L'affondo - E se poi il Ponte lo fanno davvero?

L’affondo – E se poi il Ponte lo fanno davvero?

L’affondo – E se poi il Ponte lo fanno davvero?

lunedì 01 Febbraio 2010 - 05:14

Prepararsi al Ponte non vuol dire soltanto elencare le opere compensative

Mentre gli ultimi dati sulla produzione industriale e sull’occupazione ci dicono che il fossato tra Nord e Sud tende di nuovo ad allargarsi in modo preoccupante, va montando una insistente polemica nordista contro i grandi investimenti pubblici nel Sud. Il bersaglio vistoso e in certa misura facile di queste polemiche è il ponte sullo Stretto, ma l’obiettivo reale è ben più ampio: cancellare i programmi e gli stanziamenti per nuove infrastrutture viarie, ferroviarie e portuali nel Mezzogiorno e convogliare le risorse disponibili sul potenziamento del sistema dei trasporti nel Centro-Nord.

E’ in quest’area – si dice – che si vince e si perde la battaglia per la competitività con i grandi Paesi industriali ed è qui che bisogna rafforzare le infrastrutture portanti dello sviluppo economico.

Il raddoppio dell’autostrada Firenze-Bologna o la ristrutturazione della ferrovia Roma-Milano sono, in quest’ottica, -esigenze del sistema produttivo- mentre il ponte sullo Stretto è un’irresponsabile opera faraonica.

Certo, non tutti condividono questa opinione e non intendiamo approfondire l’argomento.

E’ però sotto gli occhi di tutti l’attuale stato del dibattito cittadino.

Da un lato coloro che sogghignano nella certezza – ma sono proprio così sicuri o si tratta del solito vizio messinese di sovrapporre alla realtà i propri desideri? – che il Ponte non si farà mai.

In quanto non c’è il progetto definitivo e non si troveranno mai privati disposti a investire nella realizzazione dell’opera.

Dall’altro chi è convinto che i lavori sono ormai iniziati e la città, comunque procedano le cose, ne trarrà grandi benefici.

Noi abbiamo dei dubbi.

Non siamo affatto certi che l’iter preliminare andrà a buon fine secondo la tabella di tempi prevista, col completamento del progetto definitivo entro i primi di Ottobre 2010 e l’apertura al traffico nel 2016.

Ma non intendiamo nemmeno giocarci il futuro dei nostri figli puntando sulla speranza che non si faccia.

Semplificando, ci chiediamo: e se poi lo fanno davvero?.

Non è un interrogativo retorico, ma una ben precisa richiesta di approfondimento che la classe politica e gli stessi cittadini dell’Area dello Stretto farebbero bene – a nostro modesto parere – a porsi. Finché siamo in tempo.

Sindaco, Consiglio comunale e Commissione Ponte hanno dibattuto ampiamente sulle opere compensative, arrivando a stilare un lungo elenco di richieste.

Come se, ottenuti i soldi per realizzarle, il discorso Ponte, per la nostra città, possa considerarsi archiviato.

Purtroppo non è così.

Ammesso e non concesso che le opere compensative siano tutte finanziate e realizzate, va detto che il vero scambio tra l’attraversamento stabile e Messina nascerà dopo l’apertura al traffico.

E non è da persone responsabili scommettere l’avvenire della città sul fatto che tanto, non lo faranno mai.

Credere che delle -opere compensative- bastino ad assicurare a Messina un futuro migliore corrisponde al sottile distinguo del Principe di Salina: adesione non è partecipazione.

Va fatta anche un’altra amara considerazione.

Amara ma realistica per chi tiene alla verità senza infingimenti derivanti da un, pur comprensibile, orgoglio campanilistico: se si farà, il Ponte non sarà il Ponte di Messina, sarà Messina a essere la città del Ponte.

Ci sarà pure una ragione per la quale Roberto Vecchioni cantava: sarebbe come una mattina svegliarsi ed essere a Messina, città ch’è degna d’ogni stima, ma che vuoi che ci faccia io a Messina …. O vogliamo continuare a cullarci nell’illusione messinocentrica?

Intendendo con questa sgradevole affermazione che la realtà socioeconomica locale (Reggio Calabria inclusa) ruoterà inevitabilmente intorno all’infrastruttura e non viceversa.

Tutta l’economia dell’area sarà condizionata, in misura rilevantissima, dall’opera.

Nell’ottica del e se poi lo fanno davvero? il Ponte non dovrebbe essere visto come uno strumento per andare più in fretta a Villa San Giovanni o oltre, ma come una grande fabbrica.

L’Olivetti di Ivrea o la Fiat di Torino, per intenderci.

Ognuno può continuare a sperare che si faccia o meno, ma crediamo valga la pena pensarci su.

A proposito, le parole in corsivo all’inizio del pezzo sono state scritte da Nicola Capria e pubblicate sulla Gazzetta del Sud il 23 Ottobre 1985.

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