Non ci fu reato nelle operazioni effettuate nella vendita della clinica Cappellani, il verdetto 12 anni dopo i fatti
Messina – Non erano operazioni truffaldine ma ordinarie operazioni imprenditoriali, corrette e legittime. Così la Corte d’appello di Messina (presidente Giacobello) alla fine del processo sul fallimento del gruppo Sanagroup, proprietario nel decennio scorso, tra le altre, della clinica Cappellani.
La sentenza
I giudici di secondo grado, accogliendo in toto la ricostruzione dei difensori, gli avvocati Salvatore Giannone e Carmelo Scillia, ha ribaltato il verdetto del Tribunale e assolto “perché il fatto non sussiste” l’ex assessore regionale Giovanni Pizzo e la socia Grazia Romano. In primo grado erano stati condannati a 4 anni e mezzo, mentre tutti gli altri imputati erano stati assolti. L’Accusa (sostituto procuratore generale Costa) aveva chiesto la conferma di quel verdetto ma la Corte d’appello, depositando le motivazioni contestualmente al dispositivo di sentenza, ha rivisto del tutto la vicenda, stabilendo la correttezza dell’operato dei due imprenditori.
La consulenza Faldetta
A base del verdetto, in particolare, la consulenza del professore Guglielmo Faldetta. Consulente del Tribunale delle imprese di Palermo nel parallelo giudizio sul fallimento di Sanagroup, il professore ha in questo caso deposto come testimone. Analizzando la documentazione contabile che ricostruisce la vendita della clinica Cappellani al gruppo Giomi, il professore di Organizzazione aziendale all’Università Kore di Enna ha spiegato che le operazioni effettuate dal gruppo erano ordinarie operazioni intragruppo e che anche la complessiva operazione di vendita era corretta.
Le accuse
In sostanza l’Accusa contestava ai due imprenditori a capo del gruppo il fallimento dello stesso, arrivato dopo la vendita della clinica messinese. Il gruppo Giomi aveva già versato un milione di euro in acconto, ma non saldò l’intera operazione (il gruppo ha poi versato il saldo in transazione, alla curatela fallimentare di Sanagroup). Dal punto di vista penale invece la Procura contestò l’ascrizione delle somme, in compensazione, tra una società e l’altra del gruppo.
Le operazioni intragruppo
In primo grado Pizzo e Romano erano già stati assolti da quasi tutte le accuse contestate e condannati soltanto per la somma residua di 704 mila euro, secondo l’Accusa “distratte” dal fallimento. Al centro del processo c’erano le movimentazioni di somme da una società ad un’altra, in particolare alla Ati, che gestiva la clinica Santa Rita ad esempio, attraverso finanziamenti. Movimentazioni infragruppo consentite dalla legge, hanno sempre sottolineato appunto i difensori.
Il processo non aveva parti civili, la curatela fallimentare non si è costituita. Per una analoga vicenda societaria, legata alla clinica Santa Rita, Pizzo è stato assolto nel 2020. L’imprenditore è stato assessore regionale alle Infrastrutture nel 2015, con l’allora governatore Rosario Crocetta.
