A Messina la causa contro i giudici che non fermarono l'assassino di Marianna Manduca

A Messina la causa contro i giudici che non fermarono l’assassino di Marianna Manduca

Alessandra Serio

A Messina la causa contro i giudici che non fermarono l’assassino di Marianna Manduca

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lunedì 25 Aprile 2016 - 22:01

La 32enne di Palagonia fu uccisa dal marito nel 2007, dopo 12 denunce inascoltate. Il tutore dei 3 figli ha chiesto ai giudici il risarcimento per la "mancata tutela" della vita della donna. Saranno i giudici di Messina, adesso, a decidere se ha ragione o no.

Sará celebrato a Messina il processo per la responsabilitá civile dei magistrati che si occuparono di Marianna Manduca, uccisa a 32 anni dal marito dopo 12 denunce. Una morte annunciata, quella di Palagonia, un caso di femminicidio classico e drammatico, dove la violenza di un uomo non ha trovato alcun argine nella giustizia. Quella stessa giustizia che prima e dopo la morte di Marianna ha reso ulteriormente difficile anche la vita dei suoi tre figli.

Oggi il più grande ha 14 anni, il più piccolo 11 e vivono a Senigallia con un cugino di Marianna, che li ha accolti in famiglia, nel 2007, malgrado avesse giá tre figli. L'uomo oggi, un piccolo imprenditore edile, sente la stretta della crisi e il peso della famiglia allargata, e racconta i paradossi di una legge che dimezza gli aiuti economici, in casi come questi, quando ad adottare i figli della vittima sono parenti della stessa.

Dietro la richiesta di risarcimento c'è altro dalla ricerca di un pur più che sacrosanto ristoro economico: "Vivevo a Senigallia e solo alla morte di mia cugina ho conosciuto la sua storia assurda. Com'è possibile che malgrado le denunce, malgrado i tanti testimoni delle minacce e delle violenze che subiva, nessun giudice ha fermato il marito? Addirittura un magistrato, nel corso della separazione, ha affidato i figli a lui, malgrado fosse tossicodipendente, malgrado poco prima si fosse allontanato con i bambini arbitrariamente e senza dare sue notizie". "Mi hanno spesso detto di lasciar perdere – racconta ancora l'uomo – perché la mia, anche se contro lo Stato, é di fatto un'azione contro dei magistrati. Ma davvero dobbiamo rassegnarci a ragionare così, anche di fronte a storie così drammatiche, anche di fronte a vite spezzate?".

L'oggi padre di sei figli, appena ha avuto la tutela legale dei tre maschi della cugina, ha quindi fatto causa alla giustizia ingiustizia, e soltanto nel 2014 la Corte di Cassazione ha stabilito che la domanda risarcitoria nei confronti dei pm che si occuparono del caso di Marianna, e che forse hanno sbagliato, è ammissibile e che sì, la causa intentata nei loro confronti va trattata.

E la causa finalmente è iniziata, qualche giorno fa davanti la corte d'appello di Messina, 9 anni dopo il femminicidio di Palagonia. Ma anche qui è servita tutta la tenacia degli avvocati Alfredo Galasso – ex pm antimafia – e Licia D'Amico perché si aprisse la prima udienza, a rischio dell'ennesimo rinvio per pastoie procedurali. Giunti a Messina, ai tre è stato detto che il fascicolo non era ancora arrivato in Corte d'Appello. La strenua opposizione dei due legali ha fatto sì che il fascicolo fosse acquisito in tempo utile. Iniziata l'udienza, uno dei giudici si è accorto di essere incompatibile – circorstanza che poteva essere rilevata prima dell'udienza, e la causa stava per essere rinviata ancora una volta. Stavolta anche il ricorrente ha protestato, e il Presidente del collegio, in via "straordinaria", ha sostituito il giudice in tempo utile e l'udienza si è aperta regolarmente.

A sua volta il fascicolo é arrivato alla Suprema Corte dopo che due giudici, a Caltagirone e Messina, lo han dichiarato inammisibile. La legge del '98 sulla responsabilità civile dei giudici, infatti, limitava entro due anni dai fatti la possibilità di fare ricorso. Ma due anni dopo la morte di Marianna, il cugino non era ancora il tutore legale dei figli e i bambini, minorenni, non potevano certo agire. I precedenti giudici avevano quindi respinto l'istanza, senza trattarla affatto. La Suprema Corte ha invece "spostato" in avanti il termine dei due anni, facendolo appunto decorrere da quando l'uomo ha ottenuto la piena custodia dei ragazzi.

Si torna in aula a fine giugno.

Saverio Nolfo, l'uxoricida, e in carcere per scontate la sua pena a 20 anni. Dopo aver ucciso Marianna con 6 coltellate al petto e ferito il padre intervenuto per difenderla, è andato a costituirsi consegnando il coltello che aveva mostrato alla ex moglie decine di volte dicendole: "io con questo ti uccideró"

Alessandra Serio

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