Il ponte di Ognissanti a Messina

Il ponte di Ognissanti a Messina

Il ponte di Ognissanti a Messina

lunedì 02 Novembre 2009 - 10:52

La festività del primo novembre è l’occasione per il vostro reporter per fare quattro passi al centro in compagnia di amici. Strano a dirsi, ma è qualcosa di non consueto: da tempo, nelle serate di festa, da piazza Duomo a piazza Cairoli, passando per i quattro canti, è l’affollato regno dei teenagers.

La città appare ordinata, ben illuminata, anche pulita. La quiete è minacciata, nell’ordine, da:

a) Un fracassone su una moto sostanzialmente priva di regolare marmitta, cui il mio compagno di struscio riserverebbe, se potesse, un trattamento inumano (anche perché nessun agente viene a far cessare l’arroganza di questi giovanotti, certi della loro sostanziale impunità);

b) Un gruppo musicale, che, nella Galleria, ritiene di dover fare conoscere la sua bravura a tutta la città, villaggi compresi.

La crisi morde e tanti ristoranti non hanno sufficiente clientela. Le pizzerie, però, resistono bene: i dieci euro a testa per una pizza ed una bibita sono ancora alla portata del cittadino medio.

I palazzi antichi, da palazzo Zanca, all’Arcivescovato, alle Sedi cittadine delle banche, sono ben illuminati e fanno la loro figura. Accanto ad uno di essi, lavori in corso di arredo urbano: si allarga la zona sottratta al sempre più caotico traffico urbano automobilistico.

Ci chiediamo come sarebbe Messina se fosse rimasta con i suoi antichi palazzi a due piani, intatti ed indenni alle manovre della speculazione edilizia, la quale si è rivelata ben più distruttiva sia del terremoto del 1908 sia dei bombardamenti alleati dell’ultimo conflitto mondiale.

L’indomani la città si sveglia sonnecchiosa come in un giorno festivo, anche se la Commemorazione dei Defunti sul calendario non è segnata in rosso. Sono chiuse le scuole e l’Università, i barbieri perché è lunedì, e taluni esercizi commerciali. Ad esempio sono chiusi i mercati generali.

Facciamo in macchina con mio figlio la via La Farina sgombera di autovetture e lui commenta: -come sarebbe bello se la nostra città fosse sempre così-. Gli spiego che non lo ha deciso la nostra città di essere caotica e disordinata per il traffico, lo abbiamo deciso noi cittadini non difendendola dalla speculazione edilizia e dalla sua avidità.

Da una nota di Francesco Alberoni pubblicata sul Corriere della Sera di qualche giorno orsono ed intitolata “Quando cadono gli ideali restano solo avidità e bugie”: «Cosa succede quando scompare qualsiasi sogno di perfezione personale e sociale? Quando l’essere umano non sente l’aspirazione a superare il suo egoismo, a migliorare moralmente, a creare una comunità in cui vengono premiati il merito e la virtù? Persi gli ideali, a cosa si rivolge la spinta umana che tende verso l’alto ? Solo al potere e al denaro. Il potere diventa un fine in se.» Ed ancora più in avanti aggiunge «Tutti i mezzi diventano leciti per scalare l’unico cielo che è rimasto: accordi trasversali, ricatti, società segrete, licenze pubbliche, tangenti internazionali. La grande chiassosa battaglia della politica italiana nasconde gente che accumula enormi poteri ed enormi ricchezze».

Il palazzo Arcivescovile continua ad illuminare le notti del suo pezzo di via Garibaldi ed il suo inquilino, pressappoco le stesse cose che dice Alberoni sul Corriere della Sera, le ha già dette da tempo apertis verbis a noi cittadini di questa comunità, che, da decenni ormai, sembra aver perso la sua strada.

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