Ieri nell’auditorium Monsignor Fasola il deputato ha fatto il punto sul momento politico. A Palazzo Zanca il caso: il gruppo consiliare annunciato da De Luca in realtà non è mai stato costituito

Una volta erano uniti e felici sotto la bandiera dell’autonomia. Oggi non potrebbero essere più distanti. Cateno De Luca dice definitivamente (anche se di definitivo, in politica, c’è poco o nulla) addio a Raffaele Lombardo e guarda con interesse al progetto di Gianfranco Miccichè, quel “Partito del popolo siciliano” benedetto da Marcello Dell’Utri e, dunque, da Silvio Berlusconi in quanto visto come un’utile “arma” contro il governatore siciliano. Il punto sul momento politico De Luca lo ha fatto ieri mattina, nell’auditorium Monsignor Fasola, durante i lavori dell’assemblea organizzativa del movimento “Sicilia Vera”. «L’appuntamento – ha dichiarato De Luca – è stato propedeutico per le decisioni che dovremo affrontare nei prossimi giorni, dopo il passaggio all’Ars del Lombardo quater e dopo il dibattito a Montecitorio, sui cinque punti del governo Berlusconi. Lo scenario regionale e nazionale – ha precisato De Luca – di scomposizione e ricomposizione del quadro politico nazionale e regionale, inevitabilmente porterà Sicilia Vera, nelle prossime settimane a dover fare una scelta forte sulla propria collocazione, per evitare di essere schiacciata da un sistema elettorale che privilegia solo le grandi coalizioni e non il pluralismo».

Il possibile “fidanzamento” con Miccichè. Il sottosegretario, a sorpresa, è intervenuto durante i lavori di Sicilia Vera, facendo capolino da Taormina, dove era ospite del congresso de La Destra. «Non voglio fare annessioni – ha dichiarato Miccichè, rivolgendosi a De Luca e all’assemblea – anzi dobbiamo essere coprotagonisti di una nuova stagione per la Sicilia e per il Sud, troppo succubi di un immobilismo amministrativo, accentuato da governi Regionali sempre più in mano ai tecnici e ai non eletti, per mascherare il fallimento politico del presidente Lombardo». Insomma, le probabilità che il fidanzamento diventi matrimonio sono alte, altissime. Anche perché, al di là di alti profili ideologico-politici, ci sono ragioni molto più prosaiche perché ciò avvenga: Miccichè ha bisogno di dieci parlamentari per fondare il nuovo partito, e i reduci del Pdl Sicilia non bastano. Ecco perché si guarda ad ex autonomisti, perché no, anche ex Pdl e Udc, e a Sicilia Vera.

Sicilia Vera che, però, deve affrontare un piccolo caso. Esiste o no il gruppo consiliare a Palazzo Zanca annunciato mesi fa dallo stesso De Luca con una conferenza stampa? Ne dovrebbero far parte Ivano Cantello e Salvatore Serra, ma in realtà il presidente del consiglio comunale, Pippo Previti, smentisce: «La costituzione del gruppo, oggetto di una corrispondenza tra me e il segretario generale, non è mai avvenuta». Non esiste, insomma, così ufficialmente (vedi il sito del Comune) Cantello è ancora capogruppo di se stesso con “Autonomisti Mpa” e Serra è ancora al fianco di Nino Carreri in Risorgimento messinese, gruppo di Fabio D’Amore. Poi passi di fronte alla stanza dell’Mpa, dove il capogruppo autonomista Sebastiano Tamà cerca di capirci qualcosa in tutto questo bailamme, e trovi appeso alla porta il simbolo di Sicilia Vera. Il simbolo di un gruppo che non esiste. Qualcuno faccia un po’ d’ordine please. C’è ancora chi crede che la politica sia una cosa seria.