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Reggio Calabria. La storia (in)finita del Parco Baden Powell, oggi “discoteca”

L’anfiteatro

Situato in uno dei luoghi più belli e panoramici della città e con una storia lunga quasi una generazione tra chiusure, aperture, riqualificazioni e abbandoni il Parco Baden Pawell nato per tutti i bambini reggini non trova, ancora, pace.

Il bando mancato

Il villaggio dei bambini, dedicato a Baden Powell fondatore dello scautismo, è ormai da anni simbolo di incuria, degrado e abusivismo. Le ultime novità riguardo il suo completo restyling risalgono a febbraio scorso quando in una nota stampa è la stessa amministrazione ad annunciare la volontà di
riqualificare l’area a 360 gradi attraverso la creazione di un caffè letterario, di un mercatino all’aperto con piccole attività commerciali attive tutto l’anno; di un’area ludica per bambini, di un nuovo punto ristoro, l’apertura di un campetto sportivo polivalente per basket e pallavolo e un percorso fitness e fissa la scadenza per il bando al 31 marzo scorso e la consegna dei lavori al prossimo luglio. Del bando però, oggi 2 aprile, ancora nessuna traccia.

L’incontro

Cancelli aperti

Un recente sopralluogo ci ha permesso di verificare l’effettivo stato di degrado. La struttura è priva di ogni difesa, i cancelli sempre aperti consentono a chiunque di entrare indisturbato e lasciare “tracce” del proprio passaggio. Siamo fortunati e incontriamo un ragazzo F., intento a raccogliere bottiglie di vetro, sui 20anni che ci racconta una storia al limite tra la commozione e la denuncia: “vengo qui a raccogliere spazzatura. Abito a Vinco, ma sono legato al parco perché ci venivo quando avevo 12 anni. Ogni tre giorni torno per dare una pulita”. E aggiunge “vedo spesso ragazzini molto piccoli che il sabato e la domenica si riuniscono per bere birra. Un delirio di adolescenti che spaccano bottiglie, mangiano, fanno danni alla struttura, tranquilli perché sanno che non è custodita.

La “discoteca” Baden Powell

La stanza della “musica”

Ma non è tutto, aggiunge qualcosa di ancora più inquietante: “da qualche tempo, si riunisce qui anche un altro che gruppo che usa una delle stanze come “discoteca”.” E in effetti la stanza che mi mostra è pulita, appoggiata al muro noto pure una scopa. Una vicenda che diventa ancora più agghiacciante in tempo di pandemia.

F. continua a raccontarmi altri dettagli con un tono di voce scoraggiato a metà tra la malinconia per il luogo della sua infanzia e l’indignazione nel vederlo in questo stato. Lasciamo il parco con l’esigenza di avere risposte sul mancato bando e sui lavori di riqualificazione che tardano ancora ad iniziare.