Un dovere morale e affettivo in memoria del prof. Franco Bonardelli

Un dovere morale e affettivo in memoria del prof. Franco Bonardelli

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sabato 23 Giugno 2012 - 09:20

Ricordo del preside della scuola media "Enzo Drago", scomparso lo scorso anno

Potrebbe sembrare strano quanto sto per riferire ma è la pura, sacrosanta realtà nella quale mi son trovato, con Franco Bonardelli, a dover parlare di un semplice palo sito nel cuore della città e che molti messinesi, probabilmente, non hanno mai visto o saputo della sua esistenza. Ciò è quanto avvenuto appena una settimana prima che il preside Bonardelli si decidesse di ricoverarsi in ospedale.
Questa mia conoscenza relativa al fatidico palo, che più avanti cercherò di svelarvi, è stata frutto di tante attenzioni (anche fra il serio ed il faceto) che con Franco ho affrontato durante qualche breve periodo di pausa nel suo sempre accogliente ufficio di presidenza della sua nuova scuola media Enzo Drago, suscitando curiosità ed interesse alle attente e puntuali notizie che io gli propinavo ma, soprattutto, alle immagini che gli mostravo in proposito. Una bandiera su un alto pennone che sventolava quasi nel bel mezzo della stazione ferroviaria. Bandiera che non si era mai vista sventolare e, tanto meno, sorretta da un altissimo pennone mai notato da nessuna parte della città, men che mai nella piazza antistante alla stazione ferroviaria, proprio all’altezza della fermata del tram.
Doppia la curiosità alla vista di tale immagine tanto bella quanto affascinante. La bandiera che, ovviamente, altro non era che un semplice fotomontaggio da me operato ed il maestoso pennone dal quale non si è visto sventolare mai nulla.
“Si potrebbe approfittare dello storico avvenimento legato alla ricorrenza del 150° Anniversario dell’ Unità d’Italia per ripristinare, finalmente, la funzione di questo palo con relativa bandiera…” Questo il nostro primo pensiero che, in comune, ha affiorato le nostre menti ed è stato questo il motivo per cui il preside Bonardelli ha voluto che gli consegnassi tutti i miei appunti, con relative immagini fotografiche: voleva fare un pezzo legato a tutti gli avvenimenti sopra descritti.
Tutti sappiamo quello che è avvenuto subito dopo e, quando ho avuto la fortuna e la gioia di vederlo ancora vivo, durante l‘inizio della sua terapia all’ospedale, mi accolse con un sorriso smagliante e comunicativo, pur nella sua sofferenza, quasi a volermi dire: – Benito, quando c’incontreremo a scuola riprenderemo il discorso lasciato in sospeso. Abbi pazienza, ci rivedremo presto!
Anche se può sembrare strano, questo benedetto palo, in un certo senso, è entrato a far parte della storia della nostra città poiché realizzato durante il regime fascista, successivamente ha resistito alle tremende incursioni belliche del 1943 che lo hanno danneggiato in malo modo. Infine ristrutturato, nel dopo guerra, durante l’avvento della nuova Repubblica.
Io, vagamente, ricordo di avere visto sventolare la bandiera tricolore solo nel lontano 1950 in occasione della visita a Messina dell’allora Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi.
In pratica, nell’anno 1947, le preposte autorità locali del tempo dovevano stabilire se ristrutturare o eliminare definitivamente il pennone che le bombe avevano inclinato al punto tale da renderlo pericoloso per l’incolumità pubblica.
Approfittando della presenza in zona di un’esperta squadra di carpentieri, si decide subito di ristrutturare il palo impiegando gli stessi operai che, in quel periodo, stavano ripristinando alcune strutture della stazione ferroviaria anch’esse danneggiate dalle incursioni belliche.
Dal punto di vista tecnico la mole di lavoro è stata notevole sol che si pensi alla realizzazione in sito di un apposito castelletto attorno a questo palo alto circa trenta metri, al fine di poterlo raddrizzare con la dovuta agevolezza.
Molte le difficoltà affrontate per questo tipo di lavoro realizzato interamente con una montagna di legname e con i mezzi tecnici d’epoca. Un lavoro, quindi, prettamente artigianale che vide impiegare oltre venti operai (fra carpentieri e manovali) per un periodo di oltre un mese.
Ciò è quanto mi raccontava mio padre che allora dirigeva, contemporaneamente, i lavori di carpenteria in legno della ristrutturando nostra stazione ferroviaria e del palo in oggetto.
Caro Franco, giunti a questo punto mi accorgo che, probabilmente, avrò parlato molto, forse troppo di questo povero… palo. Ma io non ho la tua abilità di scrittore-giornalista e mi sono, quindi, dovuto arrangiare con quanto è nelle mie possibilità di comunicare, di trasmettere alla mia maniera. Spero tanto che tu possa trovarmi concorde, almeno, sul pensiero che insieme volevamo comunicare alla città.
In fondo in fondo non è colpa del palo se si è assurto a protagonista della situazione, poverino! La colpa è nostra per averlo prima fatto… nascere col Fascismo, fatto resistere alle bombe della 2^ Guerra Mondiale, rimesso nuovamente… in vita con la nuova Repubblica (con i soldi dei contribuenti cittadini…) per poi essere completamente abbandonato al suo destino, forse fra gli… ignavi, pur senza colpa alcuna.
Povero palo che non sei altro! Direbbe il nostro bravo cabarettista Nino Frassica, forse uno scopo te lo sei trovato per sopravvivere, dopo una vita piena di peripezie che hai vissuto con onestà e coraggio. Forse uno scopo ce l’avrà: anche se non più utilizzato come dovuto, continua lì a starsene imperterrito nella sua maestosità, quasi ad osservare in silenzio e la dovuta riflessione che il trascorrere del tempo gli ha insegnato, le numerose (tante) cose inutili o fatte male, esistenti nella nostra città ormai da decenni e chissà per quanti altri ancora.
Benito Giovanni Corrao

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