cronaca

“Una figlia uccisa due volte”, lo strazio della famiglia di Lorena Quaranta

MESSINA – La notizia che la condanna per il femminicidio di Lorena rischia l’annullamento è molto più che una doccia fredda per la famiglia di Lorena Quaranta. “Per loro è una figlia uccisa nuovamente”, spiega l’avvocato Giuseppe Barba che li assiste. Mamma e papà di Lorena hanno scelto sempre di parlare attraverso di lui, lungo il doloroso cammino processuale seguito alla scomparsa della famiglia, ed è il legale a raccontare del loro sconcerto, del loro strazio. “Ogni processo è a sé stante – spiega l’avvocato – speriamo in un orientamento giurisprudenziale più rispettoso della vittima”.

L’avvocato Giuseppe Barba

I Quaranta hanno affrontato il processo stretti in un dignitoso silenzio, non hanno mai mostrato comportamenti sopra le righe. Soltanto una volta la madre di Lorena, ad un passo della sentenza, quando già i giudici si erano allontanati dall’aula, ha guardato quello che era il compagno della sua ragazza, ammanettato, in procinto di lasciare la cella dell’aula scortato dalla Penitenziaria, ed ha rotto gli argini del suo dolore gridandoli “Perché, perché me l’hai ammazzata?”.

Anche in quella occasione, però, Antonio De Pace non ha fiatato, come durante tutto il procedimento. “Non ha mai tentato di scusarsi in alcun modo”, ha scritto il presidente della Corte che lo ha condannato nella sentenza, spiegando perché non gli è stata riconosciuta alcuna attenuante (leggi qui I motivi della sentenza, il racconto dell’omicidio)

L’eccezione controversa

Adesso la parola passa ai giudici di secondo grado. Il processo in Corte d’Assise d’Appello non è ancora stato fissato. Ma la richiesta dell’avvocato Salvatore Silvestro di annullamento della sentenza di primo grado, per la presenza di un giurato con oltre 65 anni di età, arriva come una vera e propria bomba per i familiari della vittima.

Si rischia lo stop alla giustizia.

L’avvocata Maria Gianquinto

E non solo. “Se l’eccezione dovesse essere accolta sarebbe un grave stop del sistema giustizia che avrà ripercussione sulle persone offese, penso in particolare alla sofferenza della famiglia che ha subito la perdita della propria figlia e che ha dovuto assistere alla celebrazione di un procedimento per femminicidio”, commenta l’avvocata Maria Gianquinto all’Agi. Il Cedav, che presiede, è stato l’unico Centro antiviolenza ammesso ai risarcimenti come parte civile.