Operazione Zikka, 10 condanne per le corse clandestine di cavalli a Messina

Ci sono dieci condanne per il maltrattamento dei cavalli impegnati nel palio clandestino che si corre in zona sud.

Le ha decise il GUP Salvatore MAstroeni alla fine del processo i abbreviato seguito all’operazione Zikka, l’inchiesta dei carabinieri sul giro di scommesse clandestine intorno alle corse di cavalli nelle zone di Santa Margherita, il Cep, il viale Giostra e Gazzi.

Ecco le condanne: 6 anni per Stello Margareci, 4 anni per Gabriele Maimone, Orlando Colicchia e Rosario Lo Re, 3 anni per Gaetano De Leo e Antonio Caruso, 3 anni e mezzo per Francesco Guglielmo ed Orazio Panarello, 2 anni per Antonino Rizzo. Il veterinario Gaspare Francesco Franzino ha optato invece per il rito ordinario ed è stato rinviato a giudizio: per lui il processo comincerà a fine ottobre prossimo.

Gli imputati dovranno risarcire il Comune di Messina e l’associazione ambientalista Horse Angels, ammesse come parti civili – il danno sarà quantificato in sede civile.

Impegnati nelle difese gli avvocati Salvatore Silvestro, Antonio Bongiorno,Pietro Luccisano, Alberto Santoro, Alessandro Mirabile, Giuseppe Forganni, Antonello Scordo, mentre gli avvocati Carmelo Picciotto e Maria Flavia Timbro assistono le parti civili.

Gli arresti sono scattati a novembre scorso, dopo 3 anni di indagini: sotto la lente una rete di soggetti che organizzavano il tradizionale “palio” clandestino e ne gestivano le scommesse. Al centro degli accertamenti la “Scuderia Minissaloti”, capeggiata da Margareci, risiedeva nel Villaggio UNRA. Era proprio il “capo” a presenziare ad ogni corsa, coordinando la gestione dei cavalli, pianificando gli allenamenti, contattando i veterinari che poi somministravano agli animali sostanze dopanti per aumentarne le prestazioni. Alcuni avevano anche il compito di fantini mentre altri si occupavano di raccogliere le scommesse e incassare i proventi.

Gli investigatori sono stati aiutati nelle indagini anche dal profilo Facebook della scuderia e delle persone che vi operavano, molto attive attraverso i social, dove non nascondevano l’organizzazione delle corse.

Gli animali venivano trattati come semplici macchine da corsa, imbottiti di medicinali e maltrattati fino alle estreme conseguenze.

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