Padre Ettore: "Riscopriamo il ruolo della Comunità nel risvegliare la fede"

Padre Ettore: “Riscopriamo il ruolo della Comunità nel risvegliare la fede”

Padre Ettore: “Riscopriamo il ruolo della Comunità nel risvegliare la fede”

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domenica 02 Dicembre 2012 - 11:25

Padre Ettore, parroco di San Giacomo, ha inviato a Tempostretto la lettera mensile destinata ai fedeli della parrocchia. E' un invito a riflettere sul ruolo che la famiglia e la comunità hanno nel risvegliare la fede nei singoli.

Carissimi amici,

desidero adesso proporvi qualche considerazione sulla “fede”, visto che – su invito del papa – ne stiamo celebrando l’Anno. Il taglio del mio intervento è prettamente “pastorale”, parte cioè dal vissuto delle famiglie e lo vuole animare attingendo alla fonte della Parola di Dio. Secondo il “Rito del Battesimo dei Bambini”, alla domanda del celebrante “ Per vostro figlio che cosa chiedete alla Chiesa di Dio?”, alla quale solitamente i genitori rispondono “Il Battesimo”, il suddetto rito prevede – a mio giudizio con più veridicità – che si possa rispondere “La fede”.

Comprendiamo bene allora che se la fede è innanzitutto dono di Dio è pur vero che tale grazia ci viene comunicata attraverso la testimonianza della comunità cristiana, nella quale la famiglia gioca il ruolo di “piccola chiesa domestica”.

Penso in questo momento alle varie opportunità di approfondimento e rinnovamento che “periodicamente” vengono offerte e tutte le famiglie. Parto dal sacramento del Battesimo, “porta della fede”. Questa celebrazione rende più profonda e intensa nei genitori la comunione con il Padre? Passo alla preparazione alla prima comunione e alla cresima: quale adesione convinta e gioiosa al Cristo produce rispettivamente nei ragazzi e negli adulti? Chiudo con la celebrazione del matrimonio: fa scattare negli sposi la consapevolezza di essere “sacramento” (=segno trasparente) dell’amore di Dio?

Se dovessi tratteggiare la situazione generale (si tratta di una constatazione e non di un giudizio) dei tanti cristiani “praticanti”, dovrei dire che moltissimi sono coloro che solitamente si recano a messa ma proprio costoro non riescono a rendere ragione della fede che c’è in loro…a partire dai componenti della famiglia.

Nel dire ciò sento gravare in prima persona il carico dell’attuale inadeguatezza della nostra comunità, ancora non pienamente attrezzata nel sostenere i molti cristiani che si trovano in tale situazione. Perché avviene ciò, quando vengono investite moltissime energie nei vari incontri? Forse – è la mia risposta – perché dimentichiamo che l’iniziazione alla fede avviene fondamentalmente nella trama delle relazioni familiari e con il complemento della comunità cristiana. Vi sono sicuramente altre risposte perché io non ho in tasca la soluzione preconfezionata a questi problemi – anzi ho molte perplessità su alcune strategie pastorali comuni che hanno come finalità l’ammucchiata di persone “allineate e coperte” su certi programmi a corto respiro senza preoccuparsi molto di dar loro un’anima… molte di queste tattiche, puntualmente, si rivelano deleterie e dannose…mentre è bello cercare e costruire insieme un percorso condiviso, anche se laborioso.

So bene che in tale divario gioca un ruolo importante la contraddittoria situazione dei rapporti fra generazioni, ma sono pure consapevole che la fede comincia ad emergere quando “arde il cuore”, perché si sperimenta la bellezza di un incontro, come i due discepoli di Emmaus che sorpresi si chiedevano: “non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino?” (Lc 24,13). In questa citazione vi sono gli elementi essenziali della fede: la gioia dell’incontro con il Signore risorto; la portata comunitaria dell’evento; il contesto del “cammino”, come metafora della vita.

Da qui deriva la riscoperta del ruolo della comunità: aiutare ciascuno a riscoprire il “fuoco” che ardeva già da prima e del quale non si era reso pienamente consapevole. In una battuta, la parrocchia deve configurarsi come luogo di condivisione e sperimentazione della fede, altrimenti il passo verso la deriva settaria sarà breve.

Per concludere vorrei ribaltare la classica contrapposizione o armonia del binomio credenti/praticanti. Per troppo tempo ci si è preoccupati del numero dei “praticanti” (secondo le stime ufficiali il 12% dei battezzati), ma poca importanza si è data alla considerazione della qualità, ovvero se costoro fossero “credenti”….

Personalmente preferisco meno praticanti di superficie e molti più credenti di profondità…perché la “pratica” per moltissimi si esaurisce (purtroppo!) nella messa domenicale e nei vari momenti di incontro, mentre la fede richiede di essere pienamente testimoniata nel nostro ambiente vitale (lavoro, famiglia, tempo libero, volontariato, impegno politico-sociale….)

Auguri di ogni bene. p. Ettore

Un commento

  1. Un consiglio a Padre Ettore, riscopri prima il ruolo della chiesa in un momento di disperazione da parte dei fedeli e non.
    Senza casa, lavoro e sicurezza , la fede vacilla e le belle parole restano fumo senza arrosto.

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