Il destino della giunta Accorinti tra l’effetto Collica e la legge del tacchino

L’effetto Collica era già effetto Collica dopo il primo turno, perché le due settimane fino al ballottaggio sono trascorse in interminabili disquisizioni sui vari scenari che si sarebbero delineati. Anche in caso di vittoria del sindaco spodestato a due anni e mezzo dall’elezione, l’effetto Collica avrebbe avuto ripercussioni in riva allo Stretto. Ma adesso ci sono i numeri reali: Maria Teresa Collica ha perso il ballottaggio fermandosi al 43,28%, pari a 9.037 voti a fronte di un Roberto Materia che ha registrato 2.800 voti in più e 13 punti in percentuale di differenza. Una distanza tra i due che fa riflettere anche perché solitamente è l’elettorato dei partiti il più ostico a ritornare a votare dopo 15 giorni, mentre quello più motivato, in questo caso quello del sindaco della primavera barcellonese, è il più fedele. E’ sempre l’elettorato di centro-destra e quello moderato che sta a casa. L’esito del ballottaggio è un verdetto chiaro: sono stati i barcellonesi a confermare quella mozione di sfiducia che a marzo ha messo la parola fine all’esperienza amministrativa di Maria Teresa Collica, la prima delle “rivoluzioni” dell’isola, seguita di lì a poco da Crocetta e poi, nel 2013 da Accorinti. Dal 2012 ad oggi lo scenario è mutato, Crocetta esce sconfitto da queste amministrative da Gela a Barcellona.

Sarebbe infatti limitativo dimenticare che la sconfitta della Collica è anche la sconfitta dei suoi sponsor e cioè Crocetta, Lumia, Sonia Alfano.

E se sotto il profilo politico adesso il progetto ha basi più solide rispetto al passato perché potrà contare su 7 consiglieri (nel 2012 ne aveva 3), è innegabile che la “primavera” barcellonese ha fallito e che dovranno essere avviate riflessioni soprattutto in casa Pd, perché Crocetta e Lumia sono Pd, così come lo sono i renziani e l’area riformista, che hanno sostenuto la Collica in queste elezioni di fine maggio e così come lo erano quegli ex consiglieri comunali, come Orazio Calamoneri, che hanno votato contro la mozione di sfiducia, hanno poi lasciato per coerenza quel Pd ufficiale che ha schierato Turrisi, per sostenere la Collica senza essere rieletti in Consiglio.

In sintesi: le urne hanno dato ragione a chi ha presentato la mozione di sfiducia.

Adesso la domanda che in tanti a Messina si pongono è se l’effetto Collica sia contagioso e che periodo “d’incubazione” abbia il contagio.

Le ultime prese di posizione dell’Udc ed i timidi accenni in casa Dr sono soltanto dei segnali di allarme, sono come i primi colpi d’artificio che annunciano l’inizio dei fuochi, ma la giunta Accorinti e soprattutto il vicesindaco Signorino (alle prese con i bilanci) hanno compreso che l’idillio è finito e che non potranno più contare sulle maggioranze a scatola chiusa e last minute. Nel caso della rinegoziazione dei mutui la giunta ha trovato la ciambella di salvataggio del Pd, e dei fedelissimi del centro-destra, ma strada facendo potrebbe bastare qualche assenza in più a far saltare nervi e piani. Il Pd finora sulla mozione di sfiducia ad Accorinti ha sparato a salve, annunciando periodicamente fuoco e fiamme, alternati ad approvazione piena e convinta dei documenti contabili e quant’altro. In realtà oggi la mozione di sfiducia è una leggenda metropolitana, perché stando alle indiscrezioni ci sarebbero almeno 12 stesure ben custodite nei cassetti dei diversi partiti, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo sia il mare che l’addio alla poltrona ed il caso dei consiglieri comunali di Barcellona pronti ad andare a casa resterà un’eccezione (tra l’altro su 30 ne sono stati rieletti 7). I leader dei partiti però alla sfiducia ci pensano eccome, al di là di quel che nel cuore hanno i “soldati” . I partiti a Milazzo e Barcellona hanno dimostrato d’aver retto l’urto delle rivoluzioni fallite e di essere pronti a tornare in campo con il consenso degli elettori. Che a Messina la rivoluzione dal basso sia fallita è evidente e la giunta eletta a furor di popolo sta restando sempre più sola. Ormai solo il cerchio magico fa da confine al Palazzo e l’amministrazione cerca di volta in volta il sostegno in Aula sui singoli provvedimenti, attingendo ai vecchi manuali della politica degli odiati quellicheceranoprima ma che vanno sempre bene per restare a galla.

L’esito delle amministrative in Italia è stato un campanello d’allarme, anzi, un concerto di campane per Renzi, una sonora batosta per Crocetta, una delusione cocente per il Pd, tutti elementi che aprono le porte ad un periodo di burrasche elettorali e di nuovi posizionamenti. Insomma, la campagna elettorale, sui vari piani, è già iniziata. In questo contesto il dopo Accorinti è già in itinere e i partiti stanno individuando le tappe e la tabella di marcia. Ma non sarà un fatto immediato. Se l’Udc ha mollato gli ormeggi il centro-sinistra non è pronto. Al di là dei proclami infatti il Pd non è pronto e non è pensabile ripresentarsi agli elettori con lo stesso quadro bocciato nel 2013 dai messinesi. Errare è umano perseverare è diabolico. Un Pd dilaniato da scontri, ostaggio da due anni e mezzo di vicende giudiziarie, senza vertici, senza guida, senza leader, con Genovese in carcere e Rinaldi sotto processo, con metà dei consiglieri comunali che fanno quadrato sull’inchiesta senza iniziare la ricostruzione di un nuovo partito, non è certo un Pd che può pensare di guidare una coalizione e men che mai essere l’alternativa ad Accorinti e al centro-destra.

Stando alla situazione attuale i tempi delle tornate elettorali si avvicinano e se l’Udc ha già un possibile candidato, il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone, a sinistra con il Pd che ha la guerra in casa si naviga a vista. E’ assai improbabile quindi che prima dell’autunno la mozione di sfiducia diventi realtà.

C’è poi un altro fattore: potrebbe essere il Ministero o la Corte dei conti a “togliere le castagne dal fuoco” ai partiti bocciando quel Piano di riequilibrio bis votato dal Consiglio comunale ufficialmente per “senso di responsabilità”, ufficiosamente per non dare alibi all’amministrazione. In caso di bocciatura potrebbe essere la stessa giunta a fare un passo indietro o l’Aula a presentare una mozione di sfiducia motivata dai fatti. Proprio per questi motivi il fattore tempo è determinante. La risposta del Ministero dovrebbe arrivare quanto prima e quei partiti finora “alleati” in Aula di Accorinti sono sulla riva del fiume ad aspettare.

Il fattore tempo è determinante anche in relazione a quanto accadrà nei prossimi mesi a livello regionale e nazionale dopo questa tornata elettorale. Se uno solo dei tasselli dovesse cambiare, s’innescherebbe un effetto a catena per tutti gli altri. Le regionali sono previste nel 2017, ma il conto alla rovescia inizierà nel 2016, tra sei mesi sarà già campagna elettorale. Nel frattempo potrebbe arrivare lo #staiserenoRenzi a rimescolare le carte. Solo a settembre-ottobre quindi gli scenari saranno più chiari, così come i tempi.

L’effetto Collica ha già avuto un primo risultato:anche se non ufficialmente, gli avversari politici di Accorinti stanno già “accorciando i tempi” della giunta e non sembrano intenzionati a fargli completare fino alla fine il mandato.

C’è però un’incognita in questo quadro: la legge del tacchino di Natale.

I leader dei partiti rischiano di fare “i conti senza l’oste”, in questo caso 40 consiglieri comunali che non hanno alcuna intenzione di fare come i colleghi barcellonesi e fare la fine dei tacchini di Natale. Per tanti sarà questo “l’ultimo giro”.

Anche se dovessero essere raccolte le firme la mozione di sfiducia ha bisogno di una maggioranza qualificata per passare ed in un’Aula che è già deserta in tempi di pace, dove si troveranno consiglieri disposti a fare harakiri in tempi di guerra?

Sarà forse la legge del tacchino a fermare il contagio dell’effetto Collica?

Rosaria Brancato