Il dramma di Camus a Forte Ogliastri

Il dramma di Camus a Forte Ogliastri

Redazione

Il dramma di Camus a Forte Ogliastri

lunedì 30 Luglio 2007 - 10:46

Impeccabile l'interpretazione di Marchetti diretta da Cicciò

Un popolo in “Stato d’Assedio-. Un’intera comunità imprigionata dalla paura di ribellarsi a un regime. Questo, ma non solo, è quel che anima lo spettacolo di Giampiero Cicciò (nella foto accanto).

In scena, da ieri fino al 31, nella magica atmosfera di Forte Ogliastri il dramma di Albert Camus approda in città a seguito del successo del 22 a palazzo dei Congressi di Taormina.

Con le spalle rivolte al mare, dominato dalla roccaforte, Maurizio Marchetti si agita nei panni di un ubriaco la cui personalità è ormai niente; orizzonte inconsistente che separa il mare dal cielo.

Una rappresentazione intensa, impegnata e al tempo stesso complessa. Angoscia, paura, rabbia repressa sono i sentimenti della gente comune, manipolata da un sistema totalitaristico. Quel complesso di norme, razionalizzate, trovano sostegno negli schemi di una logica coerente quanto assurda, cieca di fronte ai bisogni e ai sentimenti.

Ogni cosa si svuota; la comunità diviene un ammasso di corpi diafani e privi di anime. Morti vaganti che errando si muovono come marionette, scattando dentro gli impulsi di una rabbia trattenuta, soppressa.

Persino l’eroicità di un gesto diviene vana, perché ricompensata da null’altro che ingratitudine.

E il regime avanza. Una dittatura universale nonostante, per la data a cui l’opera risale (1948), si potrebbe identificare con il fascismo. Quel medesimo totalitarismo imprigiona i suoi stessi sostenitori, vittime anche loro di un equilibrio precario, labile per qualche breve istante in cui si vorrebbe sfuggire, arrendersi ai sentimenti e alle passioni del cuore.

Ma poi si avanza, perché il tutto è a dispetto del niente. Cedere, anche di un solo passo, si traduce in perdita di tutto. Nessun compromesso è accettabile, solo l’ipocrisia per poter convincere.

Impeccabile il lavoro di Cicciò valorizza un Marchetti perfetto, nella presenza scenica quanto nell’interpretazione grottesca, sfaccendata e sospesa.

Il niente, che ognuno rappresenta, rimane destinato a inabissarsi nel mare. Così quella fresca culla lo accoglie, inghiottendo ogni dolore causato dal male e dalla passività.

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