Intanto continuano le polemiche per il trattamento riservato all’opera di Viola Mondello in occasione del passaggio del Giro d’Italia. L’architetto Mirabello: «A palazzo siamo tutti fragili». Un’altra dei dodici artisti del “Natale degli angeli”, Francesca Borgia: «Solo quattro opere hanno resistito all’incuria»
La denuncia dell’artista Viola Mondello sulle modalità di spostamento dell’opera “Fragile a Palazzo” da piazza Unione Europea, in occasione della tappa del Giro d’Italia, ha aperto un fronte innegabilmente polemico in merito ai rapporti tra Cultura, Arte, Amministrazione e gestione della cosa pubblica. Commenti a pioggia sono stati “postati” nell’articolo pubblicato ieri riguardante la denuncia della Mondello (correlati in basso), punti di vista svariati anche di professionisti e addetti ai lavori, la maggior parte dei quali hanno voluto esprimere solidarietà nei confronti dell’artista in virtù di quanto accaduto.
Un’analisi più approfondita ci è stata inviata dall’architetto Luciano Mirabello, tra l’altro rappresentante del gruppo di professionisti che si oppone ai progetti redatti dalla Stu Tirone: «Fino a qualche giorno fa in Piazza Municipio stava seduta un creatura lieve, uno scheletro aereo di scultura, una pacata figura Trilli di città (ricordate la fatina di Peter Pan?). Poi arrivò una causa di forza maggiore, una necessità logistica per il gran Giro d’Italia, arrivarono ordini di rimozione, gli assessori ordinarono, gli esecutori la rimossero malamente. La “Trilli di città” si ruppe, confermando la sua fragilità nei confronti del palazzo. Ho letto le parole con cui la giovane artista Viola Mondello racconta il dolore alla vista della sua creatura irrimediabilmente fratturata. Ho letto come la stessa scultrice racconta le spietate motivazioni degli amministratori, il concetto proprietario dei beni pubblici che permetterebbe di decidere persino il destino finale e mortale delle istallazioni d’arte. Qui non si parla del valore delle singole opere d’arte; del significato più o meno riuscito delle istallazioni urbane apparse durante il Natale degli Angeli a Messina, si parla della capacità di avere cura della città e dei beni comuni, si parla di fermare la tendenza alla dissipazione delle cose, delle idee, delle cose immateriali e materiali. Fragile a Palazzo ci racconta semplicemente di come a palazzo siamo tutti fragili, adesso la scultura a cui hanno rotto la schiena ha abbandonato la città coricandosi su un prato extraurbano scelto dalla sua stessa madre e padre Viola. Nomen omen dicevano i latini, e cosi amaramente dico a Viola che il nome che aveva scelto per la scultura conteneva gia il triste presagio o la profezia! Fragile a Palazzo è stata per qualche mese una scultura in asse ai portoni del Gran Mirci, oggi fuori dal Palazzo, coricata di fianco sul prato è improvvisamente e misteriosamente più matura e anche più forte e robusta, l’arte sorprendentemente continua».
Parole amare come quelle di Francesca Borgia, un’altra degli artisti che hanno prodotto le opere nell’ambito della rassegna “Natale degli Angeli”: «Sono un’Artista e quando parlo di Cultura penso a quelle persone non prevedibili e non ricattabili che con la propria capacità e forza organizzativa sanno confrontarsi con i temi e i problemi che oggi formano la coscienza del mondo – spiega -. Sono una cittadina e penso che la cultura si attui quando la politica ricerca i propri talenti, li sostiene nella formazione, li accompagna verso la libera maturazione e propone ambiti in cui la collettività possa gradualmente apprezzarne la crescita. Così 12 artisti a Dicembre, a fronte di grandi sacrifici ed energie, hanno aderito al progetto “Street Angels”che prevedeva la collocazione di altrettante opere distribuite nel centro cittadino. Progetto voluto da questa Amministrazione, presentato da un pieghevole scritto dal sindaco Buzzanca che recitava: “…Oggi più che mai occorre essere Messinacentrici per essere protagonisti del territorio e coi territori…” Peccato che gli stessi amministratori non abbiano battuto ciglio di fronte alle reiterate vandalizzazioni delle opere: parole che si infrangono miseramente contro la realtà dei fatti poiché mostrano il disprezzo totale dei politici verso la cosa pubblica, autorizzandoli sostanzialmente a dire: sono beni che appartengono al Comune e possiamo farne quello che vogliamo! Mentre l’Artista affronta i rischi e le potenzialità della sua opera diffusa sul territorio, convinto che debba essere il pubblico il vero fruitore degli eventi culturali, i nostri ignoranti amministratori,cancellano definitivamente la possibilità di una integrazione territoriale fra artisti e cittadini. Attraverso l’opera l’artista può contraddire un ordine costituito, invitare alla contemplazione di un luogo e indicarne il cambio di prospettiva. L’Artista riesce a cogliere lo spazio in senso strutturale ed emozionale in un modo cui prima non si era abituati, e forse riesce perfino a far affezionare il cittadino all’opera così da percepirla tutt’uno con l’ambiente circostante. Ma, di tutto ciò i politici se ne fregano, e con la pochezza di professionalità che li connota,pretendono di fare e disfare tutto quello che i cittadini fanno per rendere più umana, vivibile, bella, questa città che invece è specchio della loro anima: una città spazzatura. Delle dodici opere solo quattro stanno resistendo all’incuria e al vandalismo, della mia rimane ben poco».
Un altro punto di vista, puntato in direzione opposta, è quella di Salvatore Piconese, che afferma: «Vorrei far notare come l’opera da tempo accasciata sotto il sole e la pioggia abbia deteriorato la pavimentazione di ruggine e l’erba circostante. Le due facce di terra sono ridotte in poltiglia e usate per far defecare i cani. Mi chiedo, l’opera, cosa dovrebbe rappresentare in una città in cui serve manutenzione, certezze per un territorio fragile?»
Infine l’importante versione dei fatti dell’assessore comunale alle Manutenzioni Pippo Isgrò: «Sono stato avvertito a mezzogiorno di sabato della necessità di spostare la scultura per fare spazio alla struttura organizzativa del Giro d’Italia. Mi sono recato sul posto, abbiamo chiamato i mezzi dell’autoparco, abbiamo imbracato bene l’opera con delle fasce e poi l’abbiamo spostata nell’aiuola a terra. Appena appoggiata, vista la struttura tipo “mollone”, si è danneggiata. Abbiamo fatto di tutto fino alle 18.30 per fare in modo che tutto venisse fatto al meglio». A maggior ragione allora sarebbe stato il caso di chiamare l’autrice del “Fragile” prima di intervenire. «Purtroppo abbiamo dovuto fare tutto di fretta, comunque ricordo che l’opera l’abbiamo pagata, come si compra un quadro in galleria». Ciò è vero però va anche ricordato che una volta acquistata, l’opera diventa della collettività e in quanto tale dovrebbe essere tutelata. Nonostante ciò, Isgrò prova a voltare pagina e lancia una nuova idea: un laboratorio di arte contemporanea all’aperto da far sorgere a San Raineri nell’ex campo Rom. «L’obiettivo è di spianare l’area, creare uno spazio con delle panchine e posizionare diverse opere. Eliminare il cancello, recintare la superficie con un muretto e una ringhiera in legno così da garantire la sicurezza di notte. All’interno vogliamo allestire un piccolo gazebo in legno dove gli artisti potranno anche spiegare le proprie creazioni, realizzare estemporanee. Poi qualcosa anche per i bambini e altre iniziative da valutare con calma».
