"Manovre elusive o dilatorie della giusta sanzione": ecco perché il Ministero ricorre contro il Comune

“Manovre elusive o dilatorie della giusta sanzione”: ecco perché il Ministero ricorre contro il Comune

Danila La Torre

“Manovre elusive o dilatorie della giusta sanzione”: ecco perché il Ministero ricorre contro il Comune

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mercoledì 23 Gennaio 2013 - 18:54

Le motivazioni del ricorso sono dettagliate e pesanti nei confronti del nostro ente, che si affida ancora all’avvocato Arturo Merlo. Dito puntato anche contro il Tar Catania

Sino al 31 marzo, a Palazzo Zanca si lavorerà per rispettare il patto di stabilità 2012, ma a tenere tutti col fiato sospeso è ancora lo sforamento del patto di stabilità 2011. La battaglia legale intrapresa dal Ministero dell’Interno e da quello dell’Economia delle Finanze contro il Comune di Messina sarà, infatti, tutt’altro che facile da vincere, come facilmente intuibile dal ricorso presentato al Cga dai due dicasteri, che chiedono l’annullamento dell’ordinanza con cui il Tar Catania ha accolto la domanda di sospensiva della sanzione di circa 7 milioni di euro commutata nei confronti dell’ente.

Il documento, depositato al Consiglio di giustizia amministrativa, è un vero e proprio atto di accusa nei confronti del Comune di Messina e del Tar Catania, che avrebbe ecceduto le proprie competenze .

«Il Tar etneo – si legge nel ricorso lungo 16 pagine – ha commesso un evidente errore nel ritenere la propria competenza, atteso che, avrebbe dovuto rilevare, sia pure d’ufficio, la propria incompetenza». Codice di procedura amministrativa alla mano, l’avvocato dello Stato, Giacomo Ciani, ricorda che « è inderogabilmente competente il Tar Lazio, sede di Roma per gli atti statali i cui effetti diretti non siano limitatati all’ambito territoriale di una regione. Appare evidente che nel caso di specie, i provvedimenti impugnati esulano dai confini territoriali della regione Sicilia, riguardando tutti i comuni esistenti sul territorio nazionale ».

Secondo i due Ministeri , il Comune di Messina non fa e non può fare caso a sé, anche perché «il sistema delineato dalla legge per il rispetto del patto di stabilità interno prevede che alle sanzioni dei comuni inadempienti corrispondano i premi per i comuni virtuosi, con conseguente interdipendenza e reciproca influenza delle posizioni di tutti i comuni». In sostanza – come specificato ancora nel ricorso – alla contrazione dell’importo delle sovvenzioni erariali per i comuni sanzionati per l’inosservanza del patto, corrisponde l’incremento delle risorse per i comuni “virtuosi”. Vi è, quindi, una «corrispondenza univoca tra le sanzioni irrogate agli uni e le premialità accordate agli altri enti locali».

Il legale Ciani evidenzia, inoltre, nel ricorso che « su analoghi ricorsi proposti innanzi al Tar Lazio da altri comuni siciliani( Erice, Sciacca, Alcamo, Partinico, Bagheria, Casteltermini e Trapani) il predetto Tar ha dichiarato la propria competenza e ha rigettato la domanda cautelare».

Dopo aver “bacchettato” il tribunale amministrativo di Catania, il Ministero dell’Interno ed il Ministero dell’Economia delle Finanze – tramite l’avvocato di Stato – attaccano duramente il Comune e rimarcano l’«insussistenza dei presupposti della domanda cautelare», spiegandone ovviamente le motivazioni.

«Dopo il 2008 tutti gli enti locali, incluso ovviamente il Comune di Messina – scrive il legale di parte – ben sapevano che il cosiddetto “sforamento” del patto di stabilità non sarebbe stato consentito ed avrebbe comportato una serie di sanzioni, finanziarie e gestionali, nei confronti dei contravventori. Ne discende che non può sostenersi che prima del D.Lgs.149/2011, la violazione del patto di stabilità interno non fosse considerata sanzionabile».

A questo punto, parte l’attacco frontale al Comune, nei confronti del quale non si intravede né indulgenza né apertura da parte dell’avvocato Ciani : «il ricorso in definitiva, appare finalizzato non tanto a conseguire la correzione di errori o illegittimità, che non sussistono, ma esclusivamente a perseguire manovre elusive o dilatorie della giusta sanzione, in spregio ai principi di leale collaborazione istituzionale previsti dalla Costituzione»

A proposito della presunta esclusione delle Regioni a Statuto speciale dai vincoli del patto di stabilità, l’avvocato di stato precisa inoltre che «le norme impugnate rientrano nel quadro di un’azione complessiva di risanamento della finanza pubblica, cui anche le regioni a statuto speciale devono partecipare… peraltro l’art. 13 del decreto legislativo n.149 del 2011 posto a salvaguardia dell’autonomia a statuto speciale…. manifesta la chiara voluntas legislatoris di coinvolgere direttamente le Regioni a statuto speciale nella determinazione del contenuto della disciplina sui meccanismi sanzionatori e premiali del patto».

«Quanto al periculum in mora – scrive ancora l’avvocato Ciani – va sottolineato che le riduzioni disposte dal Ministero dell’Interno rispondono alla logica di abbattere la capacità di spesa di quegli enti locali che hanno sforato l’obiettivo programmato del patto di stabilità interno con conseguenti ripercussioni negative sui saldi di finanza pubblica… Pertanto, i vincoli del patto di stabilità impongono all’ente di non assumere impegni ulteriori rispetto alle proprie capacità finanziarie, già in fase previsionale».

Nel ricorso viene, inoltre, sottolineato che la sanzione viene applicata l’anno successivo allo sforamento, che a sua volta deve essere certificato entro il 31 marzo dell’anno seguente a quello di riferimento. Inevitabile, quindi, la stoccata al Comune: «ne consegue che l’ente ha avuto più che un ragionevole lasso di tempo per poter avviare tutte quelle attività necessarie a reperire le risorse finanziarie compensative della decurtazione delle spettanze di origine statale, al fine di assicurare la continuità dell’erogazione dei servizi essenziali e nell’esercizio delle funzioni fondamentali».

L’avvocato Ciani va oltre ed aggiunge: «Del resto il comune ricorrente non fornisce alcuna dimostrazione concreta dell’impossibilità di riorganizzare e ricalibrare le risorse in modo da assicurare il sostegno ai settori deboli, mediante l’eliminazione di sprechi e la riduzione di aree di privilegio, in una parola comprimendo le spese meno rilevanti. L’indicazione dell’asserito pregiudizio e della sua irreparabilità è, quindi in sostanza del tutto generica».

E’ evidente che il Ministero dichiara guerra al Comune di Messina, al quale resta altro che difendersi. A rappresentare le proprie ragioni, nelle aule del tribunale ci sarà ancora l’avvocato Arturo Merlo, il cui incarico- come da delibera di giunta esitata lo scorso 15 gennaio – costerà al Comune euro 5.033,60. (Danila La Torre)

8 commenti

  1. La parcella dovrebbe essere pagata da, vista la loro “esperienza

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  2. Dopo tutto quello che ha scritto l’avvocato dello Stato, Giacomo Ciani, sullo sforamento del patto di stabilità del comune di Messina, mi domando ma che dirigenti ha il comune di Messina? A chi legge l’articolo di Danila La Torre, che sintetizza dettagliatamente ed esaustivamente la problematica del comune non vi viene tanta rabbia?

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  3. occa miseria….sbagghiaru ancora????

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  4. 5.033,60……..d’acconto….una pratica di tale valore 6.000.000 di euro costerà molto ma molto ma molto di più anche se è giusto difendersi. La questione e che gli avvocati del comune inseriti nel collegio di difesa hanno dichiarato che nel momento di crisi economica rinunciavano ai loro compensi…poi non è stato chiarito se così è stato. Vista la liberalizzazione delle tariffe e visto che taluni studi hanno sempre fatto incetta di incarichi occorrerebbe stipulare convenzioni particolari….chi ha di più deve rinunciare a qualcosa di più …lo dicono tutti in campagna elettorale…

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  5. Tranquillo, come sta accadendo già sia al Comune che alla Regione, risolveranno il problema dell’incompetenza dirigenziale facendoli… ruotare.

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  6. Ma questi milioni di multa chi li deve pagare?
    I cittadini o coloro che hanno causato il debito?
    Giuseppe Vallèra.

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  7. ART.21 COSTITUZIONE. Il periodo che più mi colpisce, della requisitoria di giacomo CIANI, è il seguente, ” Del resto il comune ricorrente non fornisce alcuna dimostrazione concreta dell’impossibilità di riorganizzare e ricalibrare le risorse in modo da assicurare il sostegno ai settori deboli, mediante l’eliminazione di sprechi e la riduzione di aree di privilegio, in una parola comprimendo le spese meno rilevanti. L’indicazione dell’asserito pregiudizio e della sua irreparabilità è, quindi in sostanza del tutto generica. ”
    Parole forti, SETTORI DEBOLI, SPRECHI, AREE DI PRIVILEGIO, è un’atto di accusa senza precedenti, che infama le persone cui è diretto. Se avessero un briciolo di dignità professionale, il gatto e la volpe, dovrebbero rassegnare le dimissioni dalle funzioni assegnate. Ma mentre i commentatori e i giornalisti di TempoStretto dissertano sul significato di un debito fuori bilancio, chi detiene i cordoni della spesa corrente di palazzo Zanca, i DIRIGENTI, con una autonomia di spesa da fare impallidire lo stesso staff di controllo di gestione, che nelle pieghe della relazione, dice e non dice, ha speso nel 2011, per beni e servizi, una somma pari a 8.680.754 euro. Li c’è lo sperpero di cui parla l’Avvocato dello Stato? Commissario Luigi CROCE, forse è venuto il momento di un’unica centrale degli acquisti, basta con le repubbliche indipendenti, quali sono le strutture dirigenziali. I link aprono uno squarcio, tenuto ai più sconosciuto, noterete che i DIRIGENTI preferiscono acquistare in modo AUTONOMO, fuggono dalle convenzioni CONSIP, perchè?
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  8. Solo i contribuenti, cioè noi.

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