I boss storici sono tutti in carcere, qualcuno si è pentito e famiglie emergenti potrebbero tentare di spodestare i -vincenti- a suon di omicidi. E' una delle chiavi di lettura al secondo agguato nei confronti di uno degli uomini del boss Carmelo D'Amico
Il rischio ora è che a Barcellona ricominci la mattanza. Il segnale lanciato ieri è di quelli che non lasciano tranquilli. Per uccidere il 39enne Carmelo Giambò non si è andati troppo per il sottile. Dopo il fallimento di un primo agguato compiuto ad agosto questa volta l’uomo doveva morire a tutti i costi e sulle sue tracce sono stati sguinzagliate tre persone a bordo di due potenti moto. E quando si spara in pieno centro cittadino, in ora di punta e con il rischio di uccidere un bambino di cinque anni significa che la posta in gioco è molto alta. Giambò anche questa volta l’ha fatta franca perché si è accorto in tempo che quelle due moto seguivano lui. Stava accompagnando il figlio a scuola ed era un bersaglio perfetto. L’uomo è riuscito a fuggire sempre seguito dai killer. Ha imboccato una strada contromano ed a questo punto da una moto sono partiti i due colpi di pistola. I proiettili si sono conficcati nella carrozzeria di un’auto parcheggiata e Giambò ha potuto raggiungere la vicina caserma dei carabinieri mentre i sicari fuggivano. Un agguato mafioso in piena regola ed infatti sul posto sono giunti, oltre al sostituto procuratore di Barcellona Francesco Massara, anche i sostituti della Dda di Messina Fabio D’Anna e Giuseppe Verzera. Hanno ascoltato a lungo Giambò e poi hanno riferito al procuratore capo Guido Lo Forte. Tanta attenzione è giustificata proprio dal timore che nella pentola di Cosa Nostra barcellonese stia bollendo qualcosa di grosso. Carmelo Giambò è ritenuto uomo vicino al potente clan capeggiato da Carmelo D’Amico. Ma il boss da tempo ormai è in carcere ristretto al regime del 41 bis e qualcuno potrebbe cercare di approfittare della situazione per capovolgere i delicati equilibri che regolano la mafia locale. Degli emergenti che avrebbero sancito la condanna a morte di Giambò per dare un segnale forte al boss detenuto. Per due volte l’uomo è riuscito a scampare alla morte ma non è detto che le famiglie rivali non ci riprovino ancora. Cosa Nostra barcellonese sta vivendo una fase molto complessa, ideale per cercare di spodestare i “vincenti”. Carmelo D’Amico è in carcere così come Tindaro Calabrese e Sem Di Salvo mentre da poche settimane il boss storico dei mazzarroti, Carmelo Bisognano ha deciso di collaborare con la giustizia facendo scoprire il cimitero della mafia di Mazzarrà S.Andrea e sgretolando il muro di omertà su decine di casi di lupara bianca. E in questo clima qualche gruppo emergente potrebbe approfittare della situazione per imporre la propria forza. C’è in ballo il predominio delle estorsioni, il controllo degli appalti e del traffico di droga. Affari milionari che fanno gola a molte famiglie pronte ad impugnare le armi ed uccidere senza pietà per scalare i gradini della gerarchia di Cosa Nostra. Un copione già visto e rivisto a Barcellona, unica, inossidabile roccaforte della mafia palermitana in territorio messinese.
