Alla lunga relazione del sindaco, che ha riesumato la polemica con Bertolaso ed esposto i provvedimenti in itinere, ha fatto seguito il dibattito in aula, con molte frecciate e una “vera” proposta: dotare di risorse subito l’Ufficio Difesa del Suolo
Difesa d’ufficio, chiarimenti e “puntini sulle i”. Il “primo round” del consiglio comunale dedicato all’alluvione un risultato lo ha attenuto: mettere insieme e a confronto il sindaco Giuseppe Buzzanca (e la sua giunta -quasi- per intero) e il civico consesso, evento fin troppo raro in questo mandato amministrativo. Ha dato l’opportunità al sindaco di chiarire alcuni aspetti e di riferire su cosa si stia facendo nella gestione della fase post-emergenziale, ma anche ad alcuni consiglieri di togliersi qualche sassolino dalla scarpa e mostrare le proprie perplessità. Dopo aver ricordato le vittime con un minuto di silenzio, Buzzanca ha dato il là ad un lungo intervento, durante il quale ha ripercorso le prime ore della tragedia, ma anche ringraziato «col cuore» il prefetto Alecci, i volontari e tutte le forze scese in campo in queste settimane, compresi gli ordini professionali. Poi ha iniziato a mettere i famosi puntini sulle “i”. A partire dal “giallo” dell’allerta meteo. «Qualcuno, che poi si è corretto – ha detto Buzzanca – ha voluto far riferimento ad una corrispondenza che quotidianamente collega la Protezione civile nazionale, quella regionale e quella comunale: il 30 settembre hanno ricevuto un fax, intorno alle 18.15, in cui si dava contezza della previsione del tempo per le 24/36 ore successive: in quel documento, agli atti, si parlava di criticità ordinaria alla quale corrisponde uno stato di allerta, riconducibile ad un primo stadio di -attenzione-. Il giorno successivo, alle ore 19.38, si era già in piena tragedia e solo allora arrivò il secondo bollettino, in cui si diceva che l’attenzione era aumentata di un livello, con un -allerta- comunque poco distante dal primo livello di attenzione».
IL “CASO” BERTOLASO
Nel mirino di Buzzanca c’è ancora Guido Bertolaso, uno dei primi a puntare il dito contro un presunto abusivismo edilizio. «Il sottosegretario alla Protezione civile – ha detto il sindaco – si è recato nei posti alle primissime ore del giorno dopo. La mattina del 2 ottobre era stato peraltro già comunicato tutto alla presidenza del Consiglio dei Ministri ed il presidente Berlusconi, aveva messo all’ordine del giorno la proclamazione dello stato di emergenza subito definito. Il sottosegretario alla protezione civile si è recato sui posti facendosi una prima idea dei danni, e soffermandosi sul crollo di un edificio a Scaletta, con uno sfogo ripreso da molte televisioni, Bertolaso evidenziò le “difficoltà di intervenire se si costruisce sul greto del torrente”. In quel momento quella esternazione pur estemporanea, non era però suffragata dalla verità dei fatti: quell’edificio non era stato costruito nel greto del torrente, peraltro assottigliato per effetto della siccità annosa che hanno sofferto. Se si parla di abusivismo, bisogna parlare di abusivismo culturale, di piano regolatore generale abusivo, ma non dell’abusivismo di quell’edificio: non si poteva né doveva generalizzare né alla fine dire che Giampilieri, Molino, Briga, Altolia erano abusivi: così facendo si è detto qualcosa di inesistente! Da lì partì una campagna di stampa che ha favorito l’innalzamento di un -muro- che ha diviso la Sicilia, Messina dal resto del Paese; additati come abusivi e in alcune trasmissioni si è detto pure che in quanto abusivi, e quindi responsabili dei loro mali, -dovevano piangere se stessi-. In varie trasmissioni i diversi passaggi il sottosegretario Bertolaso aveva anche detto che la Protezione civile aveva allertato le Amministrazioni locali circa la necessità di porre in essere tutte le attenzioni necessarie a prevenire il disastro: così non è stato!Bertolaso stesso ha poi riferito alla Camere e al Senato che nessuna previsione nazionale, europea o mondiale avrebbe potuto prevedere ciò che è successo a Messina».
IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI: AIUTI, PROPOSTE E RICHIESTE
Il “muro” tra Messina e il resto del Paese si è leggermente ridimensionato, «da quel momento si è avviato un nuovo percorso, anche se vi è stato chi ha voluto additare la città, non il sindaco, come responsabile del disastro. Nel momento in cui vi è una menzogna chiara, forte ed evidente, ognuno sentire il dovere di difendere la città dalle aggressioni esterne. Non scattando la solidarietà o il meccanismo di attenzione nei riguardi della città, sono forse mancati quegli aiuti che avrebbero potuto aiutare di più la città stessa». Capitolo fondi: quella che Buzzanca definisce «solo una somma iniziale» sono i “noti” 60 milioni di euro, equamente divisi tra stanziamenti di Governo, Regione e ministero dell’Ambiente. Ma «la tragedia non si esaurirà nel momento in cui si darà sistemazione alloggiativa agli sfollati; occorre l’attenzione di tutti perché continuano i problemi e le difficoltà». Due i disegni di legge, ha ricordato Buzzanca, presentati all’Ars: quello redatto proprio dal sindaco, con la quale si propone l’assunzione per chiamata diretta di chi ha perso un caro congiunto e oggi non ha lavoro, e quello targato Giovanni Ardizzone (oggi assente) sul blocco dell’edilizia in attesa dell’aggiornamento del Pai. Ma servono più fondi: «Ho chiesto alla Regione 50 milioni di euro per la messa in sicurezza delle scuole. Ma non basta. In questa città ci sono decine di torrenti, noi al momento abbiamo attivato solo 11 presidi che ci costano, per ogni tecnico, 65 euro a persona. Ne dovessimo attivare 30, il minimo necessario, servirebbero 400 mila euro che questo Comune non ha». Buzzanca si dice anche «deluso dalla visita del commissario europeo Prado: non mi si dica che all’Unione Europea non c’è una via per dare un’assistenza particolare a Messina!».
LA FASE DELLA RICOSTRUZIONE
«Oggi – ha proseguito Buzzanca – bisogna capire quale deve essere la risposta da fornire concretamente agli sfollati: in questi giorni ci siamo occupati di tali problemi, cercando di dare risposte anche agli interrogativi che nascono quando un’ordinanza viene emessa in fretta, rischiandosi di scrivere articoli non pienamente intelligibili: occorreva capire quanto fosse il -ristoro- per ciascun cittadino sfollato, quale la valenza da attribuire al surplus di età e alla disabilità. Si è fatta anche un’indagine sul mercato immobiliare da cui scaturirebbe la disponibilità di 70 alloggi. Si farà un avviso pubblico attraverso il quale chiederanno a chi ha unità abitative libere di darne la disponibilità, con la priorità che si trovino in zona sud; si andrà poi avanti con la priorità dei servizi efficienti, offrendo anche un minimo di mobilio. Tutto ciò ha l’obiettivo di non snaturare l’identità delle comunità, ritenendo che sia giusto ricostruire Giampilieri, recuperando quella radice culturale antica e profonda. Contemporaneamente occorre dare assistenza psicologica e sociale e bisogno di un’assistenza capillare a favore di coloro che hanno perso il lavoro: commercianti, artigiani, titolari di esercizi produttivi. Oggi pomeriggio incontrerò i commercianti, alla presenza dei dirigenti regionali che si occupano dei problemi collegati alla mancanza di occupazione, che dovranno occuparsi anche delle attività private, ai quali va dato aiuto e possibilità di ripresa».
IL DIBATTITO: «L’AMMINISTRAZIONE CAMBI ROTTA»
Proposte poche, polemiche qualcuna, solidarietà e appoggio istituzionale in buona quantità. Il bilancio del dibattito seguito all’intervento del sindaco si può riassumere in questi termini. Tra le proposte merita di essere citata in particolare quella di Felice Calabrò: «Il Pd presenterà un ordine del giorno con il quale impegnerà l’amministrazione all’istituzione imminente dell’Ufficio Difesa del Suolo, che si occupi della perimetrazione delle zone a rischio dove sancire l’inedificabilità, a prescindere da ciò che dirà il Pai». L’esponente del Pd si è anche chiesto: «E’ pensabile che due dipendenti del Comune che hanno svolto un corso pagato, dal Comune stesso, in “disaster management”, fino a ieri fossero occupati in altri settori, tra i quali la cultura? E’ pensabile che l’unico geologo del Comune, Carmelo Gioè, sia stato praticamente esautorato dalle funzioni? E’ pensabile non cambiare rotta?». E proprio un cambiamento di rotta è stato invocato anche da Giuseppe Melazzo, che al sindaco non le ha mandate a dire: «Lei non ha la statura politica per guidare la città, che deve essere amministrata da un messinese». E ha aggiunto: «Mi sento responsabile di quanto accaduto in quanto appartenente ad una classe dirigente mediocre: quanto è successo è il risultato di decenni di mala amministrazione. Quella intrapresa non mi pare la strada giusta, questo anche perché soffriamo di una mancata rappresentatività, da parte del sindaco e dei deputati, di fronte alla Nazione». Responsabile si sente anche Pippo Trischitta: «Si sono spesi milioni di euro per la zona nord, lasciando all’asciutto la zona sud, nonostante quanto è successo due anni fa proprio a Giampilieri». La “difesa d’ufficio” stavolta è toccata a Pippo Ansaldo, che ha ricordato le richieste di fondi inoltrate dall’amministrazione prima che il disastro accadesse. Sebastiano Tamà ha invece parlato di “questione meridionale”, a proposito della quasi “indifferenza” mostrata dal resto del Paese nei confronti della tragedia messinese. Per Giuseppe Chiarella non è il momento delle polemiche ma delle proposte e dei chiarimenti, in particolari su temi importanti e concreti come l’ufficio antisciacalaggio, le difficoltà nella ricezione telefonica in alcuna delle zone alluvionate ma anche nel comprendere come e a chi andranno i contributi economici. Per questo Gaetano Gennaro invoca un maggior coinvolgimento delle comunità colpite, mentre Nino Carreri, dopo aver sottolineato il grande ruolo delle associazioni di volontariato, ha sollevato pesanti dubbi sulla scelta del capannone Rfi come deposito degli aiuti: «Un luogo sporco, dove vengono segnalati persino topi e pulci». Al prossimo venerdì per il “secondo round”.
(foto Sturiale)
