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A Reggio Simonetta Agnello Hornby, la scrittrice della “cuntintizza”

REGGIO CALABRIA – Spesso si sente dire: in giro ci sono più scrittori che lettori e se diamo uno sguardo al numero di pubblicazioni e auto pubblicazioni non possiamo fare a meno di dare ragione a questo “detto”. La facilità con cui è possibile entrare nel mondo degli scrittori è quasi imbarazzante tanto che 30 pagine di parole casuali si ergono a libro per la felicità spesso solo di amici e parenti. Per fortuna in questo mondo ormai diventato così facile continuano a spiccare penne d’oro che tengono alto il nome della letteratura italiana nel mondo come nel caso della scrittrice Simonetta Agnello Hornby, protagonista dell’evento Cena con l’autore organizzato dalla libreria Ave in sinergia con il ristorante L’A Gourmet L’Accademia Art Gallery e moderato dalla giornalista Ilda Tripodi.

“La scrittura mi ssicuta”

Simonetta, donna arguta e straordinaria che si scopre scrittrice all’età di 50 anni e che dal quel momento non smette più “sono un avvocato, non mi hai interessato scrivere altro che le vicende dei miei clienti. Un giorno, esattamente il due settembre del 2000 rientrando in Inghilterra mi sono ritrovata, durante il viaggio, per la prima volta nella mia vita senza qualcosa da leggere perché mia madre aveva riempito la mia valige di vasetti di marmellata – Simonetta sorride e alza gli occhi nel ricordo di una madre del sud- un ritardo di quattro ore, la noia sentivo una sensazione terribile e in quel momento arrivò La Mennulara. Poi arrivò la Zia Marchesa ad assicutarmi, mi chiedeva di essere scritta. E da allora scrivo, e scrivo. Scrivere è bellissimo, conoscere i lettori è ancora più bello.”

Simonetta o Gloria?

I suoi personaggi sono soprattutto femminili. Caratteri forti, capaci di lottare tratteggiati all’interno di una Sicilia magnifica. Protagoniste potenti raccontate in modo deciso e originale “scrivo di donne, forse perché sono una donna che per la famiglia doveva nascere maschio, mia nonna non volle darmi il suo nome. Portai, quindi, scompiglio fin da subito tanto che infine il mio nome, tra i tre proposti, lo scelse direttamente l’impiegato del comune. Gloria, però era troppo bello per una bambina bruttina, o almeno così disse mia madre e allora scelsero nuovamente e fui battezzata Simonetta. Impiegarono dieci anni a cambiare il nome sui documenti. Non voluta come femmina da allora diventai Simonetta Gloria e forse fu proprio questo a cambiare il mio destino e il mio approccio verso il mondo. Non sono timida, non sono malinconica. Odio le ingiustizie, credo nella denuncia e spero sempre perché quando spero sento cuntintizza.”