Nuovo processo ma condanna ugualmente pesante per il boss messinese accusato di essere l'esecutore del delitto di Villa Lina, nel '92. La condanna all'ergastolo era stata annullata per riformulare l'accusa: Di Dio era tra i mandanti, ma non tra gli esecutori.
Condanna a 30 anni, in abbreviato, per il boss messinese Domenico Di Dio, comparso stamani davanti al Gup Massimiliamo Micali per rispondere dell’omicidio Antonino Stracuzzi, avvenuto nel 1992 a Villa Lina. Di Dio era stato già giudicato per l’omicidio, nel 2010, e condannato all’ergastolo. Poi alla fine del 2012 i giudici d’appello avevano annullato la condanna e rinviato gli atti al pm perché la contestazione mossa al boss era formulata non correttamente. Di Dio era infatti indicato come esecutore, ed invece le indagini hanno stabilito che dell’omicidio fu uno dei mandanti, ma non faceva parte del gruppo di fuoco che gli sparò. Nuovo processo, quindi, oggi concluso in abbreviato con la condanna a 30 anni anziché al carcere a vita, per la scelta del rito alternativo che consente uno sconto di pena. Era difeso dall’avvocato Salvatore Silvestro. In aula anche il pm Giuseppe Verzera, che ha chiesto la condanna poi emessa dal gup Micali.
In secondo grado nel 2012 era stata ridotta la pena per Antonino Romano, in primo grado condannato a 25 anni di reclusione, in II grado a 18 anni ed 8 mesi.
Antonino Stracuzzi fu ucciso il 14 ottobre 1992 nella piazzetta di villa Lina, mentre era a bordo della sua Fiat Croma. I sicari gli esplosero contro numerosi colpi di pistola, due, calibro 7,65 e 357 Magnum. Un agguato in pieno stile mafioso: si avvicinarono all’auto e lo crivellarono di proiettili. Quello di Stracuzzi fu uno dei tanti omicidi che insanguinarono Messina negli anni a cavallo tra gli 80 e i 90, periodo cruciale della lotta tra clan rivali in città.
