Per la Cassazione De Luca non doveva essere arrestato: ecco perché

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mercoledì 28 Marzo 2012 - 14:55

Le motivazioni della sentenza, che però non entra nel merito dei reati contestati al deputato di Sicilia Vera

Cateno De Luca, deputato regionale di Sicilia Vera, dal suo “feudo” di Fiumedinisi e non solo continua a parlare di complotto ai suoi danni, prendendo di mira tutti, dai politici ai magistrati, fino alla stampa. Solo il tempo dirà la verità definitiva sull’inchiesta che ha investito De Luca su una presunta speculazione edilizia proprio in quel di Fiumedinisi, dove il deputato era anche sindaco. Nel frattempo sono state rese motivazioni della sentenza del 20 dicembre scorso con cui la Cassazione ha annullato il divieto di dimora (susseguente agli arresti domiciliari) per l’insussistenza delle esigenze cautelari. «Il Tribunale del Riesame – ha affermato la Corte – ha dato conto, con motivazione sufficientemente congrua e logica, della sussistenza dei gravi indizi per il reato di falso e sarà successivamente conto della fase dibattimentale vera e propria confermare la sussistenza dell’apparato accusatorio a fronte delle corpose contestazioni operate dalla difesa, soprattutto in relazione all’ulteriore fattispecie della tentata concussione e che avendo attinenza con il fatto non possono essere messe in discussione avanti questa Corte di legittimità».

Per quanto riguarda la specifica parte riguardo alle esigenze cautelari, «ove invece l’impugnato provvedimento mostra pecche non emendabili è quanto alla sussistenza della esigenze cautelari. In fatto nell’ordinanza del Giudice del merito si pone soprattutto l’accento sull’esigenza di scongiurare reati della medesima specie, di quelli per cui si procede, ma a questa Corte sfugge in che modo possa parlarsi di probabilità di reiterazione allorquando: il pericolo di ulteriori contatti con le persone offese risulta superato dall’acquisizione delle loro deposizioni all’atto del procedimento, come ricavabili dalle stesse considerazioni espresse in sede di motivazione della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza; i fatti risultano alquanto remoti, per cui il pericolo di recidiva non è logicamente presumibile. L’imputato non è neppure più sindaco del comune e, quindi, in grado di incidere formalmente sull’attività amministrativa dell’Ente Locale, compiendo fatti connessi alla sua attività di Amministratore».

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