Il diritto di dire “non capisco”: l'importanza di chiedere chiarimenti.

Il diritto di dire “non capisco”: l’importanza di chiedere chiarimenti.

Il diritto di dire “non capisco”: l’importanza di chiedere chiarimenti.

mercoledì 19 Marzo 2014 - 13:52

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Fin da bambini, ci hanno insegnato a non chiedere troppo, a non fare troppe domande: fa sentire l’altra persona sotto esame e ci fa sembrare invadenti. In nome del galateo e del “politically correct”, non indaghiamo quasi mai oltre la parole che ci vengono spontaneamente dette. Se non capiamo, ci sembra “poco carino” indagare e fingiamo di aver afferrato contenuti che in realtà ci sono sfuggiti: noi non risulteremo invadenti o e l’altro non si sentirà sotto esame.
Le cose peggiorano se stiamo parlando con qualcuno che sta “sopra di noi” in una qualche gerarchia sociale, come un professore all’università, il nostro superiore al lavoro, nostra suocera. Con loro, far domande può essere, oltreché irrispettoso, anche segno del fatto che non capiamo, dunque che siamo stupidi.
Si sfiora il paradosso se entriamo nel campo dei sentimenti e siamo alle prime fasi di un nuovo legame: non se ne parla, non si chiede, non si può mica correre il rischio di far sembrare che ce ne importi qualcosa o passare per quelli che vogliono mettere in catene qualcuno!
In nome dell’educazione, del rispetto, della privacy, si perde la reale essenza dell’atto di parlare.
Parlare serve a comunicare, a mettere cioè in comune informazioni utili per le persone che parlano.
A cosa servono queste informazioni? La pragmatica conversazionale spiega le interazioni comunicative come un “gioco”, retto da regole e mirato ad un obiettivo.
L’obiettivo a volte è esplicito, altre è implicito ma comprensibile, altre decisamente criptico.
Se qualcuno ci dice “ti trovo una donna interessante, voglio conoscerti meglio”, l’obiettivo è esplicito. Non lo è affatto se la stessa persona, con le stesse intenzioni, ci dice “prendiamo un caffè insieme, una volta o l’altra”.
Ora, fa parte del gioco della seduzione, non svelare le carte dall’inizio, non avere nemmeno troppo chiaro cosa si vuole ottenere o meno dall’altra persona, ma se i caffè presi insieme sono oramai centinaia e stiamo iniziando a provare un interesse romantico, è lecito o no, domandare prima di tutto a noi stessi che tipo di relazione sta nascendo con l’altra persona?
Il non chiarire potrebbe portare a situazioni paradossali, l’altra persona potrebbe portare un giorno una terza al solito appuntamento e dirci: “ti presento il mio fidanzato”. L’effetto su di noi sarà diverso se lo farà al quinto o al cinquecentesimo caffè.
Se il nostro capo ci dice: “vorrei avere un aggiornamento sul progresso dei lavori ogni giorno alle sei”, è chiaro cosa ci si aspetta. Se invece dice: “la voglio nel mio ufficio ogni giorno alle sei”, è molto meno chiaro. Se non chiediamo, ci presenteremo alle sei in ufficio, per puro ossequio, ma faremo la figuraccia di non aver pronta la relazione che il nostro capo ci aveva implicitamente richiesta.
In entrambi i casi siamo stati discreti, ma quanto sono state utili, alla fine dei conti, le nostre conversazioni?
Saranno state interazioni impeccabili dal punto di vista formale, ma avremo mancato i reali fini dei nostri scambi comunicativi.
Nel breve termine abbiamo fatto bella figura, abbiamo dato l’impressione giusta, di persone che colgono al volo, ma nel medio termine, ci siamo infilati in interazioni delle quali non conoscevamo gli scopi ed abbiamo fallito, nell’uno e nell’altro caso.
Se avessimo chiesto chiarimenti, forse avremmo ottenuto risposte scocciate, magari avremmo trovato persone in grado di apprezzare il nostro sincero interessamento, sempre però avremmo saputo cosa attenderci e come muoverci.
Morale della favola: sebbene ci abbiano insegnato a non fare domande, perché “sembra brutto”, ricordiamoci che sembrerà più brutto ancora scoprire troppo tardi cosa gli altri si aspettano da noi.

“Psicologica” è curata da Francesca Giordano, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi di Torino, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva, Roma (SPC), Vicepresidente A.p.s. Psyché, “mamma di giorno” presso il nido famiglia Ohana di via Ugo Bassi, 145, Messina. Per informazioni telefonare al: 345.2238168.
Avvertenza: questa rubrica ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e quelle pubblicate, previo esplicito consenso del lettore, saranno modificate in modo da tutelarne la privacy.

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