«Dicono che sono il più cattivo dei cattivi, perché in fondo troppo buono per dire bugie»

«Dicono che sono il più cattivo dei cattivi, perché in fondo troppo buono per dire bugie»

«Dicono che sono il più cattivo dei cattivi, perché in fondo troppo buono per dire bugie»

giovedì 08 Aprile 2010 - 09:56

Il giornalista, autore e critico tv, Mariano Sabatini, racconta gli esordi delle più importanti -firme- italiane

«Questo è il libro che avrei voluto leggere quando cominciavo, un’inchiesta piena di esperienze, racconti, rivelazioni, anche dritte sulla strada da intraprendere». Mariano Sabatini, giornalista professionista, critico e autore televisivo ne ha fatta parecchia di strada da quando scriveva lettere su lettere per “segnalare” il suo preferito, Luciano Rispoli, affinché gli affidassero una trasmissione che mettesse in luce il suo talento, il suo carisma. Fin quando, per un grande gioco di coincidenze o fatalità, divenne il suo autore: «Luciano come uno spericolato talent scout si è fidato di un giovane poco più che ventenne. Mi ha insegnato tutto, soprattutto il rigore e la passione per il giornalismo popolare, privo di snobismi». Tra i sessanta intervistati con il metodo agile e brillante dell’intervista doppia, troviamo gran parte delle prime firme del giornalismo italiano, da Pietro Calabrese ad Aldo Cazzullo, da Antonello Piroso a Lina Sotis, passando per Sandro Ruotolo e Gianni Mura. Ci metto la firma! – La gavetta dei giornalisti famosi. Cosa facevano quando non erano nessuno (Aliberti editore; pp.357; €18) è un volume ricco di confidenze e divertenti aneddoti, dove si rievocano gli esordi spesso difficili talvolta persino scoraggianti ma è anche l’occasione per riflettere su un mestiere unico che rischia di scomparire, strozzato fra precariato e stages a titolo gratuito. E Sabatini mette tutti in guardia: «Diffidate, gente, diffidate!».

Sabatini, nonostante i tempi duri per il mondo del giornalismo al giorno d’oggi, vale ancora la massima “sempre meglio che lavorare”?

«Visti i tempi grami, potremmo parafrasare: sempre meglio lavorare! Nel senso che, purché paghino, va bene tutto… o quasi. Nuvoloni grigi si addensano sul lavoro giornalistico. Ormai essere pagati sembra un privilegio più che un diritto, fatevi un giro tra gli annunci di Primaonline.it, tutti o quasi tutti chiariscono che il lavoro è a titolo gratuito. Spesso gli stages nascondono la furberia di procacciarsi collaboratori con nessuno esborso economico. Diffidate, gente, diffidate!»

Com’è nato questo libro e perché?

«È il libro che avrei voluto leggere io quando cominciavo, un’inchiesta piena di esperienze, racconti, rivelazioni, anche dritte sulla strada da intraprendere. A giudicare dal successo che sta riscuotendo presso i giovani, che mi scrivono o mi contattano su Facebook, ci ho preso».

La sua storia professionale somiglia tanto ad un sogno fattosi realtà…

«Non esageri… Ho solo avuto la fortuna di incrociare la strada di quel grande uomo di tv che è Luciano Rispoli, spericolato talent scout che si è fidato di un giovane poco più che ventenne. Mi ha insegnato tutto, soprattutto il rigore e la passione per il giornalismo popolare, privo di snobismi. Per il resto, mi guadagno tutto ogni giorno, senza santi in paradiso o scorciatoie di altro tipo».

Non la preoccupa il fatto che spesso si affidino rubriche a cantanti o volti noti della tv, senza alcuna nozione giornalistica?

«Nasce dal fraintendimento del bellissimo articolo 21 della Costituzione, si scambia la libertà d’espressione con l’obbligo di espressione di opinioni che spesso bisogna scovare con il lanternino».

Cosa ne pensa della battaglia di Grillo contro l’ordine dei giornalisti?

«Non serve un tesserino per fare un giornalista, il grande Pino Maniaci lo dimostra. L’Ordine però non è tutto il male del giornalismo».

Lei sottolinea come tanti “vip” siano stati attratti dal mestiere del giornalista o quantomeno dal tesserino. Eppure spesso sono stati più i dolori delle gioie…

«Però, ci pensi: chi già ha fama e soldi, non può che trarre giovamento dall’ estrarre, più o meno simbolicamente, al momento opportuno, il tesserino. Si ritiene che dia autorevolezza».

Sia sincero Sabatini, quanto volte ha detto “Lei non sa chi sono io!”? e quante volte l’ha sentito dire?

«Sono sempre sincero, anche troppo semmai. La grande Barbara Alberti ha scritto, dedicandomi il suo causticissimo e recente “Riprendetevi la faccia”, che sono il più cattivo dei cattivi, perché in fondo troppo buono per dire bugie. Lo farò incidere sulla mia tomba. Ciò premesso, non mi sono mai sognato di vantarmi di nulla, perché nulla avevo da vantare, e nessuno ha mai osato pronunciare una simile frase in mia presenza perché lo avrei spernacchiato fino a sfiatarmi. Mi creda, ho un pessimo carattere e quasi mai riesco a domarmi.

Ai romanzieri spesso si chiede un consiglio per gli aspiranti tali. Ai giornalisti lei cosa consiglierebbe? Meglio un master o la gavetta?

«Meglio trovare altre passioni ma se proprio non ci si riesce, meglio buttarsi prima possibile a lavorare. Iniziare dal basso, farsi le ossa, consumare la speranza fino a capire se davvero è quella la propria strada. E poi, avanti tutta, fino alla morte. Come Zucconi senior che ha spedito l’ultimo pezzo via fax e poi ha chiuso gli occhi. Anch’io vorrei morire così, l’epitaffio è già pronto e lo devo alla penna sopraffina della Alberti».

Mariano Sabatini (Roma, 1971) è un giornalista professionista. Critico tv di «Metro» e Radio Capital, ha una rubrica su «Italia Oggi» e «Affari Italiani». Dagli anni Novanta a oggi ha scritto di costume, cultura e spettacoli per «.Com», «Il Giornale», i quotidiani del Gruppo Espresso, «Gioia», «Radiocorriere», «Film Tv», «Libero», «Il Tempo». Ha firmato come autore programmi di successo per Tmc, Rai e altre emittenti nazionali: Tappeto volante, Uno Mattina, Parola mia, etc. Ha pubblicato La sostenibile leggerezza del cinema (ESI, 2001), Trucchi d’autore (Nutrimenti, 2005) e Altri Trucchi d’autore (Nutrimenti, 2007).

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