrutturare Ospedale di Locri e Casa della salute di Siderno, il Centro Covid e le questioni attinenti a dosi e punti vaccinali.

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