«Si dice sempre che il futuro dell’editoria sia il web ma in Italia poche case editrici lo capiscono»

«Si dice sempre che il futuro dell’editoria sia il web ma in Italia poche case editrici lo capiscono»

«Si dice sempre che il futuro dell’editoria sia il web ma in Italia poche case editrici lo capiscono»

mercoledì 28 Aprile 2010 - 06:40

Antonio Prudenzano, curatore della pagina libri di Affaritaliani.it, si racconta a Tempostretto.it

Una massima divenuta ormai popolare recita che c’è sempre una prima volta e così arriva la prima intervista al giovane e grintoso giornalista Antonio Prudenzano, curatore della pagina libri del quotidiano online Affaritaliani.it (il primo quotidiano online nato in Italia). Smaliziato cacciatore di anteprime, nuovi talenti e rumors editoriali, Antonio si racconta con sincera ironia alla mia rubrica Tempo di Libri svelando la sua passione per il proprio mestiere e quella ancor più naturale per i libri («Ho iniziato a leggere ‘seriamente’ a 14/15 anni e non ho più smesso. Prima ero libero di leggere quello che volevo, oggi lo faccio per ‘lavoro’»). La sua filosofia è semplice, arrivare prima dei cartacei: «Noi restiamo un quotidiano, e dobbiamo offrire prima di tutto notizie».

Dal 1996 Affaritaliani.it lotta con i cartacei specializzati. Qual è la formula che decreta il successo della vostra terza pagina?

«Concedimi una premessa: negli ultimi 15 anni sul web tanti quotidiani online sono nati e scomparsi nel giro di pochi mesi. Affaritaliani.it (il primo quotidiano online nato in Italia) è l’unico che ha resistito crescendo di anno in anno. Evidentemente ha funzionato la formula adottata sin dall’inizio dal direttore e fondatore, Angelo Maria Perrino, e cioè quella di puntare su contenuti originali, cosa che, tanto per capirci, Repubblica.it e Corriere.it fanno molto di rado preferendo le agenzie. Venendo ai libri e all’editoria libraria in particolare, sin da quando dalla scorsa estate ho iniziato a occuparmene, ho cercato di puntare contemporaneamente sia sulle anteprime (il web non può non arrivare prima, anche sui libri!), pubblicando recensioni e interviste sui romanzi in uscita abbinate spesso a estratti in esclusiva, sia sugli approfondimenti, e sia sui rumors editoriali su notizie da addetti ai lavori (ad esempio: nuove collane, interviste a editori, editor, direttori di collane…). Si sente spesso dire che il futuro dell’editoria è il web ma la verità è che in Italia poche case editrici lo capiscono. Affaritaliani.it vuole diventare un punto di riferimento giornalistico sia per i lettori sia per gli addetti ai lavori dell’editoria libraria. E’ un lavoro molto diverso da quello dei blog e delle riviste specializzate. Noi restiamo un quotidiano, e dobbiamo offrire prima di tutto notizie”.

Tempismo, anteprime, indiscrezioni. In termini pratici come si svolge il tuo lavoro? Come individui su cosa puntare o meno?

«Ci ho messo mesi a conquistare la fiducia degli uffici stampa delle case editrici medio/grandi (con le realtà più piccole è stato inevitabilmente più semplice). In Italia purtroppo ancora non si capisce che la recensione su Repubblica e Corsera ha un ruolo sempre più residuale in termini di vendite del libro di turno. Purtroppo o per fortuna, conta molto di più il passaparola sul web. Riguardo alla scelta degli argomenti e dei libri, cerco di puntare su testi adatti a un pubblico più giovane e dinamico (e qui l’età anagrafica spesso non conta), dando la massima visibilità alle voci emergenti. E poi, naturalmente, nella selezione dei temi e dei libri entra in gioco anche il mio gusto personale».

Moltissimi sono i blog e siti a carattere letterario. È difficile costruirsi una -reputazione- online, fidelizzare il pubblico e gli uffici stampa?

«E’ tutta questione di tempo e di costanza. Come ho detto noi siamo un quotidiano online, e non una rivista o un blog specializzato. Siamo uno dei pochi spazi in rete di questo tipo, forse l’unico (a parte il tuo su Tempostretto.it, che ho scoperto da poco e che vedo crescere di giorno in giorno… una concorrenza che comincia a preoccuparmi!) e quindi non avendo praticamente concorrenza siamo avvantaggiati».

Antonio, quand’è nata la passione per il giornalismo e come sei approdato ad Affaritaliani.it?

«Io sono pugliese, di Manduria (Taranto). Sono arrivato a Milano sei anni fa, perché convinto fosse l’unico modo per provare a fare il giornalista. Dopo la laurea ho frequentato per due anni la Scuola di Giornalismo Ifg ‘De Martino’, durante la quale ho avuto la possibile di fare due stage alla Gazzetta dello Sport e l’ultimo ad Affaritaliani.it (con il quale collaboravo da qualche mese), culminato in un contratto a tempo determinato. La passione per il giornalismo, e contemporaneamente per la scrittura, è nata durante il liceo».

Spesso sento dire che è difficile -vivere- occupandosi solo di giornalismo culturale, ancor più se ci si occupa di libri. È capitato anche a te? Qual è la tua opinione in merito?

«E’ vero, sia sul web sia su carta sono centinaia le riviste e i blog che permettono di scrivere di libri, ma gratis. Sono però convinto che soprattutto su internet si possano aprire delle possibilità interessanti e soprattutto in grado di garantire guadagni più o meno grandi grazie alla pubblicità. Va però offerto ai lettori qualcosa che non sia la semplice recensione. Per esempio, sugli e-book si possono fare molte cose visto che in Italia non esiste ad oggi uno spazio specializzato».

Il taglio delle agevolazioni postali per l’editoria rischia di mettere in crisi la piccola e media editoria. Come valuti lo stato di salute del mondo letterario italiano?

«Per i piccoli editori la vita è sempre stata difficile. In più, come accade anche in tante altre categorie professionali, anche gli editori (i piccoli come i grandi…) sono famosi per i loro ‘piagnistei’. Premesso questo, il taglio delle agevolazione postali da te citato, arrivato senza preavviso, è effettivamente una bella batosta. Come in altri ambiti, in futuro sopravviverà solo chi riuscirà a proporre alternative di qualità, creandosi una nicchia ben definita (penso ad esempio a realtà come Iperborea). E poi va sfruttato il web (anche per fini di marketing) in modo nuovo e non convenzionale».

Libri ed e-book. Sei un nostalgico o un innovatore?

«Per rispondere prendo in prestito le parole che ha usato Antonio Moresco nell’intervista che gli ho appena fatto: ‘Io sono un ragazzo antico e sono abituato a un rapporto intimo, fisico, con i libri letti e amati nella mia vita. Se in tasca ho, al posto di un libro stropicciato per il troppo amore, con le cicatrici, i segni dei succhiotti, le occhiaie, un piccolo contenitore al cui interno si trova un insieme di centinaia o migliaia di libri che posso visionare, come sarà possibile vivere quel rapporto unico, forte, che si può instaurare tra una vita e l’oggetto separato di un singolo libro e di una singola voce?’. Detto questo, e quindi si sarà capito che appartengo alla categoria dei nostalgici, sono molto curioso di vedere che tipo di mercato potranno avere gli e-book in un paese come l’Italia in cui i nostalgici come me abbondano. Per ora la maggior parte delle case editrici ha avuto un atteggiamento attendista, ma nel giro di poche settimane molte cose, a quanto mi risulta, dovrebbero succedere… Il prossimo Natale sarà il momento della verità».

In generale, che rapporto hai con i libri?

«Ho iniziato a leggere ‘seriamente’ a 14/15 anni e non ho più smesso. Certo, prima ero libero di leggere quello che volevo, oggi che lo faccio per ‘lavoro’ (anche se mi viene da ridere a usare questa parola, come mi viene da ridere a pensare che sto rispondendo io alle domande di un intervistatore e non il contrario come normalmente mi accade…) a volte mi ritrovo ‘costretto’ a leggere anche libri che altrimenti non avrei mai aperto, perché lontanissimi dai miei gusti».

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