Rianimazione del Policlinico con il nome di Nicholas Green: un’inaugurazione piena di emozioni

Rianimazione del Policlinico con il nome di Nicholas Green: un’inaugurazione piena di emozioni

Emanuela Giorgianni

Rianimazione del Policlinico con il nome di Nicholas Green: un’inaugurazione piena di emozioni

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martedì 01 Ottobre 2019 - 17:04

Un incontro che non verrà dimenticato da nessuno dei presenti, una celebrazione del coraggio, dell’altruismo, della gioia di vivere e dell’amore.

25 anni fa

29 settembre 1994. La famiglia statunitense Green, mamma Margaret e papà Reginald e i figlioletti Eleanor e Nicholas, viaggiava sull’autostrada A2 Salerno-Reggio Calabria, diretta in Sicilia per una vacanza. Nei pressi dell’uscita di Sierre, la loro Autobianchi Y10 viene scambiata per quella di un gioielliere da alcuni rapinatori e, nel tentativo di una rapina, un proiettile colpisce il piccolo Nicholas di soli sette anni.

Ricoverato al centro neurochirurgico del Policlinico di Messina, Nicholas morì il 1° ottobre. I genitori, in un atto di estremo altruismo, decisero di donare i suoi organi. Ne beneficiarono sette italiani, cinque malati molto gravi, quasi in punto di morte (quattro dei quali adolescenti), e due adulti che stavano diventando ciechi.

Fu un evento dalla portata smisurata, in un periodo in cui in Italia si parlava pochissimo di donazione degli organi, generando il cosiddetto “effetto Nicholas”, donazioni triplicate in 10 anni. “Nessun’altra nazione è andata vicino ai tassi di donazione italiani” afferma il papà Reginald Green.

Oggi

Oggi sono passati 25 anni ma il ricordo è ancora vivissimo nei cuori di tutti. Sono eroi per la nostra città e verranno eternamente ricordati.

Per questo motivo martedì 1° ottobre, alle ore 10, in occasione del 25esimo anniversario della sua morte, al l’A.O.U. “G. Martino” è stato inaugurato e intitolato un nuovo reparto di rianimazione a Nicholas Green. Un piccolo ma fondamentalmente e doveroso gesto nei loro confronti.

Il nuovo reparto di Rianimazione

Il nuovo reparto di Rianimazione, presso il 1° piano del padiglione “E”, conta 20 posti letto, si estende su una superfice di 800 mq, ha richiesto 8 mesi di lavoro ed un costo di circa 1,1 milioni di euro.

Si basa sulla realizzazione di box prefabbricati, per consentire una migliore gestione clinica del paziente e rendere più piacevole e umano il suo ricovero. Nelle postazioni di isolamento è stato, infatti, installato un pc panel a bordo letto che permette ai pazienti di comunicare con i propri cari in conference call o di accedere a svariati contenuti multimediali o canali TV. I suoi ambienti sono stati, poi, decorati dai ragazzi del Liceo Artistico Ernesto Basile.

La conferenza

A seguire della cerimonia di intitolazione, ci si sposta al Palacongressi del centro universitario per la Conferenza “Effetto Nicholas”, sulla sensibilizzazione alla Donazione di Organi. Intervengono i genitori di Nicholas, Margaret e Reginald Green; il rettore Salvatore Cuzzocrea; il Direttore Generale del Policlinico Giuseppe Laganga Senzio; l’Assessore regionale alla Salute Ruggero Razza; coordinati dal Direttore Sanitario del Policlinico Antonino Levita. Sono, poi, presenti tre delle sette persone che ricevettero gli organi di Nicholas e gli studenti degli Istituti scolastici superiori cittadini.

La commemorazione si apre con l’emozionante video della consegna del premio Bonino-Pulejo ai coniugi Green nel 1994.

“Quello che desideriamo è investire sulle persone, nessun reparto può avere un’anima se non ci sono le persone, non basta la tecnologia. Vogliamo aumentare le donazioni ma ancor più attenzionarne l’imprescindibile lato umano. E mi ritengo soddisfatto, a solo un anno dalla mia elezione sono riuscito a compiere un passo importante per incentivare e sostenere una rianimazione di alto livello, è grande la mia emozione e la mia gratitudine per questi genitori e il loro altruismo, ed è necessario ricordare anche il grande dolore e la paura che si celano dietro un gesto così fondamentale. Questo è il nostro modo di onorare la memoria di Nicholas e di una famiglia che ci ha insegnato 25 anni fa, quando era difficile soltanto parlarne, cosa significhi donare” sono le parole del Rettore Salvatore Cuzzocrea ad apertura della conferenza.

Da parte di tutti, sono infiniti i ringraziamenti verso chi ha reso tutto ciò possibile. Antonino Levita, in particolar modo, ringrazia chi 25 anni fa combatté per il piccolo Nicholas e chi oggi svolge in terapia intensiva un immenso supporto occupandosi di donazione, e “chiunque contribuisce alla catena di interventi che compongono il complicato sistema della donazione, che parte lontano dagli ospedali, dall’informazione, sensibilizzazione, conoscenza delle normative, per trasformare la morte in una nuova vita” continua Giuseppe Laganga Senzio.

La donazione ha dimostrato come da una tragedia, grazie ad un atto di estrema generosità, possa generarsi un percorso davvero virtuoso. Il gesto brutale del 29 settembre 1994 colpì il mondo intero ma, mentre quella tragica esperienza si attuava, qualcosa di straordinario nasceva qui, una scintilla grazie alla quale sette persone tornarono a vivere. E, oggi, viene raggiunto un nuovo risultato tangibile per dire grazie alla famiglia Green, così rara e speciale, e per dimostrare che il loro dolore e il loro sacrificio non è stato vano. “Questa terra ha tolto loro un figlio ma loro hanno dato noi un valore infinito, cui renderemo perenne la memoria” continua Laganga. Come disse Ezio Biagi nel 1994, ricorda Levita, “Nicholas ha donato ai noi quello che gli era stato tolto”.

L’effetto Nicholas ha realizzato risultati mai visti prima, coinvolgendo tutti emotivamente, facendo vivere a tutta la popolazione italiana e non solo messinese, che poco conosceva riguardo alla donazione, quel tragico dramma e il suo miracoloso seguito in prima persona. Oggi, però, che è aumentata la consapevolezza sembra essere diminuito il coinvolgimento in questa fondamentale battaglia. “Avevo 14 anni quando rimasi colpito dalla vicenda, non avevo mai sentito parlare di trapianto e non pensavo che da un caso di tentata rapina potesse nascere un dibattito sul diritto alla vita. Ne scaturì una sensibilizzazione enorme ma, guardando i coniugi Green negli occhi, devo dire che c’è ancora tantissimo da fare; chiedo scusa perché siamo tornati indietro nel numero di donatori; e mi rivolgo ai giovani perché abbiamo bisogno di una nuova generazione che spieghi a genitori e nonni quanto sia importante donare, che viva a pieno questa realtà, perché la nostra regione ancora si oppone alla donazione. Questa voglia enorme di vita che nasce dalla storia di Nicholas deve rientrare in tutte le nostre case e nei medici che devono saper essere anche missionari” afferma Ruggero Razza; ricordano poi Sebastiano Tusa, Assessore ai Beni Culturali della Regione Sicilia, uno fra i primi a firmare per la donazione degli organi, venuto, poi, a mancare nel drammatico incidente aereo in Etiopia del 10 marzo 2019, per riflettere sulla necessità di chi svolge un ruolo istituzionale di testimoniare con il proprio esempio valori così importanti come quello del donare.

Viene proiettato un video per ripercorrere la storia di Nicholas, commuovendo tutti i presenti.  Era un bambino speciale, sempre allegro ed estremamente intelligente. Le parole del papà Reginald e della mamma Margaret lasciano spiazzati, danno coraggio e fanno fermare a riflettere: “il futuro tolto a Nicholas era giusto donarlo a qualcuno altro”; “guardando le sue lentiggini, avrei voluto potessero usare anche quelle”; “abbiamo salvato una persona a due giorni dalla morte, un ragazzino di 15 anni, una ragazzina che era stata in coma profondo varie volte, un uomo già rimasto cieco in precedenza che ora può guardare i suoi bambini. Vedere la loro gioia investe noi di consolazione, ci ha aiutato molto, è la scelta che Nicholas avrebbe voluto se avesse potuto scegliere”.

Le testimonianze

In mezzo ai tantissimi presenti vi è Maria Pia Pedalà, che oggi vive proprio grazie al fegato di Nicholas. È Margaret Green a volerle dare la parola, ringraziando tutti i presenti, l’ospedale e i medici per “aver reso la tristezza di quei giorni, ora, una grande felicità”.

Maria Pia Pedalà racconta: “Nicholas mi ha salvato da morte certa quando tutto mi era stato tolto, siamo stati l’uno il custode dell’altra per tutti questi anni, ho vissuto con la consapevolezza che ogni istante fosse prezioso. Conoscere il mio donatore, sapere il giorno del suo compleanno e pregare sulla sua tomba è stato terapeutico, mi ha dato tanta forza; non parliamo la stessa lingua ma c’è qualcosa che va oltre, siamo legati da un filo che tiene insieme i nostri cuori, grazie per la vita a Maggie e Reggie, grazie per tutto ciò che ho vissuto e per i miei figli, Alessia e Nicholas”.

I pensieri dei coniugi Green sono, poi, affidati alle voci di due giovani del Maurolico. Serena Spartà legge la lettera tradotta di Margaret: “è un miracolo come avete pianto insieme a noi la scomparsa di Nicholas; la vostra volontà di ricordarlo con piazze, scuole, strade; le decine di migliaia di persone che hanno deciso di diventare donatori, difendendo il dono della vita. Ci manca ogni giorno ma grazie a voi ha fatto molto più di quanto ciascun uomo fa in tutta la vita, la sua piccola tragedia è diventata un trionfo”.

Al termine della prima lettura, interviene Reginald Green per rinnovare il suo grazie all’intera città di Messina per il supporto di questi anni, ringraziando, inoltre, scherzosamente per la possibilità datagli di parlare dopo sua moglie, che di solito non accade mai, e prendendosi in giro per quanto appaia adesso invecchiato rispetto al video visionato.

“Vorrei raccontarvi un ricordo della nascita di Nicholas, mio figlio ha tardato ad arrivare e io avrei avuto un importante riunione il giorno dopo. Avevo portato in ospedale i vestiti eleganti, accorgendomi, però, di aver dimenticato la cravatta e decidendo di comprarla quel giorno stesso. Quella è diventata la cravatta Nicholas, indossata solo in occasioni speciali, 3 o 4 volte in questa vita. Una di quelle è oggi, la cravatta che indosso è propria la cravatta Nicholas. Grazie per averci dato uno di quei giorni che non dimenticheremo”.

Il toccante ricordo introduce la sua lettera, cui dà voce Alessandro Gallo: “Dall’ospedale di Polistena, devastati dalle gravi notizie ricevute, ci spostiamo a Messina in un viaggio pieno di timori ma con ancora tanta speranza. Ci venne spiegato in maniera chiara e precisa che il proiettile si trovava alla base del cervello, rendendo troppo pericoloso operare. Era necessario aspettare qualche giorno, sperando Nicholas fosse abbastanza forte per affrontare l’operazione. Ci siamo aggrappati a quelle parole dirette, senza false speranze, sapendo che i medici avrebbero fatto qualsiasi cosa. Dopo due giorni, svolgendo tutti gli accertamenti necessari, non vi erano segni di attività celebrale, allora mi resi conto che non avrei più sentito la mano di mio figlio nella mia, la sua buonanotte, la sua risata. Maggie, pacatamente, ebbe l’idea della donazione e finalmente vidi un barlume in quell’oscurità e trovai una speranza in mezzo a tutta la disperazione. Non ho mai pensato quel grilletto fosse colpa dell’Italia, anzi, dubito che qualsiasi altra nazione avrebbe mostrato la stessa compartecipazione per la nostra tragedia; migliaia di persone vivono grazie all’effetto Nicholas, a tutte le iscrizioni, e alle strabilianti capacità dei chirurgi, nessuna nazione è andata così vicina a questo caso di crescita; lo stesso film “Il dono di Nicholas” è stato visto da 100 milioni di persone. Uno dei doni più belli è Maria Pia, che a 19 anni non aveva più speranze e, invece, grazie al fegato di Nicholas, ha vissuto una vita meravigliosa e ha avuto un bimbo chiamato Nicholas, che immaginava nostro figlio come il grande Nicholas che lo protegge. Per questo combattiamo contro la legge che rende impossibile conoscere i propri donatori, le famiglie vogliono ardentemente contattarsi l’un l’altra, incontrarsi fa bene ad entrambe”.

Un ultimo ricordo conclude la sua lettera: “Nicholas, mentre viaggiavamo, immaginava di essere un soldato che tornava in patria. Io gli dicevo ‘sarai un eroe, quando tornerai a casa scriveranno poemi su di te, avrai trofei e medaglie’. Allora era un gioco, adesso è la realtà. Nicholas, però, non ha conquistato tutti con le armi, l’ha fatto con l’amore, che è molto più forte”.

Un incontro che non verrà dimenticato da nessuno dei presenti, una celebrazione del coraggio, dell’altruismo, della gioia di vivere e dell’amore. Perché donare, che sia il sangue, il midollo o gli organi, è tutto questo, questo e molto di più. Per tal motivo, il grazie alla famiglia Green resta eterno e impagabile.

Il rettore Salvatore Cuzzocrea conclude la conferenza commemorando, con un momento di silenzio, le vittime dell’alluvione di Giampilieri nel loro decimo anniversario.

Le foto dell’evento



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