Case, immobili e condominio in pillole

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giovedì 03 Gennaio 2019 - 12:04
confedilizia messina

MESSINA –

LOCAZIONE

Locazione conclusa: è obbligatorio il verbale di riconsegna?
Non è obbligatorio redigere al termine della locazione un verbale di riconsegna dell’immobile, ma è di certo buona norma farlo affinché sia possibile cristallizzare lo stato dell’immobile medesimo e – in ipotesi di danni al bene locato – si abbia la prova dei pregiudizi di cui è legittimo chiedere in via giudiziale il riconoscimento ed il soddisfacimento anche sulla somma costituente il deposito cauzionale versato dall’inquilino.
A chi spetta lo spurgo dei pozzi neri?
L’art. 9 della L. 392/1978 recita: “Sono interamente a carico del conduttore, salvo patto contrario, le spese relative al servizio di pulizia, al funzionamento e all’ordinaria manutenzione dell’ascensore, alla fornitura dell’acqua, dell’energia elettrica, del riscaldamento e del condizionamento dell’aria, allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine, nonché alla fornitura di altri servizi comuni”.
Il proprietario, salvo diverso accordo contrattuale tra le parti, può richiedere al conduttore il rimborso della spesa affrontata per l’intervento di spurgo di pozzi neri e della fogna.
Le spese per la manutenzione del bene oggetto di comodato
In tema di comodato l’art. 1808 c.c. (sotto la rubrica “Spese per l’uso della cosa e spese straordinarie”) fissa la disciplina degli obblighi e dei diritti delle parti relativamente alle spese per l’uso e la manutenzione del bene oggetto del contratto. La norma dispone che, in via generale, “il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa”, con una eccezione: egli ha “diritto di essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa se queste erano necessarie e urgenti”. Nell’applicare tali regole la giurisprudenza ha affermato che al comodatario non sono rimborsabili le spese straordinarie non necessarie e urgenti nemmeno nel caso in cui esse comportino miglioramenti del bene oggetto del rapporto: ciò – si è sottolineato (Cass. ord. n. 18063 del 10.7.’18) – deve affermarsi perché nel caso non possono applicarsi né l’art. 1150 c.c. (perché il comodatario non è possessore), né l’art. 936 c.c. (perché il comodatario non è terzo anche quando agisce oltre i limiti del contratto), né infine l’art. 1595 c.c. in via di richiamo analogico (perché un’indennità per i miglioramenti è negata anche al locatario). In tale contesto si è ritenuto che dovesse riconoscersi al comodatario solo lo ius tollendi per le addizioni (così sempre Cass. ord. n. 18063/’18). Alla luce dei principii ora indicati si è affermato che pertanto “il comodatario che, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione (nella specie straordinaria) può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse” (Cass. sent. n. 17941 del 24.7.’13). Alla stregua dell’insegnamento per cui dunque il comodatario che, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione straordinaria che non siano riconducibili alla categoria delle spese straordinarie necessarie e urgenti per la conservazione della cosa può liberamente scegliere se provvedervi o meno ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può conseguentemente pretenderne il rimborso dal comodante, si è ritenuto che se un genitore concede un immobile in comodato per l’abitazione della costituenda famiglia del figlio, egli non è obbligato al rimborso delle spese, che non siano necessarie né urgenti, sostenute da uno dei coniugi comodatari durante la convivenza familiare per la migliore sistemazione dell’abitazione familiare (Cass. ord. n. 15699 del 14.6.’18). Quanto poi alla posizione ed agli obblighi del comodante rispetto alla manutenzione del bene, si ritiene che – escluso che il comodante sia soggetto all’obbligo di consegnare la cosa in condizione di idoneità a soddisfare un determinato standard qualitativo – sia parimenti da escludere che egli sia gravato da un’obbligazione di manutenzione straordinaria del bene, che avrebbe senso solo se sussistesse un obbligo del comodante di mantenere inalterata la qualità del godimento: ciò trova ragione nel carattere di gratuità del rapporto che, nel suo complesso, esclude che il comodante sia tenuto nei confronti del comodatario ad altro che non sia il semplice astenersi dall’interferire con il godimento che, una volta stipulato il contratto di comodato, a questi spetta. È chiaro infatti che l’imposizione al comodante di un’obbligazione di manutenzione straordinaria, nel quadro di un contratto connotato dalla sua essenziale gratuità, renderebbe particolarmente gravoso il suo sacrificio economico: ed è appunto per ciò che di una tale obbligazione nella legge non vi è traccia (Cass. ord. n. 15699/’18). Paolo Scalettaris
CONDOMINIO
Società che svolga l’incarico di amministratore condominiale e obblighi di formazione
La legge di riforma del condominio (l. n. 220/’12) ha espressamente consentito di svolgere anche alle società l’incarico di amministratore condominiale. Ciò posto, occorre aver presente, allora, chi, nell’ambito di queste società, sia chiamato a frequentare i corsi di formazione iniziale e periodica. Per rispondere bisogna prendere l’avvio dal disposto del nuovo art. 71-bis, terzo comma, disp. att. cod. civ., il quale stabilisce che possano svolgere l’incarico di amministratore anche le “società di cui al titolo V del libro V del codice civile”. Si tratta di società semplici, società in nome collettivo, società in accomandita semplice, società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata (cfr. C. Sforza Fogliani, Codice del nuovo condominio, ed. La Tribuna, VI edizione, 2018, 248). In questi casi – sempre ai sensi del citato art. 71-bis – “i requisiti” per svolgere l’incarico in questione “devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali le società prestano i servizi”. Premesso che tra “i requisiti” cui si riferisce la norma c’è anche, ovviamente, quello di frequentare i corsi di formazione in parola e che non solleva particolari problemi interpretativi il riferimento – contenuto sempre nella stessa norma – agli “amministratori” (individuabili sulla base dell’atto costitutivo e dello statuto delle società) e ai “dipendenti” (che devono solo essere quelli “incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii”), per rispondere compiutamente al quesito ciò che va chiarito è, allora, chi siano “i soci illimitatamente responsabili” delle diverse società che – come abbiamo visto – sono richiamate dall’art. 71-bis disp. att. cod. civ. Secondo il codice civile tali sono i soci delle società semplici e in nome collettivo nonché i soci accomandatari delle società in accomandita semplice e in accomandita per azioni. Anche questi soggetti, dunque, dovranno frequentare i corsi di formazione affinché le società di cui fanno parte possano svolgere legittimamente l’attività di amministratore condominiale. È da tener presente, infine, che nell’oggetto sociale, tra le attività della società, si ritiene debba essere indicata anche quella di amministrazione di condominii.

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