Transeuropa, Alagna: "La retorica secondo cui definire “mafioso” un territorio ne sporca l’immagine, è vecchia"

Transeuropa, Alagna: “La retorica secondo cui definire “mafioso” un territorio ne sporca l’immagine, è vecchia”

Transeuropa, Alagna: “La retorica secondo cui definire “mafioso” un territorio ne sporca l’immagine, è vecchia”

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domenica 23 Agosto 2015 - 22:15

Il portavoce di "Cambiamo Messina dal Basso" si dice stupito che " da questa vicenda, nel giro di qualche ora, si sia sollevato un polverone politico e mediatico di tali dimensioni arrivando a chiedere una presa di distanza da Festival e organizzatori ed una nostra non partecipazione"

Mi preme intervenire in merito alle polemiche sulla partecipazione di Cambiamo Messina dal Basso al Transeuropa Festival ed alla frase relativa ai legami con la mafia dei partiti che hanno amministrato Messina per decenni.

In primo luogo, è bene ricordare che l’invito a partecipare a questo festival è stato rivolto al nostro movimento, per portare una testimonianza su nuove forme di politica e partecipazione, e non è pertanto in alcun modo legato al Sindaco o all’Amministrazione comunale.

Per quanto, lo voglio ribadire, le vicende giudiziarie siciliane che hanno coinvolto alcuni dei principali partiti di governo nel corso dei decenni suggeriscono riflessioni attente sul tema dei rapporti tra mafia e politica, la frase “incriminata” – l’ho scritto in modo chiaro poche ore dopo il caso sollevato da Vento dello Stretto – è senza ombra di dubbio esagerata, in quanto eccessivamente generalizzante e semplificatrice. E’ un’espressione infelice, che abbiamo chiesto immediatamente di rettificare – cosa che, sono certo, avverrà già domani.

Non c’è, quindi, né da parte nostra, né – ne sono certo – da parte degli organizzatori del Transeuropa Festival, alcuna intenzione di “fare di tutta l’erba un fascio”, né di offendere la nostra città, quanto, piuttosto, un richiamo alla riflessione sui legami tra mafia e politica, sulle infiltrazioni mafiose nelle istituzioni. Questioni linguistiche e semplificazioni comunicative hanno evidentemente creato un cortocircuito nella pubblicità della nostra partecipazione. Mi scuso, pertanto, soprattutto con chi si fosse sentito ingiustamente colpito dalla natura generalizzante di questo cortocircuito, che abbiamo prontamente chiesto di risolvere, volendo così sanare definitivamente la questione.

Detto ciò, stupisce che da questa vicenda, nel giro di qualche ora, si sia sollevato un polverone politico e mediatico di tali dimensioni (soprattutto in considerazione della nostra immediata richiesta di rettifica), arrivando a chiedere una presa di distanza da Festival e organizzatori ed una nostra non partecipazione.

Stupisce, a maggior ragione, perché nelle stesse ore l’assessore Ialacqua era vittima e destinatario di un messaggio intimidatorio e mi sarei quindi aspettato eguale o superiore solerzia e determinazione nell’esprimere solidarietà all’assessore e a condannare fermamente un gesto che, a mio modesto avviso, offende sensibilmente di più la nostra città e la nostra comunità.

Stupisce che, per attaccare il nostro movimento, si arrivi a definire Messina una città “non mafiosa”, dove semplicemente “esiste la criminalità come in tutte le parti del mondo”. Migliaia di pagine – tra relazioni della Commissione Parlamentare Antimafia, della DIA, della DNA, solo per citare fonti istituzionali – dipingono tutt’altro scenario. La nostra è una città che già nel 2006 veniva classificata dalla Confesercenti come ‘zona rossa’ per le richieste estorsive. E’ la città degli scandali legati all’università, del verminaio, come venne definito nel 1998 dall’allora vicepresidente della Commissione Antimafia Vendola. Il nostro è un territorio di interessi multipli e strategici per le mafie. E’ il territorio dei clan barcellonesi e mazzaroti e degli interessi delle ‘ndrine reggine. E di esempi se ne potrebbero elencare ancora tanti altri.

Per tutte queste ragioni, devo ribadire che a mio avviso Messina è una città e una provincia mafiosa (altro che babba…). Perché gli interessi delle cosche nel nostro territorio sono enormi. Perché abbiamo assistito ad infiltrazioni di ogni tipo nei gangli istituzionali. Perché la libertà d’impresa è costantemente minacciata da richieste estorsive. Eccetera, eccetera, eccetera.

Non è, invece, e qui sta tutta la differenza, che qualcuno sembra non riuscire a cogliere, una città di mafiosi. Non lo è perché sono tantissime le persone oneste che non si piegano a questo sistema. Perché tanti sono i cittadini e le cittadine che portano avanti la loro vita personale, professionale (e politica) con dignità e coraggio, denunciando e mettendosi in gioco, senza voler essere eroi, ma solo stare dalla parte giusta. Ne abbiamo conosciuti tanti, noti e meno noti, politicamente vicini e lontani da noi. Ed il loro impegno deve rendere tutti noi orgogliosi della nostra città e dei nostri concittadini.

Purtroppo, la retorica secondo cui definire “mafioso” un territorio equivale a sporcarne l’immagine, è molto vecchia (basti pensare ai casi palermitani e non solo degli anni ’80 e ’90). Ma parlare di mafia non è infangare il nome della Sicilia, o di Messina. E’ una delle chiavi per sconfiggerla, a cominciare dal piano culturale. Non mi piace citare “grandi nomi”, ma ce lo insegnava già Paolo Borsellino, che forse andrebbe commemorato con le azioni quotidiane e non solo con le fiaccolate il 19 luglio.

Poi certo, dato che siamo in pieno controesodo estivo, chi vorrà potrà sempre continuare a dire che il problema della Sicilia è il traffico.

Federico Alagna

Portavoce di Cambiamo Messina dal Basso

2 commenti

  1. Benedetto XVII 24 Agosto 2015 12:22

    L’acuta (!?) distinzione tra “città mafiosa” e “città di mafiosi” è così stereotipata e scontata da apparire inutile: non esiste città siciliana, calabrese, campana, etc. per la quale non sia stata usata. Forse sarebbe meglio evitare questi sproloqui che chiunque legge qualcosa in più delle riviste osé conosce perfettamente da decenni, e ammettere che il degrado che viviamo da economico è diventato sociale e poi etico. Chiunque capisce che non bastano buona volontà e autocertificazioni di santità per risollevare le sorti di un territorio. Per contrastare la mafia servono essenzialmente opportunità di lavoro, con buona pace delle isole pedonali e delle piste ciclabili. e, in questo, CMdB ha una responsabilità storica che non ha scusanti

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  2. Benedetto XVII 24 Agosto 2015 12:22

    L’acuta (!?) distinzione tra “città mafiosa” e “città di mafiosi” è così stereotipata e scontata da apparire inutile: non esiste città siciliana, calabrese, campana, etc. per la quale non sia stata usata. Forse sarebbe meglio evitare questi sproloqui che chiunque legge qualcosa in più delle riviste osé conosce perfettamente da decenni, e ammettere che il degrado che viviamo da economico è diventato sociale e poi etico. Chiunque capisce che non bastano buona volontà e autocertificazioni di santità per risollevare le sorti di un territorio. Per contrastare la mafia servono essenzialmente opportunità di lavoro, con buona pace delle isole pedonali e delle piste ciclabili. e, in questo, CMdB ha una responsabilità storica che non ha scusanti

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