Nel nome del tuo sangue, best-seller grazie al passaparola, è un'avvincente caccia all'assassino
Si è detto e scritto molto circa la banalità del male da Hannah Arendt in poi ma Nel nome del tuo sangue (Longanesi editore, trad. it. Maria Laura Vanorio, pp. 208, €16), il nuovo romanzo dello stimato reporter francese, Jacques Expert, aggiunge un punto di vista importante con una declinazione tristemente quotidiana.
La vita di Antonio Rodrigues e della sua famiglia è sconvolta dalla tragica morte del figlio, investito da un pirata della strada. Ma piuttosto che scrivere un romanzo sul lutto, la perdita e il dolore, Expert sceglie un doppio punto di vista: da una parte l’implacabile sete di vendetta che si fa largo in Antonio e sua moglie e dall’altra parte, la voce sprezzante di Jean-Pierre Boulard, l’assassino. Trentottenne, dirigente presso la Gaboriaud S.p.a., Jean-Pierre è l’emblema del borghese: ama la sua famiglia, detesta le lamentele e le richieste d’attenzioni della moglie ma non la tradirebbe – almeno non più – per evitare rotture. Una sera come tante, dopo aver alzato il gomito con amici e aver accuratamente evitato i posti di blocco della polizia, per rispondere al cellulare urta la bici del ragazzino che finisce in una scarpata. Paralizzato dalla paura si ferma ma poi scappa. E’ convinto di non avere colpa ma TUTTI gli darebbero del mostro, lo crocifiggerebbero. E allora scappa.
-Una cosa è certa: Non mi ha visto nessuno. Ho avuto un gran culo e ho fatto bene a svignarmela. Va bene così-.
Expert sceglie e gestisce con cura una narrazione alternata che via via si tramuterà in una vera e propria caccia all’assassino. Perché tutto poteva pensare Jean-Pierre, il dirigente con una reputazione da tutelare, tranne di aver ucciso il figlio di un suo dipendente. Uno di quelli che lavora e non dà fastidio a nessuno per giunta. E così gli toccherà mostrarsi affranto, andare al funerale del piccolo e persino, accodarsi al coro dei colleghi che spera che prendano il mostro. Ovvero se stesso.
Difficile dire altro senza dire troppo. Aggiungo che Jean-Pierre cerca di districarsi senza dare troppo nell’occhio grazie a ciò che ricorda di C.S.I.. La sua Renault è macchiata della vernice della bici del bimbo e lui deve solo sperare che nessuno risalga sino a lui.
Ma sin dalle prime tre pagine sappiamo che undici mesi dopo la morte del figlio, Antonio è deciso a vendicarsi. Difficile non prendere le sue parti durante quest’appassionante e scorrevole, narrazione che racconta il male quotidiano. E la sua sconvolgente banalità.
