Province: alcune norme incostituzionali? Scatta il ricorso

Province: alcune norme incostituzionali? Scatta il ricorso

Rosaria Brancato

Province: alcune norme incostituzionali? Scatta il ricorso

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giovedì 13 Marzo 2014 - 01:44

La riforma delle province è stata approvata martedì all’Ars e già ieri è scattato il primo ricorso. Alcuni cittadini, tramite l’avvocato Catalioto, si sono rivolti al Commissario dello Stato ravvisando elementi d’incostituzionalità in alcuni articoli, in particolare quelli là dove si rischiano casi di incompatibilità

Neanche il tempo di portare a compimento la travagliata e caotica gestazione della riforma delle province che è già pronto il primo ricorso. E il destinatario delle deduzioni d’incostituzionalità è quel Commissario dello Stato Aronica che finora non ha risparmiato bocconi amari alla giunta Crocetta ed all’Ars. Numerosi cittadini siciliani, residenti nelle diverse province, da Messina a Catania passando per Siracusa, si sono rivolti all’avvocato Antonio Catalioto che ieri ha depositato il ricorso invitando il Commissario dello Stato ad esaminare con attenzione gli aspetti di incostituzionalità di alcune norme, con particolare riguardo agli organi di governo individuati per i Liberi Consorzi e che in base alla legge varata martedì sera,saranno organi di secondo livello, non eletti direttamente dai cittadini.

In particolare il ricorso si sofferma sul problema dell’incompatibilità delle cariche e quindi sull’impossibilità di garantire l’imparzialità ed il buon andamento del pubblico ufficio previsto dall’art.97 della Costituzione.

Il ricorso presentato dall’avvocato Catalioto a nome dei cittadini (primo firmatario l’ex consigliere provinciale di Messina Roberto Cerreti) è avverso “la legge regionale approvata dall’Ars nella seduta del 11 marzo 2014 avente ad oggetto “Istituzione dei liberi consorzi comunali e delle Città metropolitane”, segnatamente artt. 3, 4, 5 e 6”. Gli articoli indicati sono quelli che riguardano gli organi di governo, e cioè Assemblea, Presidente e Giunta dei Liberi Consorzi e che saranno di secondo livello. Il Presidente è infatti eletto dai sindaci dei Comuni che compongono l’Assemblea.

Nel ricorso viene ricordato come, per quel che riguarda l’ordinamento degli enti locali la Regione Sicilia ha potestà legislativa esclusiva in base agli art. 14 e 15 dello Statuto siciliano che fondano espressamente detto ordinamento "sui comuni e sui liberi consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria". Quindi i Liberi Consorzi vengono citati nello Statuto sin dal ’46 e alla luce di questo, con la legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, ha stabilito (art. 3) che "l'amministrazione locale territoriale nella regione siciliana è articolata, ai sensi dell'art. 15 dello statuto regionale, in comuni e liberi consorzi di comuni denominati "province regionali".

In sostanza, ricorda l’avvocato Catalioto, nel 1986, nell’applicare quanto previsto dallo Statuto sono stati istituiti i Liberi Consorzi, “denominandoli Province” come si legge nell’art.3 della norma regionale dell’86.

Adesso, 25 anni dopo quella legge, l’Ars ha fatto il percorso inverso, ritornando al nome originariamente indicato dallo Statuto e cioè Liberi Consorzi tra Comuni, cancellando gli organi elettivi e sostituendoli con un sistema di secondo livello a forte rischio di conflitti d’interesse e incompatibilità.

Nel provvedimento trasmesso ad Aronica vengono riportate le tappe che hanno portato all’approvazione della legge, sin dal primo passo, la legge 7 del 27 marzo 2013 con la quale si dichiarava di voler procedere all’abolizione delle “province regionali”, entro il 31 dicembre fino, un anno dopo alla legge approvata martedi che all’art. 1 prevede nove Liberi Consorzi aventi “potestà statutaria e regolamentare a cui si applicano i principi previsti per l'ordinamento dei comuni, con particolare riguardo allo status degli amministratori, all'ordinamento finanziario e contabile, al personale e all'organizzazione da disciplinare con legge successiva; nelle more i liberi Consorzi continuano ad esercitare le funzioni già attribuite alle province regionali mantenendo la titolarità dei relativi rapporti giuridici “. L’art. 3 individua poi gli organi di governo (assemblea, presidente e giunta) mentre le modalità di elezione degli stessi sono disciplinati dagli artt.4, 5 e 6.

“In ordine a quest’ultimi articoli (3, 4, 5 e 6)- si legge nel ricorso- si sollevano i seguenti dubbi di costituzionalità: violazione falsa ed erronea applicazione dell’art. 97 della Costituzione, violazione dei principi di cui alle sentenze della Corte Costituzionale NN. 286/97 -143/10 – 67/12”, ovvero le sentenze relative ai divieti d’incompatibilità.

Nel rilevare come la norma abbia di fatto restituito alla Provincia l’originaria denominazione statutaria, cioè Libero Consorzio, si sottolinea come in realtà si tratti sempre e comunque di un ente intermedio così come previsto dallo Statuto..

“Rispetto alla L.r. 9/86, quella istitutiva delle Province- scrive Catalioto- viene modificato il sistema di elezione degli organi, prevedendo un sistema indiretto di secondo grado e, la nomina degli organi stessi riservata esclusivamente ai sindaci e consiglieri dei comuni dei costituendi liberi consorzi”.

La legge approvata l’11 marzo istituisce quindi l’ente intermedio sovra- comunale, con proprio territorio, funzioni, organi di governo, ma “non precisa il modo in cui, sul piano gestionale, gli interessi relativi siano tenuti separati da quelli di ogni singolo comune. L’istituzione dei liberi consorzi dei comuni non esclude, quindi, che lo stesso agisca in giudizio quando l'intervento attuativo tocchi livelli più bassi di amministrazione ed incida su interessi più specifici dell'autonomia comunale. Esso non è quindi un semplice ente di natura consortile, ma ha una propria soggettività giuridica e va considerato come ente politico. Conseguentemente, il cumulo in capo ai Sindaci dei singoli comuni anche delle funzioni degli organi del Libero Consorzio è suscettibile di compromettere il libero espletamento della carica e, quindi, i principi tutelati dall'art. 97 della Costituzione”.

In sintesi non si può essere contemporaneamente a capo di due Enti intermedi, peraltro nello stesso territorio. Si pongono problemi sia d’ incompatibilità, che di opportunità, legati al fatto che accentrare poteri e funzioni a sindaci, o a gruppi di sindaci riuniti per cordate, finirebbe con il creare evidenti rischi di conflitti di interesse.

Supponiamo che a capo del Libero Consorzio A venga eletto dai colleghi sindaci il primo cittadino del Comune Z e che nel corso dell’espletamento delle funzioni sorga un contenzioso o un problema o un fatto legato al finanziamento o all’erogazione di un servizio tra il Libero Consorzio e il Comune nel quale il Presidente del Consorzio è anche sindaco. Le perplessità sono evidenti al di là del rischio di creare una “casta” che decide su interventi e competenze su vasti settori e territori. Del resto è la stessa Corte Costituzionale a mettere i paletti al cumulo di cariche, con diverse sentenze. La Corte Costituzionale con la sentenza 143/10 (cause di incompatibilità tra deputati e sindaci), nota come quella contro le doppie poltrone, ha ribadito il divieto per una persona di avere più cariche.

La riforma invece pone cause di incompatibilità derivanti dalla somma di più cariche da parte di sindaci che finirebbero con lo svolgere compiti politico-amministrativi nelle Istituzioni locali con conseguenze sull’imparzialità e sull’efficienza prevista dall’art. 97 della Costituzione.

“La Corte Costituzionale- conclude Catalioto nel ricorso- ha ripetutamente affermato il principio secondo cui “sussistono ragioni che ostano all’unione nella stessa persona di più cariche elettive, conseguentemente è necessario che la legge predisponga cause di incompatibilità idonee a evitare le ripercussioni che da tale unione possano derivare sulla distinzione degli ambiti politico-amministrativi delle istituzioni locali e sull’efficienza e sull’imparzialità delle funzioni, riconducibile ai principi indicati in generale nell’art. 97, primo comma, della Costituzione” (cfr. in terminis sent. 143/10; 67/12). In sintesi il co-esercizio di più cariche in linea di massima è da escludere ed il cumulo degli uffici rileva come causa di incompatibilità anche nel caso in cui esso sia sopravvenuto all’elezione, imponendo di esercitare l’opzione in favore di una delle due cariche ricoperte. D’altronde il legislatore regionale ha già previsto l’incompatibilità tra sindaco e presidente, assessore e consigliere provinciale, quindi sarebbe del tutto irrazionale non prevedere la medesima incompatibilità con i nuovi organi dei liberi consorzi comunali. Applicando, quindi, correttamente gli invocati principi, gli artt. 3, 4, 5 e 6 della legge si appalesano incostituzionali nella parte in cui impongono che le cariche degli organi dei liberi consorzi siano ricoperte dai sindaci dei comuni appartenenti al libero consorzio stesso”.

Rosaria Brancato

4 commenti

  1. Solito cavillo degli attaccati alla poltrona. Ergo ,da questa valutazione gli organi dei consorzi da chi dovrebbero essere formati?

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  2. OH FINALMENTE qualcuno si è accorto che questa riforma delle province è analoga alla legge elettorale spacciata da Renzi. Una sottrazione di democrazia senza benefici per nessuno tranne “la casta”.

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  3. Perchè Catalioto si bagna se ancora non piove?

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  4. Ma che strano…….. Appena viene tolto l’osso dai denti ai politici solo allora si ricordano della COSTITUZIONE. Quanti ricorsi hanno presentato i consiglieri provinciali ( in nome dei principi costituzionali ) quando qualcuno faceva ( ? ) il sindaco e il deputato regionale ( formatore ) ?
    Perchè non lo presentano personalmente il ricorso mettendovi la faccia invece di farlo firmare ad un “ex consigliere”? E se qualche consigliere lo avesse firmato perchè non lo sbandiera ai quattro venti?
    Ma, al di là del merito della contestazione legale, chi volete che ci creda nel vostro “spirito costituzionalista”? Andate a lavorare ……. se sapete fare altro oltre che sbarcare il lunario “politicando” a spese della collettività.

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