Gotha 4, chiesti 180 anni di carcere per la nuova mafia di Barcellona

Quasi 180 anni di carcere per le nuove leve del clan di Barcellona, smantellato un anno fa dal Ros dei Carabinieri con il blitz Gotha 4. L’accusa ha chiesto condanne che vanno da 8 mesi a 14 anni per le 29 persone che hanno scelto il rito abbreviato. La pena più alta, 14 anni, è stata sollecitata per l’allevatore Giuseppe Treccarichi, considerato il reggente del clan insieme all’imprenditore Francesco Aliberti. Per entrambi l’inverno scorso sono scattati anche i sequestri di beni e conti correnti.

Le richieste, avanzate dai pm della Dda Giuseppe Verzera, Angelo Cavallo e Vito Di Giorgio, sono arrivate al termine di una lunga udienza, dopo che i pm hanno ripercorso l’inchiesta, le accuse agli imputati, i racconti dei collaboratori di giustizia, le verità emerse dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali. Dalla loro discussione è emersa la fotografia del clan, gli anni più recenti, con gli insospettabili e le nuove leve occupate a riorganizzare la vita del gruppo, serrare le fila, riscuotere le estorsioni, curare le famiglie dei carcerati, dopo i duri colpo inflitti dalle forze dell’Ordine dal 2011, con i precedenti blitz Gotha. Con i capi storici in carcere, assicurato alla giustizia anche il latitante Filippo Barresi, è toccato alle nuove leve prendere le redini della potente mafia del Longano.

La parola passa adesso ai molti difensori, a partire dal 18 luglio. La sentenza del Gup Daniela Urbani è attesa per fine settembre.

La retata scattó il 10 luglio 2013 con 35 arresti. L’indagine ha documentato l’ultimo anno della vita del clan, messo a dura prova soprattutto dal pentimento di elementi di spicco come Melo Bisognano, Santo Gullo, Salvatore Campisi, Salvatore Artino. Infine l’arresto, all’inizio del 2013, del boss latitante Filippo Barresi.

Un eccellente lavoro di intelligence che ha permesso agli investigatori di piazzare cimici nelle “basi operative” dei nuovi reggenti, come la sede di una delle imprese coinvolte.

Nel corso delle indagini emerse l’esistenza di una “talpa” tra gli appartenenti alle forze dell’Ordine che passava notizie sulle indagini in corso ai membri del clan. Gli accertamenti e le perquisizioni effettuate non hanno però permesso di identificarlo.