La “prima pietra” del Ponte: un cantiere semivuoto lontano dai riflettori

La “prima pietra” del Ponte: un cantiere semivuoto lontano dai riflettori

La “prima pietra” del Ponte: un cantiere semivuoto lontano dai riflettori

venerdì 15 Gennaio 2010 - 08:06

Siamo stati a Cannitello a visitare il primo cantiere connesso alla più grande opera mai progettata: tre operai distaccati dall’Anas e un’area sbancata appena recintata. Sullo sfondo un contenzioso al Tar e dei lavori che non possono partire «a meno di non incorrere in abusi»

Pensi alla posa della prima pietra della più grande infrastruttura mai realizzata al mondo e immagini qualcosa di epocale, un cantiere all’avanguardia, il primo assaggio dell’opera delle opere. A Cannitello, piccola frazione del comune di Villa San Giovanni in Calabria, il 23 dicembre ha mosso i suoi primi passi la faraonica macchina del Ponte sullo Stretto. Ma di epocale, per il momento, non c’è nulla. La prima pietra? Sì, di pietre ce ne sono, eccome. Una serve a non far chiudere il cancello di ingresso all’area di lavoro, altre sono sparse nell’area stessa. Il cantiere è un grande quadrato delimitato da un recinto in plastica arancione, ma di futuristico c’è poco, diremmo nulla. Dentro ci sono tre operai tre, con un furgoncino bianco, distaccati dall’Anas dai cantieri della Salerno – Reggio Calabria, intenti a togliere gli arbusti e a “disboscare” l’area di cantiere. Punto. Tutto qui. Siamo andati a Cannitello per capire se davvero quella macchina fosse partita e abbiamo trovato quello che vi abbiamo appena descritto. Un po’ deludente per chi pensava che il 23 dicembre scorso fosse cambiata la lunga storia del Ponte. «Ogni tanto la mattina viene qualcuno – ci spiega un operaio che lavora ad un cantiere edile limitrofo – a volte si vede qualche ruspa, ma davvero poco». «Siete venuti a vedere il Ponte?», ci chiede ironico un altro operaio. Ci scherzano su, a Cannitello, anche perché immaginavano di vedere il premier Berlusconi tagliare un nastro e invece si ritrovano un piccolo appezzamento di terra dove è stato fatto poco o nulla.

Il punto è che poco o nulla si poteva fare. La famosa variante di Cannitello, infatti, considerata opera propedeutica al Ponte, non è altro che una bretellina ferroviaria lunga poco più di un chilometro, che costerà circa 26 milioni di euro. Tutto qui. Un’opera che, per giunta, nelle previsioni iniziali non doveva avere nulla a che fare col Ponte. Al riguardo c’è un contenzioso in corso, con protagonista la Regione Calabria. La giunta Loiero ha, infatti, presentato ricorso al Tar del Lazio ed alla Corte costituzionale contro il Governo in quanto sarebbero stati disattesi gli accordi presi nel 2006, quando fu approvato il progetto per la realizzazione della variante. Al tempo, con delibera Cipe, venne individuato quale soggetto aggiudicatore Rfi; la Regione si espresse favorevolmente a patto che la variante stessa «non fosse condizione essenziale alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, ma servisse soltanto a migliorare ed implementare il sistema della rete ferroviaria». Sempre il Cipe, tre anni dopo (qualche mese fa, dunque), ha cambiato soggetto aggiudicatore, passando le competenze da Rfi alla Stretto di Messina Spa, fondando la decisione sul presupposto che «l’intervento è connesso e complementare il progetto del Ponte sullo Stretto». Venendo meno, dunque, a ciò che la Regione aveva posto come conditio sine qua non per concedere il proprio parere favorevole.

Ma il contenzioso in corso non è l’unico ostacolo alla “prima pietra”. Secondo Alberto Ziparo, docente dell’Università di Firenze e coordinatore degli studi di impatto sul progetto del Ponte, «non può avviarsi alcuna attività relativa allo “stralcio binario” della variante di Cannitello, compreso l’affidamento dei lavori; a meno di non incorrere in abusi palesi». Il motivo è semplice: «Le aree interessate dal progetto e gli elaborati stessi sono tuttora sottoposti a verifica di ottemperanza delle prescrizioni Cipe che durerà fino al 10 febbraio, data fino a cui non può svolgersi alcuna attività operativa. In merito a quanto sostenuto nei giorni scorsi dalla società Stretto di Messina, secondo cui solo alcune aree sono sottoposte alla citata verifica e sulle altre si potrebbe in ogni caso operare, c’é invece la conferma che l’intera sezione relativa allo stralcio è sottoposta a procedura ostativa di qualsiasi operazione».

E allora perché tanta fretta per far partire qualcosa che, come abbiamo potuto constatare, di fatto non è partito, eccezion fatta per qualche “preliminare”? E’ un mistero, anche se a ben guardare a qualcuno la fretta potrebbe anche far comodo. Secondo quanto sostiene il WWF Italia, infatti, proprio il passaggio di consegne tra Rfi e Stretto di Messina (e dunque ad Eurolink e dunque ad Impregilo) è la chiave di tutto. Secondo il contratto tra la Stretto di Messina ed Eurolink, che è il General Contractor che dovrà realizzare il Ponte, una volta aperto anche solo il primo cantiere collegato il Ponte, sarà possibile, in caso di mancata realizzazione della grande opera, chiedere una sostanziosa penale, a partire dal 10 per cento del valore di aggiudicazione di gara (390 milioni di euro). E qui, più che di una prima pietra, si parla di un vero e proprio macigno.

(in fotogallery le immagini ingrandite)

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