Nelle immagini si distingue chiaramente il varco di passaggio realizzato nel letto del torrente al posto di quello già esistente. La strada ha “costretto” lo scorrimento dell’acqua favorendone lo straripamento. Tanti i danni subiti nelle villette del complesso “La Principessa”, rabbia tra i cittadini che da tempo denunciavano il pericolo
Raccogliere le testimonianze di quanti il 1.marzo hanno perso praticamente tutto, non è facile. Anzi molto spesso il rischio, in situazioni di questo tipo, è quello di andare alla ricerca della storia più “disperata” per mettere in risalto gli effetti della tragedia, senza però aver dato ascolto, quando ancora si era in tempo, agli sos che quelle stesse famiglie, oggi rimaste a mani vuote, avevano lanciato.
Ecco perché tra le tante storie che vi avremmo potuto raccontare in questa settimana di angoscia e rabbia per tanti cittadini messinesi, abbiamo deciso di dare spazio alle testimonianze di chi pur non avendo perso la casa, a differenza di quanto ad esempio avvenuto a Mili San Pietro, può aiutarci a capire quanto le responsabilità di quanto accaduto non possano certo essere scaricate su una natura sempre più matrigna. E’ vero, la violenza e l’intensità con cui il nubifragio si è abbattuto sulla provincia peloritana ha lasciato scarsi margini d’intervento, ma altrettanto vero è che le condizioni di “ristrettezza” in cui il territorio viene spesso costretto dall’uomo hanno alimentato effetti e conseguenze.
Nel leggere di seguito le dichiarazioni rilasciate dagli abitanti delle villette del complesso “La Principessa” (Galati Marina), invase dal fango, vi invitiamo ad osservare gli scatti a corredo dell’articolo, che immortalano il prima e il dopo: «Il problema purtroppo non cambia – spiega uno dei residenti – era prevedibile che potessi verificarsi un fatto del genere perché quella strada ricavata nel letto del corso d’acqua ha -intrappolato- il torrente impedendone il libero scorrimento. Se a ciò poi si aggiunge la totale mancanza di argini protettivi, i detriti accumulati e la velocità con cui la pioggia ha fatto ingrossare il corso d’acqua, il risultato non poteva che essere lo straripamento e, così come avvenuto, l’allagamento delle nostre abitazioni». Denuncia, quest’ultima, che Tempostretto.it raccolse già qualche settimana fa durante un giro di perlustrazione effettuato con l’ing. Capo del Genio Civile Gaetano Sciacca (vedi correlato).
Un’analisi lucida, un ragionamento che non fa una piega e che inchioda, senza possibilità d’appello, colui o coloro che bloccando la strada prima esistente a fianco del torrente d’acqua, hanno deciso di ostruire il naturale passaggio della natura. «Abbiamo presentato una petizione popolare con oltre cento firme per far presente la situazione – aggiunge un altro cittadino – abbiamo coinvolto il quartiere, abbiamo presentato un esposto alla Procura della Repubblica ma come al solito le parole sono finite nel vuoto. Ma ora di fronte ai danni che abbiamo subito (oltre 50 mila euro per nucleo familiare) non possono più far finta di niente, ora più di prima pretendiamo delle risposte».
Rabbia e indignazione: questi i due sentimenti che prevalgono nelle parole e nello sguardo dei nostri interlocutori, che mostrano però anche tutta la loro umana preoccupazione: «Intorno alle otto – affermano i cittadini – si è scatenato l’inferno, nel giro di qualche minuto il fango ha invaso gli scantinati ed è salito fin su al primo piano. Abbiamo perso praticamente tutto ma se pensiamo a come sarebbe potuta andare dobbiamo ritenerci fortunati. Se quel quel giorno, come accade ogni mattina, io e mia moglie fossimo usciti presto, mia figlia sarebbe rimasta sola in casa: stava preparando un esame per l’università che avrebbe dovuto sostenere oggi ma ovviamente non le è stato possibile, ha perso persino i libri su cui studiare. L’unica cosa che siamo riusciti a recuperare – afferma con un sorriso – sono gli abiti del matrimonio, sia il mio che quello di moglie».
Nonostante le difficoltà si cerca dunque di pensare in positivo, soprattutto immaginando quanto più gravi sarebbero potuto essere le conseguenze, anche in termini di vite umane. E’ chiara però la sensazione che si avverte di fronte a testimonianze come queste: si brancola nel buio senza che enti ed istituzioni riescano ad individuare una comune linea di intervento. A “giochi fatti” si cerca di trovare compattezza, unità d’intenti, ma le continue emergenze, da nord a sud, non permettono di raggiungere un risultato.
Di fronte a tutto questo che dire…è la natura cieca e violenta, o l’essere umano orbo e privo di coscienza? Elena De Pasquale
(foto Sturiale, altri scatti su photogallery)
