L'effetto Alcantara: perché in questa valle nascono i temporali violenti?

L’effetto Alcantara: perché in questa valle nascono i temporali violenti?

Daniele Ingemi

L’effetto Alcantara: perché in questa valle nascono i temporali violenti?

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sabato 05 Dicembre 2020 - 23:40

La particolare orografia della valle e le turbolenze dell'Etna all'origine dei forti moti ascensionali che generano i temporali quando soffia lo scirocco

In queste ore, un temporale dalle caratteristiche autorigeneranti, si sta rapidamente sviluppando fra il versante settentrionale dell’Etna e i Peloritani meridionali. L’intenso flusso sciroccale attivato dall’affondo, sul Mediterraneo centro-occidentale, di una profonda saccatura atlantica, seguita da vari impulsi di aria fredda polare marittima, sta attivando nei bassi strati un impetuoso flusso sciroccale, che sta raggiungendo l’intensità di burrasca fra il medio-basso Tirreno e lo Ionio. Quando la dorsale dei monti Peloritana viene spazzata da forti venti sud-orientali, derivati da grandi differenze di pressione fra il basso Tirreno e lo Ionio, sono proprio le zone del messinese tirrenico ad essere flagellate da precipitazioni persistenti che possono divenire persino torrenziali. Mentre il versante ionico della provincia, che in teoria dovrebbe essere quello maggiormente esposto all’aria caldo e umida convogliate dallo scirocco, rimane quasi a secco, con qualche fulmineo rovescio di pioggia misto a sabbia desertica (lo scirocco ne trasporta sempre un bel quantitativo dal Sahara algerino o libico). Proprio in questa zona si accende una dinamica di correnti molto particolare che favorisce l’afflusso di enormi quantità di umidità e vapore acqueo, pronto alla condensazione e allo sviluppo di compatti addensamenti nuvolosi pronti a dare la stura a precipitazioni alle volte abbondanti.

Mappa relativa al peggioramento dello scorso sabato 28 novembre

Su tutto un ruolo determinante lo gioca la componente delle correnti, sia in quota (quindi sopra i crinali montuosi) che nei bassi strati (lungo le strette vallate). Quando la componente assume una direzione da S-SE o SE, sia in quota che al suolo, allora il gioco è fatto. Qui poi entra in scena la vallata dell’Alcantara, e in misura minore pure la val d’Agrò, dove scorrono gli omonimi corsi d‘acqua. Molto spesso, quando le correnti si orientano da SE nei medi e bassi strati, l’aria molto umida e pesante che sale dal mar Libico e dallo Ionio verso il versante orientale dei Peloritani, dopo aver aggirato l’ostacolo rappresentato dall’Etna, si incanala all’interno dell’Alcantara e della valle d’Agrò, penetrando per chilometri fino all’entroterra. La particolare conformazione orografica di queste vallate permetterebbe l’ingresso verso l’entroterra, di enormi quantità di vapore, per diverse decine di chilometri. L’aria molto umida, di provenienza ionica, dopo essersi incanalata in queste vallate, è costretta a valicare i primi comprensori montuosi, che rappresentano il versante meridionale dei Nebrodi. Per una forzatura orografica la massa d’aria molto tiepida e carica di umidità viene costretta a sollevarsi verso l’alto lungo la parte più alta del bacino dell’Alcantara. Salendo di quota tende a raffreddarsi favorendo la condensazione del vapore acqueo e il successivo sviluppo di imponenti annuvolamenti cumuliformi (cumuli, congesti, cumulonembi) lungo il crinale esposto a sud. La presenza in quota di una forte ventilazione meridionale, in genere o da Sud o Sud-ovest, che scorre a gran velocità sopra l’Etna, va ad esaltare le cumulogenesi orografiche che si vengono a formare in loco (tra il versante nord dell’Etna, il sud dei Peloritani e il sud dei Nebrodi) fino al punto da farle tracimare sull’altro versante, ossia quello che si affaccia al Tirreno. Se l’umido flusso sciroccale che si incanala sull’Alcantara persiste per ore il continuo afflusso di aria umida marittima che viene sbattuta sul versante meridionale dei Nebrodi contribuirà ad alimentare la crescita degli addensamenti nuvolosi che diverranno sempre più compatti e sviluppati, al punto da dare la stura a piogge di moderata o forte intensità che rimarranno persistenti fino a quando non si rompe questo delicato equilibrio che si instaura fra i due versanti nebroidei (basta un calo della ventilazione per annullare gli effetti o far concentrare le precipitazioni solo sui versanti meridionali dei Nebrodi e monti Peloritani).

I temporali “autorigeneranti” che si stanno formando in queste ore fra l’Etna e i Peloritani

Generalmente, quando si attiva l’”effetto Alcantara”, i cumulonembi responsabili dei diluvi che avvengono sul messinese si sviluppano sopra la cima dell’Etna, per essere rapidamente spazzati dai fortissimi venti meridionali in quota (fra 3000 e 5000 metri di quota) verso il versante settentrionale del vulcano, nell’area fra i comuni di Linguaglossa e Randazzo. I forti moti ascensionali che si sviluppano in corrispondenza dell’Etna e dell’alta vallata dell’Alcantara vengono spiegati dal fatto che proprio in corrispondenza della valle dell’Alcantara, e in misura minore dell’Agrò, questi moti convettivi indotti dal “forcing” orografico, vengono “intercettati” dai violenti flussi da Sud e SO, predominanti in quota. Questi venti violenti in quota, interagendo con la cima dell’Etna, possono generare delle turbolenze piuttosto significative che risucchiano verso l’alto le masse d’aria calde e molto umide penetrate all’interno della valle dell’Alcantara, spingendo le particelle d’aria a salire fino a quote prossime alla tropopausa, se non addirittura oltre, generando convezione profonda in un’area circoscritta, proprio fra l’Etna e i Peloritani. Sono proprio i rilievi, al confine tra Etna, Peloritani e Nebrodi, ad agevolare la costruzione di grandi annuvolamenti cumuliformi che si espandono sino al longano e alle pianure del milazzese portando piogge e rovesci, sotto le sferzanti raffiche di scirocco e ostro che scendono dai rilievi circostanti. Tale dinamica, meglio nota come “effetto Alcantara-Agrò” (dal nome delle omonime vallate che lo producono), già responsabile dell’alluvione dell’11 Dicembre 2008(Falcone, Barcellona), si è riproposta nei minimi dettagli anche nell’alluvione del 22 Novembre 2011, pur con delle differenze in merito all’estensione dell’area vulnerata dai fenomeni estremi e alle zone interessate da essi. 

L’immagine radar della v-shaped storm responsabile dell’alluvione del 22 novembre 2011

L’evento alluvione del Dicembre 2008 interessò, allora, un’area molto più vasta che andava dai comuni della valle del Mela, a Barcellona e alla cittadina di Patti, con epicentro delle devastazioni proprio nel comune di Falcone che rimase seriamente danneggiato dalle esondazioni dei torrenti. Nell’evento del 2011 la fascia colpita riguardava tutto il comprensorio tirrenico orientale, da Barcellona Pozzo di Gotto (non per caso la città del Longano rimane sempre colpita da questi eventi estremi visto che si trova sulla “scia” dei flussi sciroccali in uscita dalle valli d’Agrò e l’Alcantara) ai comuni di Saponara, Monforte, Venetico, Villafranca tirrena, fino al confine con le frazioni più settentrionali del comune di Messina, da Ortoliuzzo a Rodia e San Saba, investite dalla serata successiva dalla coda della “v-shaped storm”, in allontanamento verso il basso Tirreno e la Calabria centro-meridionale.

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