Novara di Sicilia, si rinnova il tradizionale gioco del Maiorchino

Novara di Sicilia, si rinnova il tradizionale gioco del Maiorchino

Vittorio Tumeo

Novara di Sicilia, si rinnova il tradizionale gioco del Maiorchino

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lunedì 21 Gennaio 2019 - 23:24
TRADIZIONI

Tradizionale appuntamento a Novara di Sicilia con "il gioco del maiorchino” singolare torneo a squadre che affonda le sue origini nella più autentica cultura silvo-pastorale del piccolo centro collinare, disteso laddove i paesaggi dei Peloritani e dei Nebrodi si fondono in un unico incantevole scenario naturale. Si comincia sabato 26 gennaio e si andrà avanti fino a domenica di Carnevale, giorno in cui si svolgerà la finale, con una "coda" tutta al femminile il martedì grasso: in passato, le donne erano escluse dal gioco. Decine di giocatori organizzati in squadre, composte massimo da tre elementi e denominate con i nomi dei quartieri, si contederanno la vittoria finale a colpi di maiorchino, cioè con il pregiato e gustosissimo formaggio pecorino di produzione locale che sarà usato come ruzzola. "Il gioco – spiega Carmelo Calabrese, ingegnere con la passione per le tradizioni locali e fin da ragazzo tra i protagonisti della caratteristica gara – consiste nel lanciare la forma di maiorchino lungo i vicoli (vaelli) medievali del centro storico, disposti in pendenza secondo il naturale dislivello del terreno. Vince chi raggiunge il traguardo (a sarva) con il minor numero di lanci". Solitamente si utilizzano forme pesanti 10-12 chilogrammi, con un diametro di 35 centimetri e uno spessore di 10-12 cm, capaci di resistere ai violenti urti dei lanci e della velocità. Il gioco, per la sua natura popolare, allegra e festosa, da sempre si svolge nel periodo carnevalesco ed il formaggio conteso sarà utilizzato dal vincitore per rendere ancora più ricche e appetitose le pantagrueliche tavolate allestite proprio per festeggiare l’arrivo del Carnevale. Le strade di Novara di Sicilia diventano così naturale scenografia del curioso gioco la cui origine si fa risalire ai primi anni del 1600, allorquando su una strada rotolò casualmente la prima "maiurchèa". Centinaia di appassionati e curiosi, provenienti anche dai paesi vicini, si assiepano lungo il percorso pronosticando, scommettendo anche, sull’esito finale della gara e sul numero dei colpi necessari ai contendenti per accaparrarsi la vittoria finale. Fatto il tocco tra gli sfidanti, il gioco inizia in un crescendo di eccitazione e di tifo chiassoso del pubblico verso i propri beniamini: intorno alla circonferenza del maiorchino viene arrotolato un laccio (la lazzata) lungo circa 3 metri, che sciogliendosi poi, al momento del lancio, imprime alla forma di maiorchino una notevole velocità e anche la giusta direzione. Prima saltellando, poi rotolando velocemente, la ruzzola corre seguendo la pendenza del terreno, sbattendo qua e là, guadagnandosi la strada tra mille ostacoli. Si parte, come da tradizione, da "cantuèa da Chiazza" e si arriva "a sarva du chièu don Michèri”, cioè dall'angolo (spigolo della chiesa del Carmine) della piazza e si arriva fino al piano di don Michele, dopo un percorso piuttosto accidentato e insidioso. Ogni squadra è guidata da un capitano che si rapporta con la giuria che vigila sulla regolarità del gioco. Ad ogni giocatore il compito di lanciare senza alcuna rincorsa ("a pedi fermu") il maiorchino, possibilmente ricorrendo ad antica maestria e sapiente abilità, ma sperando anche in tanta fortuna, al fine di assicurare la vittoria alla propria squadra. Colpisce l'originale vocabolario che scandisce lo svolgersi del gioco: un insieme di nomi, di parole e di frasi che rimandano alle origini gallo italiche di Novara di Sicilia. Capita frequentemente durante la competizione che la forma di maiorchino si frantumi in più pezzi dopo un urto violento contro un ostacolo. In tal caso la squadra potrà continuare la gara sostituendo la forma con un'altra di ugual peso, riprendendo il percorso dal punto in cui si era fermato il frammento più grosso della forma utilizzata ad inizio gara. Si aggiudicherà la competizione la compagine che taglierà il traguardo con meno lanci di ruzzola. La squadra da battere quest'anno è "Chiau du Micheri" detentrice del titolo dell'edizione 2018 e composta dai tiratori Catalano, Di Dio e Da Campo (in foto). Sarà dura, ma le altre squadre sono pronte a dare battaglia per conquistare la vittoria. Dietro al tradizionale gioco vi è un'impeccabile organizzazione curata dalla locale associazione per il maiorchino, guidata dal presidente Angelo Di Pietro, e naturalmente tutti i produttori del pregiato formaggio. Insomma, una grande e sentita partecipazione corale, di popolo, che rivela una forte identità di appartenenza. Il gioco, oltre l'evidente significato e valore etnoantropologico, è anche l'occasione per promuovere uno dei più apprezzati prodotti dell'arte casearia siciliana: il Maiorchino infatti si pone sul mercato come formaggio di altissima qualità, a pasta dura, derivato da latte ovino preparato secondo i segreti di un'arte antica, ereditata dalla tradizione pastorale, e portato a maturazione con un processo di stagionatura lungo anche 24 mesi seguito con cura e mille attenzioni. Il risultato? Un capolavoro della civiltà contadina e un gioco unico nel suo genere.

Vittorio Tumeo

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