Il concordato non passa, ultimo atto per Messinambiente: sarà fallimento

Il concordato non passa, ultimo atto per Messinambiente: sarà fallimento

Francesca Stornante

Il concordato non passa, ultimo atto per Messinambiente: sarà fallimento

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venerdì 26 Ottobre 2018 - 15:31

I creditori, soprattutto l’Agenzia delle Entrate e l’Inps, hanno confermato il no al piano proposto dalla società per ripianare i debiti milionari. Messinambiente all’ultima spiaggia, dovrà comparire di fronte al Collegio fallimentare.

La data è stata fissata. Ci sarà l’ultima udienza, Messinambiente dovrà tornare in Tribunale, forse per l’ultima volta, per capire se sarà fallimento o se ci sarà ancora qualche appiglio per salvare quel concordato che è stato costruito proprio per evitare la dichiarazione di fallimento della società che gestiva i rifiuti in città. Anche se ormai sembrano non esserci più margini di legge per agire.

Il giudice Giuseppe Minutoli ha decretato che il prossimo 7 novembre Messinambiente dovrà presentarsi in aula per essere ascoltata prima della chiusura definitiva di un iter che è stato lungo, delicato, complicato e che vale 100 milioni di euro di debiti che Messinambiente ha sulle spalle e che questo concordato ha provato a ridurre a 30 per sanare una condizione economico-finanziaria drammatica.

Il giudice scrive che dalla relazione redatta dai commissari giudiziali dopo l’assemblea dei creditori, depositata lo scorso11 ottobre, risulta che non sono state raggiunte entrambe le maggioranze previste dalla legge fallimentare. Insomma, non c’è stata la maggioranza assoluta per i crediti, soprattutto per il voto negativo dell’Agenzia delle Entrate, con cui Messinambiente ha un debito che sfiora i 57 milioni di euro.

Messiambiente, subito dopo il no dei creditori, tra i più grandi c’è anche l’Inps, ha presentato ricorso alla Commissione Tributaria di Messina contro l’Agenzia delle Entrate, chiedendo alla commissione di dichiarare illegittimi alcuni atti prodotti dall’Agenzia già dal mese di luglio, atti che hanno poi portato al parere negativo sul concordato, con «conseguente istanza di ordinare all’Ufficio finanziario di esprimere voto favorevole alla proposta di concordato». Con questo strumento Messinambiente ha provato a giocare un’altra carta a suo favore per avere un’altra chance, ma su questo fronte non ci sono stati risvolti, la commissione tributaria ha rinviato tutto al 21 dicembre, e il giudice ha proseguito sulla procedura concordataria che sembrava essere rimasta in stand-by.

A dettare i tempi è la legge fallimentare richiamata nell’atto che il prossimo 7 novembre porterà Messinambiente in Tribunale che prevede che se nei termini stabiliti non si raggiungono le maggioranze richieste, il giudice delegato ne riferisce immediatamente al tribunale, che deve provvedere ad ascoltare il debitore, in questo caso Messinambiente, prima di pronunciare l’improcedibilità della proposta concordataria.

«Occorre sentire il debitore in camera di consiglio (disponendone la comparizione in udienza appositamente fissata), mentre l’eventuale fallimento potrà essere pronunciato solo su istanza di uno opiù creditori o su richiesta del Pubblico Ministero, accertati i presupposti previsti dalla legge».

Quindi Messinambiente si trova praticamente all’ultima spiaggia. Dovrà presentarsi in Tribunale davanti al Collegio fallimentare per l’udienza camerale il prossimo 7 novembre alle 11. Ad oggi il concordato è praticamente finito. I creditori non hanno fatto passi indietro, non hanno accettato la proposta che metteva sul piatto 30 milioni di euro per chiudere una partita che ne vale oltre 100. Probabilmente i legali tenteranno di trovare un altro appiglio per scongiurare la dichiarazione di fallimento. Se così non sarà dovranno essere i creditori o il Pubblico Ministero a decretare la fine di Messinambiente. E non bisogna dimenticare che nel novembre 2016 fu proprio il Tribunale a richiedere il fallimento di Messinambiente, ordinando la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero affinché proponesse istanza di fallimento della società, non solo a causa del debito tributario, ma di una generale situazione debitoriad ella società che all’epoca, dal bilancio 2014, risultava superiore ai 70 milioni di euro (VEDI QUI)

Questo scenario aprirà una voragine per Palazzo Zanca e una fase di totale incertezza per la gestione rifiuti in città e per quella MessinaServizi nata come costola e pilastro di questa grande operazione chiamata concordato.

In queste due settimane anche l’amministrazione De Luca dovrà vagliare quale posizione assumere, considerato che fino ad oggi è rimasta “neutrale” rispetto a un iter che non ha condiviso ma neanche ostacolato. E considerato anche che quello del 7 novembre dovrebbe essere il primo appuntamento in Tribunale con il nuovo liquidatore Pietro Picciolo, scelto da De Luca al posto di Giovanni Calabrò, che invece ha portato avanti con ostinazione e determinazione questa strada del concordato anti fallimento.

Il conto alla rovescia è iniziato. Il 7 novembre alle 11 si scriverà un’altra pagina, forse l’ultima, della storia travagliata di Messinambiente.

Francesca Stornante

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