Il pianista ebreo Szpilman raccontato da Polański rivive nella "musica miracolosa"

Il pianista ebreo Szpilman raccontato da Polański rivive nella “musica miracolosa”

giovanni francio

Il pianista ebreo Szpilman raccontato da Polański rivive nella “musica miracolosa”

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lunedì 13 Febbraio 2023 - 08:00

Un meraviglioso racconto in scena sabato al Palacultura, per la stagione dell’Accademia Filarmonica

MESSINA – Un meraviglioso racconto in musica, tanto inverosimile, quanto probabilmente reale, è andato in scena sabato al Palacultura, per la stagione musicale dell’Accademia Filarmonica, un racconto narrato da Stefano Valanzuolo, che ha letto testi da lui stesso composti, molto belli, efficaci e a volte toccanti, e intervallato  dalle eccellenti performance pianistiche di Francesco Nicolosi, che ha eseguito musiche di Debussy, Chopin, Liszt e Rachmaninov, autori prediletti dal protagonista di questa storia, il pianista ebreo Wladyslaw Szpilman, del quale è stata eseguita anche una sua Mazurka.

Le tragiche e incredibili vicende del pianista ebreo Szpilman in un commovente racconto musicale

Tutti coloro che hanno avuto la fortuna di vedere il film “Il pianista” del 2002, di Roman Polański, tratto dal romanzo autobiografico di Szpilman, avranno mantenuto scolpite nella memoria le memorabili immagini di questo pianista ebreo scampato più volte miracolosamente alla morte (da qui il titolo del concerto “La musica miracolosa”), prima sottratto da una mano misteriosa che gli impedisce di salire in quel treno che dalla sua città, Varsavia, era diretto al campo di sterminio di Treblinka, poi costretto, con l’aiuto di vari amici e colleghi (era già una celebrità in campo musicale) a rifugiarsi in improbabili abitazioni semidistrutte, abbandonate, prive di tutto, rese ancora più inospitali dal gelo pungente e dalla paura di essere scoperto e quindi condannato a morte dai nazisti. Indimenticabile la scena ove Szpilman, in uno dei tanti rifugi occasionali, vede un pianoforte, che però non può suonare, perché non può fare alcun rumore, e mima con le dita un’esecuzione pianistica. Ma la scena più memorabile, fulcro dell’intero racconto, è l’incontro, in una di quelle dimore abbandonate, con un ufficiale nazista, un carnefice quindi, che, in un sussulto di umanità, gli chiede chi fosse, e appresa la sua professione, gli ordina di suonare un pianoforte, che il caso volle si trovasse in quell’abitazione. Wladek, come veniva chiamato il nostro protagonista, esegue, dopo tre anni che non toccava un pianoforte, la Ballata n. 1 in sol minore di Chopin, e questo momento fantastico e miracoloso probabilmente rappresenta la sua salvezza: instaura un rapporto di umano rispetto nei confronti del biondo ufficiale tedesco, che gli risparmierà la vita, e lo proteggerà anche dal freddo, donandogli il suo cappotto.

La Ballata non era in programma di questo concerto, ma mentre il narratore racconta questo episodio, Nicolosi comincia a suonarla, regalando al pubblico un momento di grande e toccante emozione.

Quando l’Armata rossa entra a Berlino, nel gennaio del 1945, Wladyslaw Szpilman si sente finalmente libero, esce dal suo rifugio, ma ancora rischia la morte, indossando il capotto del nazista, con la raffigurazione di una svastica in una manica. Rischia la fucilazione, ma grida con tutta la sua forza, in polacco, di essere polacco, e ancora una volta si salva dalla morte.

Wladyslaw Szpilman, morto nel 2000, dopo queste tragiche vicende, riprese la sua brillante carriera musicale, da solista o con il celebre Quintetto di Varsavia, che si esibì anche a Messina, nel 1964, all’Aula Magna dell’Università.

Come dicevo, ad ogni parte del racconto ha seguito un brano musicale dei musicisti amati dal pianista polacco, iniziando con Claude Debussy, il celebre “Clair de lune”, un delicatissimo e sognante brano tratto dalla “Suite bergamasque”, ispirata al mondo galante e malinconico a un tempo delle maschere.

L’omaggio a Szpilman è stato reso eseguendo anche una sua composizione, una bella Mazurka, dal carattere cantabile, ove è evidentissima l’influenza chopiniana.

Poi “Isoldes Liebestod” (la morte di Isotta), la felice versione per piano di Franz Liszt del finale del Tristan und Isolde di Richard Wagner, una trascrizione particolarmente riuscita e molto eseguita, sempre di forte impatto emotivo, con uno dei temi più belli ed indimenticabili mai composti in musica, eseguita mirabilmente, con sentita passione, da Francesco Nicolosi.

È stata la volta del delicato e struggente “Notturno” in Do diesis minore, op. posth., il cui titolo originale non è “Notturno” bensì “Lento con gran espressione”, reso celebre anche proprio dal film di Polansky, eseguito, nel film, da Szpilman, nel 1939, durante i primi bombardamenti a Varsavia, una libertà creativa del regista, in quanto, secondo il romanzo, il pianista stava invece eseguendo proprio la Ballata in sol minore. Dopo l’elegante Preludio op. 32 n. 10 di Serghei Rachmaninov, autore molto amato da Szpilman, ecco un brano più allegro, quasi a voler interrompere la tensione del racconto: le giovanili Variazioni su “Là ci darem la mano” dal Don Giovanni di Mozart, Op. 2. Il brano, composto per pianoforte e orchestra, rese celebre il talento di Chopin in tutta Europa, tanto che Schumann, a proposito, ebbe a scrivere “Giù il cappello, signori, un genio!”. Dopo un’estesa introduzione, il celeberrimo tema viene prima enunciato e poi sviluppato in sei riuscitissime variazioni, talune di carattere virtuosistico e di difficile esecuzione. Eccellente e sicura la performance di Nicolosi, che ha strappato convinti appalusi del pubblico.

La serata si è conclusa con l’esecuzione del Preludio in mi minore “Largo”, il quarto dei 24 Preludi op. 28 di Chopin. Mesto e malinconico, caratterizzato da una lenta melodia, molto famosa, accompagnata da incessanti accordi della mano sinistra, il brano, a proposito di cinema, ha scandito un momento indimenticabile del film “Cinque pezzi facili” con Jack Nicholson. È uno dei brani che furono eseguiti all’organo, nella chiesa della Madeleine, a Parigi, in occasione dei funerali di Chopin.

Un concerto di grande interesse, che ha entusiasmato e emozionato il pubblico, per la storia, raccontata in maniera coinvolgente, per le musiche eseguite, per la eccezionale bravura e professionalità dei protagonisti.

Nicolosi ha concesso anche un apprezzatissimo bis, il tenero e cantabile “Saluto d’amore” Op. 12 di Edward Elgar.

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