La Cgil in piazza per la mobilitazione della città “scartata”

La Cgil in piazza per la mobilitazione della città “scartata”

La Cgil in piazza per la mobilitazione della città “scartata”

venerdì 27 Novembre 2009 - 07:56

Intervista a 360 gradi con Lillo Oceano, segretario provinciale della Camera del Lavoro, in vista della manifestazione nazionale di questa mattina che vedrà in riva allo Stretto il segretario nazionale Epifani

Una mobilitazione per il Mezzogiorno, per il lavoro, per lo sviluppo, per la legalità. E’ quella organizzata per questa mattina dalla Cgil, e non poteva che avere come fulcro Messina, la città “scartata”, che per l’occasione ospiterà il segretario nazionale Guglielmo Epifani. Della manifestazione, della “ribellione” invocata a gran voce contro un processo che porta a fare di Messina una città “fantasma”, parliamo con Lillo Oceano, segretario provinciale della Cgil, che spiega innanzitutto perché Messina è il centro della mobilitazione di domani. «Messina è stata al centro di tante vertenze in questi mesi, ma nell’ultimo periodo la condizione della città è andata via via peggiorando. E’ una città sempre più scartata, vittima di un’incapacità ad accedere alle risorse che ha portato ad un generale decadimento socio-economico». La carrellata dei problemi è così ricca da offrire l’imbarazzo della scelta. «Partiamo dalle infrastrutture: siamo fermi da anni, per l’oggettiva incapacità degli amministratori locali a progettare, ma anche perché le risorse non arrivano. Messina con lo Stretto dovrebbe essere il nodo fondamentale per i collegamenti con la penisola, ma di contro assistiamo all’abbandono delle Ferrovie. Non solo non si realizza l’implementazione strutturale di cui si avrebbe bisogno (penso al raddoppio delle linee Messina-Catania o Messina-Palermo), ma addirittura si taglia».

Per Oceano «quello di cui si è parlato recentemente è solo un mezzo passo indietro apparente, in realtà si continuano a tagliare treni e vetture, forse anche quelli notte. E se dalla Finanziaria non arriveranno le risposte auspicate, quel progetto di dismissione da noi smascherato potrà andare avanti». Ma le infrastrutture sono anche altro: «Autostrade, strade, porti, senza contare il supporto fondamentale che all’economia dà il trasporto merci. Il taglio dei cargo, infatti, è devastante». Parlando di infrastrutture è inevitabile qualche battuta sul Ponte: «E’ illogico e rappresenta un paradosso: con una struttura di così avanzata tecnologia, è pensabile che solo dopo si realizzi l’alta velocità? E nel frattempo, cosa accadrebbe? Alla qualità della vita servono altre opere, che per ogni euro investito porterebbero ad un effetto di gran lunga maggiore».

Altro punto saliente: la crisi economica che da più di un anno attanaglia l’Occidente, l’Europa, l’Italia e, soprattutto, il Mezzogiorno. «E’ un problema nel problema, anche perché si fa fatica per mostrarne i segni. Nel febbraio scorso abbiamo presentato il primo report sula crisi, poi c’è stato un episodio che voglio ricordare: la morte di Natale Barca nel corso della vertenza del bar della Stazione. Quel bar è ancora chiuso. Quando accadono queste cose il rischio è di perdere tutto il tessuto sociale ed economico. Di segnali ne abbiamo tanti, ed una delle cause che acuiscono la crisi qui da noi è proprio la carenza di infrastrutture, che comporta maggiori costi per le imprese». I settori più colpiti sono anche quelli storicamente più produttivi per il nostro territorio. «Si pensi alla cantieristica, sia quella tradizionale, come il caso Rodriquez, sia quella da diporto. Qui il ricorso agli ammortizzatori sociali è stato solo l’anticamera della chiusura, con conseguente esclusione dei lavoratori dal ciclo produttivo e perdita di reddito. Dal 2008 si pensi che sono circa 2000 le aziende del settore che hanno cessato la propria attività».

«E poi c’è il tessile – continua Oceano – con l’esempio della Castello, ma anche di altre piccole e medie aziende. Bisogna capire che in questo caso, con una crisi così prolungata, la chiusura delle imprese causa la dispersione del patrimonio delle conoscenze. Fino a ieri ha prevalso l’aspetto economico e la logica della massimizzazione dei profitti, ciò ha portato alla perdita dei saperi, e dunque della filiera economica. Parliamo di settori con moltissimi addetti, circa 800 per il tessile, più del doppio per la cantieristica. A questo aggiungiamo i problemi del credito, dell’aiuto pubblico, dell’assenza dei governi centrale e regionale nel sostegno alle imprese del Sud». Un tentativo è stato fatto con i tavoli anticrisi, «ma se da un lato abbiamo trovato risorse, dall’altro ne sono sparite. E così si allarga la forbice Nord-Sud».

A proposito del contributo dei governi e dunque del pubblico: «I trasferimenti diminuiscono: sia quelli per investimenti, sottratti al Mezzogiorno per essere utilizzati al Nord, sia quelli per la spesa corrente, e questa è una novità. Ma Messina rischia di essere vaso di coccio tra Palermo e Catania, città scartata anche rispetto al Mezzogiorno, il Sud del Sud. Si pensi ai 4 miliardi di Fondi Fas: poco o nulla per Messina. La contrazione della spesa pubblica comporta tagli negli appalti, nei servizi della Pubblica amministrazione, nei servizi sociali. Quest’ultimo caso è particolarmente grave perché oltre alla disoccupazione si generano disagi per le utenze maggiormente disagiate della nostra comunità».

Ecco, dunque, perché la mobilitazione avviene proprio a Messina: «Era già un’idea, ma è chiaro che la vicenda dell’alluvione ha dato la motivazione decisiva, di cui avremmo fatto volentieri a meno. E qui si apre un altro fronte, quello della sicurezza del territorio. Per quanto ne avessimo parlato anche prima, l’alluvione ha creato la consapevolezza del dissesto idrogeologico e la necessità di occuparsi della questione. Ma è successo dell’altro: la vicenda è stata considerata di “serie B”. Il messaggio passato è stato: “E’ colpa vostra”. Messina non ce la fa nemmeno ad avere ciò che le spetta. La nostra manifestazione, dunque, con la presenza di Epifani ha anche questo scopo: far ridiventare Messina un caso nazionale».

Oceano si pone una domanda che tanti altri dovrebbero farsi: «Qual è il destino dei giovani che non hanno un lavoro o che hanno perduto quello precario? E di fronte a questo, chi rappresenta questa terra e i suoi problemi?». Si apre, dunque, una parentesi politica: «Si continua a ragionare per rapporti “amicali”: ho telefonato a tizio, caio farà questo, me lo ha assicurato sempronio. La realtà sociale, però, è che la gente non ce la fa, i pensionati sono avviliti. Abbiamo parlato con le persone, siamo stati nelle piazze, nei mercati, nei luoghi di lavoro. C’è un clima di paura e preoccupazione, e cresce la consapevolezza di vivere in una città scartata». Per questo Oceano considera «importante l’adesione alla mobilitazione. E’ fondamentale che questo territorio si ribelli». E il segretario della Cgil una prima soddisfazione la conserva: «Forse se Lombardo e Berlusconi si premurano di venire a Messina è perché si preoccupano di dare delle risposte. Anche nei confronti della mobilitazione».

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