Le testimonianze dei Comitati dei luoghi alluvionati, gli interventi dei rappresentanti di Arci e Libera. Assente Don Luigi Ciotti. In serata concerto degli Assalti Frontali
«Come si pensa di far rinascere questi luoghi senza un minimo di progettualità?». Quella di Irene Falconieri, rappresentante del comitato di Scaletta, è una delle testimonianze che fanno più riflettere, uno degli spunti che vengono fuori dall’assemblea pubblica della “Carovana Antimafie”, tenutasi ieri pomeriggio alla saletta Visconti. Messina è stata scelta quale ultima tappa della Carovana 2009, organizzata dalle associazioni Libera, Arci e Avviso pubblico, con la collaborazione, a Messina, di Arci Territoriale, Circolo Arci “Thomas Sankara”, Cesv, Cgil, Consulta comunale del volontariato, “Telefono Amico” e associazione “7000”. Una manifestazione alla quale hanno preso parte anche i comitati sorti dopo l’alluvione del 1 ottobre scorso, leit motiv della giornata di ieri, iniziata con la visita proprio dei luoghi colpiti dal nubifragio. Nel pomeriggio, prima dell’assemblea della saletta Visconti, si è svolta una festa di animazione per i bambini ospitati dal Villaggio Le Dune, mentre in serata un concerto del gruppo “Assalti Frontali” e dei 14 musicisti che hanno animato il Cd “Mani” ha chiuso la Carovana.
Carmen Cordaro, dell’Arci Territoriale, ha voluto aprire i lavori citando Simone Neri, che «ha ricordato a tutti cos’è una vita umana». Secondo la Cordaro «si sapeva tutto, evidentemente, ma non si è operato attentamente. Chi è responsabile?». Irene Falconieri (comitato di Scaletta) ha ricordato che «quella di Messina è la provincia meno sicura dal punto di vista del dissesto idrogeologico, ma noi vogliamo tornare ad abitare nelle nostre case. Il problema è che ci sono ancora frane vive, aperte, a monte è stato fatto pochissimo. A quali condizioni, dunque, ci viene chiesto di tornare? Come si pensa di far rinascere questi luoghi senza un minimo di progettualità? Nessuno di noi vuole passare il Natale negli alberghi, dove la situazione è davvero molto triste, ma abbiamo bisogno di risposte, di sicurezza».
Concorda Corrado Manganaro, del comitato Salviamo Giampilieri: «Siamo diventati tristemente famosi, una notorietà di cui avremmo voluto fare a meno. E’ vero, si è trattato di un evento eccezionale, ma se la montagna fosse stata messa in sicurezza, le conseguenze sarebbero state meno tragiche. Dove sono andati a finire i soldi del progetto previsto dall’assessorato Ambiente della Regione Sicilia dopo il 2007? Quel milione di euro è stato in realtà depennato dal governo nazionale. Per questo lamentiamo scelte politiche che sono state causa anche di qualche morto. Lamentiamo l’assenza dei politici: legalità e interesse collettivo, che dovrebbero essere in cima all’agenda politica, vengono ignorati. A Giampilieri siamo in una situazione drammatica, è stata la zona più colpita, e rischia di aggravarsi se i progetti non vengono fatti in un certo modo. Sappiamo bene che alcune zone andranno sacrificate, ma il paese non dovrà essere devastato. Ciò che abbiamo chiesto con forza è che questi progetti che ci presenteranno vengano condivisi dalla popolazione. Se è vero che il fango ha fatto danni, è insopportabile che sia l’uomo a farne di più. Gli esperti hanno perduto più tempo del previsto, sono passati ormai quasi tre mesi. Ma c’è speranza: a ridosso di Natale, se non subito dopo, molte famiglie rientreranno a Giampilieri, ed è quello che volevamo. Ma noi saremo sempre vigili perché la messa in sicurezza venga eseguita in tempi rapidi».
Giuseppe Lanza, del comitato di S. Margherita, focalizza l’attenzione su un altro punto: «Il disastro ha colpito un’area più ampia di quella di cui si è sempre parlato. Ci sono dentro almeno dodici centri abitati, dove si sta creando quanto è successo a Giampilieri nel 2007. La natura ci sta avvisando: lungo 7 chilometri sono state individuate 500 frane, di cui circa la metà gravi. Nel mezzo ci sono l’autostrada, la strada statale, le ferrovie, la comunale e file di abitazioni, con 20 mila persone che ci vivono. Dobbiamo cominciare a mobilitarci, e lo faremo fin da gennaio».
Il presidente nazionale dell’Arci, Paolo Beni, ha spiegato perché la Carovana ha scelto come ultima tappa Messina: «La carovana è un viaggio che nell’ultimo mese ha attraversato tutto il Paese, con l’obiettivo di denunciare i troppi episodi, non sempre clamorosi, di illegalità diffusa. La cura del territorio è responsabilità delle istituzioni ma anche dei cittadini. E’ certo che questa tragedia non è opera del fato, gli eventi eccezionali non giustificano un disastro del genere: è una tragedia annunciata. Non diamo colpe agli abitanti delle frazioni, non inventiamoci la storia dell’abusivismo, passata sui grandi media nazionali con pressappochismo e scarso rispetto. Le vere responsabilità sono di chi sapeva e ha fatto finta di niente, della mancata prevenzione: è un problema diffuso nel nostro Paese, l’Italia è tutta a rischio. Anche questo è un fenomeno di illegalità. E’ grave anche che la gente si senta abbandonata. La malavita ha bisogno della rassegnazione della gente, della passività degli enti locali per incidere maggiormente». Dell’alluvione hanno parlato anche Elvira Amata, assessore all’Ambiente, e il presidente del consiglio comunale Pippo Previti, che ha parlato di «mancanza di solidarietà», di «cattiva informazione sul tema dell’abusivismo», e dell’impegno ad istituire un ticket da 2 euro per l’attraversamento dello Stretto, il cui ricavato potrebbe essere utilizzato proprio per la messa in sicurezza del territorio.
E’ andato oltre l’alluvione, toccando anche la battaglia che sta conducendo in campo nazionale Don Luigi Ciotti (ieri assente) il responsabile regionale dell’associazione Libera, Umberto Di Maggio: «Siamo depressi perché tutte le belle cose che l’Italia aveva costruito attorno ai beni confiscati alla mafia a poco varranno, con l’emendamento alla Finanziaria che il Parlamento sta votando (che intende mettere all’asta i beni confiscati, eliminando l’obbligo di utilizzo sociale degli stessi, ndr). E’ un momento brutto, ma bisogna evitare di attendere sulla riva del fiume il cadavere che passa. E’ il momento di arrabbiarsi seriamente: ci siamo stancati di un’antimafia dai buoni intenti, di avere compagni di viaggio che in realtà non lo sono. Si rende nulla una legge nata con un milione di firme, che non sono diecimila. Non si guardi più ai soli nostri diritti, guardiamo anche ai nostri doveri. A questo punto siamo noi a non essere abbastanza vigili, forse perché troppo rassegnati. Per questo è importante la Carovana: per riportare nei territori il desiderio positivo di fare del bene. Legalità rischia di essere una parola vuota, parliamo piuttosto di “responsabilità”. Passiamo dalla protesta alla proposta. Le associazioni hanno un ruolo importante in quanto creatrici di entusiasmo e di aggregazione».
La giornata si è conclusa con il concerto alla Sala Visconti del gruppo Hip-Hop romano, Assalti Frontali, che ha divertito con i testi impegnati e il sound coinvolgente i non moltissimi presenti, amanti del genere.
