La giunta regionale impugna la sospensione di Cuffaro: «Conflitto costituzionale»

Il decreto firmato dall’ex premier Romano Prodi sulla sospensione di Salvatore Cuffaro, peraltro già dimessosi dalla carica di presidente della Regione, viene impugnato dalla giunta regionale siciliana davanti alla Corte Costituzionale. Secondo il vicepresidente della giunta, Nicola Leanza del Mpa, «è stato violato lo Statuto, per questo abbiamo dato mandato all’ufficio legislativo della Regione di sollevare il conflitto costituzionale».

Nonostante da Palazzo Chigi il decreto di Prodi sia stato difeso definendolo «un atto dovuto», forti critiche, soprattutto dal partito di Cuffaro, l’Udc, sono piovute da più parti, anche da chi, come il Fronte Nazionale Siciliano, ne aveva chiesto le dimissioni: «la competenza in materia è dell’Alta Corte per la Regione Sicilia». Il governo, da parte sua, ha citato un articolo della legge 55 del 1990, secondo il quale la sospensione è dovuta «per chiunque sia stato condannato, anche in via non definitiva, per favoreggiamento personale in relazione a un reato di associazione di stampo mafioso».

In realtà Cuffaro è stato condannato per favoreggiamento semplice, senza l’aggravante di mafia, motivo per cui in un primo tempo l’ormai ex governatore aveva deciso di non dimettersi. C’è da dire anche che secondo i giudici di primo grado, lo stesso Cuffaro avrebbe avuto relazioni con soggetti condannati per mafia nello stesso processo sulle presunte “talpe- nella Direzione distrettuale antimafia (Dda) palermitana. La questione, come si può capire, procede in “punta di diritto-, toccherà alla Corte costituzionale dirimerla.