Mentre al teatro greco di Taormina andava in scena Dario Fo, qui a Messina si portava in scena la sua, e di Franca Rame, piéce, che la regista Simonetta Pisano ha voluto attualizzare e rendere più mediterranea, forse a torto.

La crisi della coppia borghese, le liti, le inclinazioni suicide/omicide e i tradimenti che divengono normali azioni da “coppia aperta”, “aperta” solo nel verso dell’uomo. Perché l’uomo, il marito (Gianni Fortunato), è un predatore affamato di ventenni e capace di provare soltanto stima e rispetto ipocrita per la moglie, declassata a cuoca-mamma (interpretata dalla stessa Simonetta Pisano), ma che tuttavia si ingelosisce quando quest’ultima lo sostituisce con un uomo migliore: Aldo (Giovanni Brancato), professore di fisica e musicista, soprannominato Eta Beta per gelosia appunto, che compare all’ultimo per provare la sua esistenza.
L’obbiettivo è stato quello di voler sottolineare il maschilismo imperante e la possessività nella coppia attraverso la risata –diciamo meglio attraverso un sorriso-, con una recitazione leggera, pure troppo da parte della Pisano, che sembrava a volte improvvisasse, non solo quando si rivolgeva al pubblico.
Gianni Fortunato, dando quel tocco quasi bambinesco al personaggio del marito che si auto commisera con il carattere mammone tipicamente siciliano, ha senz’altro tenuto a galla lo spettacolo, al contrario di Simonetta Pisano che, a mio parere, non ha affatto lavorato sulla voce, rendendo la protagonista un personaggio abbastanza piatto.
Lavinia Consolato