Omicidio Omayma, confermato l’ergastolo al marito

Nessuno sconto in appello per Fouzi Dridi, il tunisino reo confesso dell'omicidio di Omayma Benghaloum, uccisa in casa, il 4 settembre 2015, sotto gli occhi delle quattro figlie, tutte minorenni. I giudici di II grado hanno confermato la condanna del carcere a vita inflitta al marito della donna lo scorso gennaio. La Corte d'Appello ha inoltre confermato tutte le statuizioni civili, dalla provvisionale di 10 mila euro per ogni familiare costituito parte civile e 2500 euro al Centro Donne Anti Violenza.

La difesa dell'uomo aveva chiesto l'assoluzione dall'accusa di maltrattameto, e la ridetermina della pena decisa per l'omicidio, con l'esclusione dei futili motivi e le aggravanti, sottolineando che il comportamento dell'uomo, prima e durante il processo, era stato "ineccepibile". I familiari delle bambine e i genitori di Omayma hanno chiesto alla Corte di riascoltare la registrazione del processo di primo grado, durante il quale era stata ripercorsa l'agghiacciante storia della donna, colpita violentemente con un bastone acuminato.

Omayma lavorava come mediatrice culturale per la Questura di Messina, aiutando il personale durante i continui sbarchi di migranti, e stava crescendo le figlie secondo principi ben più liberali di quelli del marito. Fatti, questi, che erano alle base dei continui litigi col marito. Proprio tra le quattro mura domestiche, al culmine dell'ennesima lite, Dridi ha afferrato un bastone ed ha percosso la moglie a morte. Poi è uscito e, con una figlia per mano, si è presentato in Questura e si è consegnato.