Il prof. Fera: "Lepanto 1571, orgoglio messinese. Ed oggi?"

Il prof. Fera: “Lepanto 1571, orgoglio messinese. Ed oggi?”

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Il prof. Fera: “Lepanto 1571, orgoglio messinese. Ed oggi?”

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mercoledì 07 Ottobre 2020 - 08:28

Oggi è l'anniversario della battaglia di Lepanto. Di seguito la riflessione del professor Fera sul declino di Messina che appare inarrestabile

Oggi è la 449esima ricorrenza di una importantissima data storica, quella in cui si svolse la battaglia di Lepanto il 7 ottobre appunto del 1571. Un evento storico fondamentale che non ebbe, secondo i più recenti studi storici, importanti conseguenze immediate, ma rappresentò il punto di arresto all’espansione in Europa e nel Mediterraneo dell’Impero Ottomano, che da quel momento lentamente ma inesorabilmente si avviò ad un costante declino.

Questa data e questo evento rivestono per Messina un significato molto particolare, come certamente sanno i conoscitori della storia della nostra città. Fu infatti dal porto e dalla città di Messina che mosse la flotta della Lega santa, la coalizione formata dalla Repubblica veneta, l’Impero spagnolo di Filippo II, lo Stato Pontificio, Genova e vari altri attori di minore importanza. Sempre a Messina, dopo la battaglia, rientrò la flotta vincitrice, fra cui anche alcune navi messinesi, accolta con tutti gli onori. Come si vede, dunque, la città ebbe un ruolo di primaria importanza in questa fondamentale vicenda storica e molti simboli ed eventi in città stanno a ricordare questo significativo momento, come la statua di Don Giovanni d’Austria, il fratello di Filippo II, comandante dell’intera flotta o il corteo in costume che ogni anno celebra l’ingresso a Messina di don Giovanni vincitore.

Ma perché proprio Messina fu prescelta per essere base logistica della flotta di oltre 200 fra galere, galeazze e navi di diverso tipo? Le ragioni furono molteplici, la prima, certamente relativa alla posizione geografica che faceva di Messina il porto più vicino al luogo della battaglia; ma certamente ciò non era sufficiente e, per ragioni che non è il caso di argomentare in questa sede, neppure necessario. La base logistica di una simile flotta, la più grande a detta degli storici, che si fosse mai vista fino ad allora, doveva possedere altre e fondamentali caratteristiche indispensabili tra cui: un porto sufficientemente grande da ospitare oltre 200 navi e ben protetto da un punto di vista delle difese; possedere un Arsenale navale in grado di armare, manutenere, riparare in caso di necessità le navi ospitate; essere dotata di strutture sanitarie in grado di far fronte ad eventuali epidemie che dovessero scoppiare a causa del grande affollamento sulle navi e di curare, dopo la battaglia, le migliaia di prevedibili feriti; una ricca economia in grado di provvedere le derrate alimentari per sfamare l’enorme quantità di soldati e marinai in aggiunta alla popolazione esistente e far fronte a spese di varia natura.

Messina non solo era il porto più vicino, ma rispondeva pienamente a tutti gli altri requisiti richiesti essendo una delle più importanti, grandi e ricche città dell’epoca, centro commerciale di primaria importanza, centro industriale e una piazzaforte militare fra le più agguerrite e meglio attrezzate per la difesa.

Qualche breve e sommario dato ci aiuterà a capire il posto che Messina occupava nella gerarchia urbana del XVI-XVII secolo. La prima conseguenza delle floride condizioni economiche della città e del suo ruolo nel Mediterraneo è rappresentata dalla popolazione, per la quale Messina occupava i primissimi posti delle graduatorie nazionali ed europee. Le statistiche in epoche così remote possono non essere esatte ma in ogni caso ci aiutano a capire. Nel 1600 alcuni studi ci dicono che Messina era fra le prime 10 città d’Italia e fanno risalire la sua popolazione a circa 70-75.000 abitanti, allo stesso livello grossomodo di Genova, Bologna, Firenze, Palermo e Roma. A quel tempo in Italia solo tre città superavano i 100.000 abitanti, Napoli, la più popolosa città d’Europa

(280.000), Milano e Venezia con 120-150.000 abitanti. Un altro studio pone la popolazione di Messina oltre la soglia dei 100.000 abitanti, collocando la città fra le prime 12 in Europa. Ma a parte le statistiche demografiche l’importanza della città è testimoniata dal suo ruolo apicale politico amministrativo, essendo essa residenza reale (il Viceré risiedeva 18 mesi a Messina e 18 a Palermo).

Le capacità di accoglienza della città nell’occasione furono straordinarie. Gli storici della battaglia stimano che i marinai e soldati imbarcati su una flotta di oltre 200 fra galere ed altre navi potesse assommare a circa 60.000 uomini (mediamente 300 per nave di cui 50 uomini di equipaggio, 100 rematori e 150 soldati), vale a dire una popolazione quasi pari a quella della città. Eppure tutte le cronache dell’epoca mettono in evidenza come la disponibilità di cibo ed altri beni non sia mai mancata e soprattutto come lo stesso fosse offerto a prezzi assolutamente economici, grazie all’efficienza dell’amministrazione cittadina, della sua annona e dei suoi magistrati in grado di riscuotere gabelle e tenere i prezzi sotto rigido controllo.

Gli Arsenali, a quei tempi rappresentavano di gran lunga i più grandi impianti industriali, che arrivavano a comprendere fino a qualche migliaio di dipendenti, e occupavano maestranze specializzate, una forza lavoro altamente qualificata. Le principali figure che lavoravano in un arsenale erano i mastri d’ascia o carpentieri, i calafati e i remari; ma vi erano anche altre figure fra cui i cordari, i segatori e le veliere, maestranza quest’ultima in maggioranza femminile, addetta alla cucitura e riparazione delle vele. Il nuovo Arsenale di Messina, che si aggiunse a quello già esistente nel piano di Terranova, venne localizzato sul lembo terminale della falce accanto al forte di S. Salvatore e circondato da mura difensive, era uno dei più grandi ed importanti del Mediterraneo e comprendeva nel progetto oltre 60 capannoni. Tolto quello di Venezia, assieme ad Istanbul il più grande in assoluto, l’arsenale messinese poteva competere con quelli di Barcellona e Genova ed il suo capomastro delle galere aveva diritto ad una scorta armata, concessa solo a poche importanti strutture.

Il grande ospedale di S. Maria della Pietà fu realizzato a partire dalla metà del XVI secolo, in sostituzione dei 10 ospedali esistenti in città; era una grande edificio con una facciata di oltre 100 metri. Al tempo della battaglia di Lepanto era stato realizzato solo parzialmente ma fu in grado, non senza qualche difficoltà, di assolvere il suo compito di curare i feriti, fra cui vi fu Miguel de Cervantes, l’autore del don Chisciotte.

Ma, a parte gli aspetti maggiormente legati al ruolo di base logistica della flotta di Lepanto, altri e importanti aspetti vedevano primeggiare la nostra città in Italia ed Europa. Innanzi tutto quello commerciale che vedeva in Messina uno dei principali porti di scambio del Mediterraneo dove si commerciavano merci di diversissima natura, dal grano alle sete, dai tessuti ai più disparati prodotti artigianali; per favorire tali attività Messina era sede di numerosi consolati di città italiane e di paesi europei.

A sostegno di tale ricchissima attività Messina era anche un centro finanziario di prim’ordine, poteva godere del privilegio di avere una propria zecca e di coniare moneta ed era sede di numerosi istituti bancari privati fra locali o provenienti da diverse parti d’Italia (Genova, Firenze, Pisa) o d’Europa (Catalogna, Germania, Inghilterra, ecc..). A metà del XVI secolo in Sicilia vennero istituite le prime banche pubbliche dell’isola denominate Tavole pecuniarie con sedi a Messina e Palermo.

A cavallo fra XVI e XVII secolo Messina era anche un centro culturale di primaria importanza e proprio a Messina fu impiantata la prima tipografia dell’isola ad opera di un tipografo tedesco nel 1470, tale Enrico Alding.

Messina, inoltre, fu sede del primo Collegio dei Gesuiti in Europa, istituito con bolla pontificia da Papa Paolo III nel 1548, una università con tre diverse “facoltà”, diritto, Medicina e Teologia. Il clima culturale era tale che la città poteva vantarsi di uno straordinario gruppo di intellettuali – docenti, fra i quali spicca la figura di Francesco Maurolico, matematico, architetto (collaborò, sembra, alla progettazione del forte S. Salvatore) storico, astronomo, la cui fama e levatura culturale era tale che don Giovanni d’Austria lo volle incontrare per rendergli omaggio.

Questa era la Messina che fece da base logistica per la flotta cristiana a Lepanto, considerata da alcuni storici la più ricca città italiana al di sotto di Napoli ed una delle più ricche in Europa.

Perché rispolverare questa vicenda? Perché parlare di Lepanto e del passato di Messina? Messina oggi sta attraversando uno spaventoso periodo di declino economico e sociale. L’andamento della popolazione è negativo, abbiamo perso 20.000 abitanti dall’inizio del secolo, ma quel che è peggio è che ad andarsene sono stati i più giovani e con il più alto livello d’istruzione; la condizione economica della città è tragica come ha evidenziato mesi fa in un articolo su questo stesso giornale il prof. Limosani (https://www.tempostretto.it/news/limosani- la-crisi-di-messina-spiegata-in-poche-cifre.html); siamo al 100° posto della classifica del Sole 24 ore sulla qualità della vita, al 91° in quella di Legambiente. Messina oggi è una città smarrita, che non crede più nelle sue capacità, che deve ritrovare sé stessa e soprattutto ritagliarsi un ruolo ed uno spazio specifici in una economia globale che richiede innovazione e specializzazione.

Per ritrovare questo ruolo e questo spazio, che la città ha perso da fin troppo tempo, occorre uno sguardo all’indietro, ripartire dalla propria storia e dalle proprie radici. Che non significa solo qualche celebrazione annuale ad uso locale, ma mettere in piedi strutture, iniziative ed eventi in grado di veicolare l’immagine e la cultura della nostra città. Lo scorso anno una splendida mostra dedicata ad Antonello da Messina ha avuto una risonanza internazionale ed attratto migliaia di visitatori da ogni parte del mondo; peccato si sia tenuta a Milano. L’ultimo omaggio a un altro grande messinese, Filippo Juvarra , la città l’ha tributato nel lontano 1966 con una mostra all’Università, mentre nel 2021 la ricorrenza del 450° anniversario di Lepanto poteva essere l’occasione di una serie di eventi importanti su Messina rinascimentale e Francesco Maurolico. Potrebbero essere tutte occasioni per attrarre in città migliaia di visitatori e provare a superare un immaginario collettivo che ci vede a livello nazionale come la città delle baracche e dei morti per alluvione. La capacità di stimolo sull’economia locale di eventi e mostre e iniziative culturali è ben testimoniata dal positivo impatto economico che Matera ha avuto per essere stata capitale della cultura europea lo scorso anno.

Ma anche gli eventi negativi per la nostra città potrebbero aiutarci a ritrovare un nostro ruolo; siamo una delle aree a più elevato rischio sismico del mondo e un terremoto rovinoso ha cambiato la storia della città oltre un secolo fa. Potrebbe essere interessante creare proprio a Messina un grande centro di ricerca internazionale sul fenomeno sismico ed un Museo del terremoto che potrebbe attrarre migliaia di studenti, ricercatori e semplici turisti, come avviene per un museo similare a Kobe in Giappone.

Prof. Giuseppe Fera

Un commento

  1. Io penso il contrario: non bisogna ricordare la storia di Messina perché è stata proprio la storia a condannarla. Guardiamo al futuro con idee innovative copiando occasioni di sviluppo di realtà “più intelligenti” della nostra.

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